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Elezioni in Camera di commercio: Confindustria alza la voce, ma abbassa la cresta


di Wainer Preda

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Il “sistema Bergamo”, di cui si vagheggia da tempo, è moribondo. E se Confindustria continuerà nella sua linea di rottura con Imprese & Territorio (I&T) rischia di finire morto e sepolto. A certificarne lo stato di salute, pessimo, è lo scontro di potere in atto alla Camera di commercio, un tempo cuore pulsante dell’economia bergamasca.

Ricapitolando

Passo indietro, per capire. La Camera di commercio di largo Belotti è un ente autonomo di diritto pubblico, con uno statuto tutto suo. Rappresenta gli interessi delle imprese bergamasche, specie medie e piccole, e promuove lo sviluppo economico del territorio. A individuare in quale direzione andare è il Consiglio dell’ente, composto da 25 membri (21 delle associazioni e 4 indipendenti, in rappresentanza di sindacati, consumatori, mondo del credito e ordini professionali).

I ventun consiglieri sono ripartiti, da regolamento ministeriale, in base al numero di imprese rappresentate. A Bergamo, sei seggi sono per l’industria, quattro per il commercio, quattro per i servizi alle imprese, tre per l’artigianato, uno a testa per agricoltura, cooperative, turismo e trasporti-spedizioni. Tocca al Consiglio eleggere il presidente della Camera che, in prima istanza, deve ottenere almeno 17 voti su 25.

Il quinquennio Mazzoleni

Ebbene, dal giugno 2020 al 2025 a governare è stato Carlo Mazzoleni, della celebre famiglia di industriali, supportato da Confindustria, Confcommercio, Lia e Compagnia delle Opere. Gli industriali volevano il suo bis. Convinti della bontà dell’amministrazione e della linea impostata. Peccato che le altre associazioni non la pensassero allo stesso modo. Anzi, nelle segrete stanze hanno addotto più di una lamentela nei confronti della gestione «industrial-oriented» della Camera. Mancanza di condivisione, strapotere, poca collegialità: queste le “accuse” rivolte più ai vertici industriali che al presidente stesso.

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E così, nel luglio scorso, lo scacchiere comincia a muoversi. Paolo Agnelli, fondatore di Confimi Industria sonda e trova l’appoggio di Confartigianato e Lia alla sua candidatura. Va da Confindustria – che non lo ama per niente, lo ritiene un avversario nonostante sia anch’egli un industriale – e non se ne fa nulla. Il direttore generale Paolo Piantoni e la presidentessa Giovanna Ricuperati d’altronde sono convinti di poter rompere i fronti avversari e aver comunque i numeri per imporre di nuovo Mazzoleni.

L’elezione di Zambonelli, nuovo presidente della Camera di commercio

Intanto le associazioni riunite in Imprese & Territorio (Confartigianato, Ascom Confcommercio, Confimi, Coldiretti, Confcooperative, Confesercenti, Cna, Fai e Lia) non stanno con le mani in mano. Anzi, cercano una presidenza alternativa. Il presidente di I&T Antonio Terzi, coadiuvato dal direttore di Confcommercio Oscar Fusini, tesse con intelligenza una serie di rapporti istituzionali. E trova il candidato giusto: Giovanni Zambonelli, a quel tempo numero due della Camera. La sua candidatura è condivisa. La mossa spariglia le carte. Consolida l’unità interna di I&T. E piace anche alla Compagnia delle Opere. Risultato: scacco agli industriali.

L’amaro risveglio

A quel punto, siamo a dicembre, Confindustria esce dal sogno e si rende conto di essere improvvidamente in ritardo (…)

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