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le alleanze esterne, i presìdi invisibili e il mimetismo criminale nella Sicilia orientale


Nella Relazione 2024 della Direzione investigativa antimafia, presentata al Ministero dell’Interno e trasmessa alle Camere, nella Sicilia orientale nel territorio delle province di Messina, Siracusa e Ragusa emerge un’area dove le organizzazioni mafiose non mostrano una struttura tradizionale da mandamento, ma in cui le infiltrazioni sono silenziose, pervasive a livello economico, e a volte sovrapposte a gruppi criminali calabresi, campani e nigeriani.

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Relazione DIrezione investigativa antimafia

La Dia fotografa un sistema opaco, fluido, in cui il potere criminale si manifesta soprattutto nei settori degli appalti pubblici, della logistica e nei flussi portuali.

Questo è l’ottavo capitolo dell’analisi de IlSicilia.it dedicata alla Relazione Dia 2024.

Rapporto Dia criminalità organizzata, il volto delle mafie in Sicilia: non spara ma investe, assume e corrompe

Nei precedenti articoli abbiamo ricostruito l’evoluzione delle mafie siciliane, da imprese criminali in apparenza legali  ai circuiti del riciclaggio internazionale, ai rapporti tra mafie siciliane e organizzazioni criminali estere, fino alla crisi e alla trasformazione del reclutamento giovanile in strada e sui social.

Con i pezzi dedicati all’analisi dei mandamenti mafiosi nelle province di Palermo, Catania e Trapani abbiamo ricostruito la nuova geografia del potere mafioso nel territorio siciliano.

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Ora lo sguardo si sposta nelle province della Sicilia orientale: per capire quanto e come si muove la criminalità organizzata a Messina, Siracusa e Ragusa.

 

La provincia di Messina: una porta sull’interferenza criminale

La Relazione Dia 2024 dedica attenzione alla provincia di Messina come territorio in cui il rischio di infiltrazione mafiosa è alimentato dalla vicinanza strategica con la Calabria e dal ruolo di snodo logistico nello Stretto.

Antimafia Messina

L’area messinese non è oggi teatro di una struttura di tipo mandamentale sul modello palermitano o trapanese, ma ospita una pluralità di soggetti e influenze criminali, con una forte capacità di inserimento nei circuiti economici e nella pubblica amministrazione.

Secondo quanto riportato nella relazione (p. 298-301), il territorio è interessato da presenze contigue alla ‘ndrangheta reggina, in particolare delle cosche più attive nell’area ionica calabrese, che mantengono rapporti stabili con ambienti imprenditoriali e logistici messinesi. L’interesse principale è nel settore degli appalti pubblici e delle forniture connesse alle infrastrutture, nella manutenzione e nei servizi ambientali.

Una delle operazioni più significative documentate è l’operazione “Scilla e Cariddi”, che ha interessato l’area portuale e logistica dello Stretto, con indagini sui collegamenti tra imprese di trasporti marittimi e soggetti contigui alla criminalità calabrese. L’operazione è citata nel report con riferimento ai meccanismi di infiltrazione silente, dove le imprese ottengono vantaggi grazie a reti di relazioni opache più che a minacce dirette.

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Sul fronte della pubblica amministrazione, sono segnalati casi di gestione opaca delle gare pubbliche nei comuni della fascia tirrenica e dell’hinterland urbano, in particolare per lavori stradali e progetti Pnrr. Non si tratta di strutture criminali che controllano il territorio, ma di infiltrazioni mirate in momenti decisivi, come l’assegnazione di fondi o il rinnovo di concessioni.

A Messina emerge anche un interesse crescente per il settore sanitario e assistenziale. Alcune cooperative e consorzi operanti nella gestione di Rsa e strutture di assistenza sono oggetto di indagini per possibili legami con soggetti contigui a gruppi criminali, in una logica di intermediazione più che di controllo diretto.

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Infine, è importante sottolineare che il contesto messinese, pur privo di una leadership mafiosa stabile, risente di una struttura fluida e opportunista: non clan dominanti, ma una fitta rete di relazioni imprenditoriali grigie, che sanno dialogare con le cosche reggine, campane e siciliane a seconda delle opportunità. In questo senso, Messina appare come cerniera geografica e relazionale: un punto di passaggio, ma anche un territorio da presidiare con attenzione.

 

La provincia di Siracusa: criminalità reticolare, investimenti opachi

La provincia di Siracusa, come emerge dalla Relazione Dia 2024 (p. 301-305), è un territorio in cui non si registra la presenza di mandamenti mafiosi strutturati, ma dove operano gruppi criminali locali ad alta specializzazione. Questi gruppi sono spesso legati al traffico di droga, al racket e alle estorsioni nel settore commerciale, con un modello più vicino alla microcriminalità organizzata che a vere e proprie cosche.

Questura di Siracusa

L’aspetto più rilevante che la DIA segnala è la presenza accertata di influenze esterne, in particolare da parte della criminalità campana (clan Mallardo) e nigeriana, attiva in specifici quartieri del capoluogo e in alcune aree periferiche. Questi gruppi agiscono in modo autonomo ma occasionalmente stabiliscono alleanze tattiche con soggetti locali per il controllo dello spaccio, delle piazze di manovalanza e della distribuzione sul litorale.

Dal punto di vista economico, Siracusa è considerata un’area a rischio per riciclaggio di capitali provenienti da reati commessi altrove. Le attività maggiormente a rischio, secondo la Dia, sono l’acquisto e la ristrutturazione di immobili, la gestione di locali di ristorazione stagionale e l’uso improprio dei fondi europei attraverso cooperative fittizie.

L’operazione “Tonnara” ha documentato come un gruppo criminale siracusano avesse messo in piedi un meccanismo di controllo su parte delle attività turistiche legate alla costa nord, utilizzando una cooperativa per ottenere licenze balneari e subappalti da enti locali. Il meccanismo prevedeva l’intestazione fittizia delle strutture, l’impiego di prestanome e la gestione di flussi economici non tracciati.

Sul piano territoriale, le infiltrazioni si concentrano nei comuni della fascia costiera, da Augusta a Noto, passando per Avola e Pachino. In queste aree sono segnalate forme ibride di controllo del territorio, dove elementi della criminalità organizzata agiscono come soggetti di mediazione tra istituzioni deboli e interessi privati.

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Non manca l’interesse per i lavori pubblici, anche se i casi documentati si riferiscono più alla gestione sospetta delle autorizzazioni che a vere e proprie infiltrazioni in appalti. Il settore agricolo, pur centrale nell’economia locale, non risulta oggi dominato da gruppi mafiosi, ma è osservato per possibili fenomeni di caporalato e sfruttamento connessi a reti criminali esterne.

Siracusa, nel quadro delineato dalla Dia, si presenta quindi come una provincia esposta, non per forza colonizzata, ma soggetta a tentativi continui di penetrazione da parte di soggetti esterni e gruppi criminali radicati nella microeconomia urbana. Il rischio è che l’assenza di grandi operazioni non coincida con un basso livello di infiltrazione, ma con forme sempre più sofisticate di mimetismo illegale.

 

La provincia di Ragusa: permeabilità economica e minacce al comparto agroalimentare

La Relazione Dia 2024 (pp. 305–311) descrive la provincia di Ragusa come un contesto apparentemente marginale, ma in realtà esposto a infiltrazioni silenziose e diffuse, soprattutto nel settore economico-produttivo. A differenza delle province dove le consorterie locali hanno mantenuto strutture storiche, Ragusa si configura come area di approdo per dinamiche criminali esterne, spesso non immediatamente riconoscibili.

Nella foto blitz polizia contro caporalato nel RagusanoLa Dia segnala in particolare l’attività di soggetti legati alla camorra e alla ‘ndrangheta, che trovano nella provincia un territorio logisticamente utile per operazioni di riciclaggio, traffici commerciali e movimenti di capitale. Non si parla di controllo territoriale, ma di presenza opportunistica, legata alla bassa pressione investigativa e alla storica assenza di organizzazioni locali strutturate.

Uno dei settori più esposti è quello della logistica agroalimentare, in particolare nella zona di Vittoria, dove si registra la presenza di soggetti contigui a reti di distribuzione criminale attive nella gestione di trasporti, intermediazione ortofrutticola e pagamenti irregolari.

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Nel 2024 la Dia ha segnalato anomalie nella gestione di cooperative agricole, con l’apertura di inchieste su fondi comunitari destinati alla modernizzazione delle strutture produttive. Pur non citando operazioni specifiche, la relazione evidenzia che alcune cooperative sarebbero state create ad hoc per intercettare finanziamenti europei, poi ridistribuiti tramite società schermo.

Nella foto blitz polizia contro caporalato nel RagusanoNon mancano riferimenti al caporalato e allo sfruttamento della manodopera straniera, con particolare attenzione ai flussi migratori irregolari. Le attività non sono direttamente ricondotte a famiglie mafiose, ma sono agevolate da ambienti criminali transnazionali, soprattutto di matrice nordafricana e subsahariana.

Un altro nodo è la gestione irregolare di rifiuti agricoli e materiali speciali: la Dia verifica la presenza di imprese operanti nel settore del recupero ambientale che, pur formalmente pulite, mostrano schemi operativi simili a quelli già visti in aree a rischio, con affidamenti sospetti e uso di subappalti opachi.

Dal punto di vista territoriale, la zona più attenzionata è il triangolo Ragusa-Comiso-Vittoria, dove si concentrano attività economiche strategiche e dove la pressione criminale si manifesta più sotto forma di pressione commerciale che di intimidazione. La criminalità in provincia si struttura quindi come rete economica fluida, composta da imprese collusive, fiduciari occulti e facilitatori professionali.

diaInfine, viene evidenziato anche una crescente attenzione per i fondi Pnrr, anche in provincia di Ragusa, con l’apertura di canali di accesso potenzialmente sfruttabili da imprese fittizie. Questo allerta le autorità su un possibile riposizionamento criminale futuro, dove l’assenza di strutture formali non significa assenza di rischio, ma mutazione delle strategie di penetrazione.

Ragusa è quindi l’esempio di una provincia dove il pericolo mafioso non si vede, ma agisce attraverso le pieghe dell’economia legale: cooperative, logistica, appalti, capitale umano. Un contesto che richiede un presidio continuo, non per l’urgenza della cronaca giudiziaria, ma per la silenziosa evoluzione delle condizioni di rischio strutturale.

 

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