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l’impatto della CSRD sulle piccole imprese


La finanza è chiamata a farsi alleata della sostenibilità, a riscrivere le sue priorità orientando risorse verso modelli di crescita rigenerativa, a impatto positivo e sostenibile, ad avviare una trasformazione silenziosa ma profonda che investe i saperi contabili e finanziari. In tale scenario si inserisce la recente Corporate Sustainability Reporting Directive, che obbliga migliaia di imprese europee a rendicontare in modo puntuale e normato i propri impatti ambientali e sociali.

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Con l’introduzione della direttiva “i bilanci – ha spiegato Candida Bussoli direttrice del Dipartimento di management, finanza e tecnologia dell’Università Lum, in occasione della prima edizione della Lum Conference on Accounting e Finance – devono narrare la verità del mondo, e non solo le traiettorie del profitto. L’Italia con la sua struttura imprenditoriale fatta di medie e piccole aziende, si trova dinanzi a una duplice sfida: apprendere un nuovo linguaggio e comprenderne la portata politica. In questo quadro, le università e i centri di ricerca hanno il compito di orientare, istruire, anticipare”.

Il diritto dell’UE impone, infatti, alle imprese di dimensioni superiori a una certa soglia di divulgare informazioni sui rischi e sulle opportunità derivanti da questioni sociali e ambientali e sull’impatto delle loro attività sulle persone e sull’ambiente. Ciò aiuta gli investitori, le organizzazioni della società civile, i consumatori e altri portatori di interessi a valutare le prestazioni delle imprese in termini di sostenibilità, nell’ambito del Green Deal europeo.

CSRD: cosa cambia con il Pacchetto Omnibus

Il 26 febbraio 2025 la Commissione europea ha adottato un pacchetto di proposte per semplificare le norme dell’UE e promuovere la competitività. Il pacchetto propone di applicare la CSRD solo alle imprese più grandi (quelle con più di mille dipendenti), concentrando gli obblighi di rendicontazione di sostenibilità sulle imprese che hanno maggiori probabilità di avere il maggiore impatto sulle persone e sull’ambiente. Inoltre, mira a garantire che gli obblighi di comunicazione a carico delle grandi imprese non gravino sulle imprese più piccole nelle loro catene del valore. Tra le principali proposte sulla CSRD figurano: il posticipo al 2028 degli obblighi di rendicontazione per le grandi aziende e le PMI quotate; l’innalzamento del limite dimensionale da 250 a più di mille dipendenti; e la semplificazione e riduzione degli standard di rendicontazione (ESRS).

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Le nuove scadenze per le imprese

Sono stati posticipati di due anni gli obblighi di rendicontazione di sostenibilità previsti dalla direttiva CRSD che stabilisce le regole per la comunicazione delle informazioni di sostenibilità secondo le nuove European Sustainability Reporting Standards (ESRS). Nel dettaglio si passa dal 2025 al 2027 per le grandi imprese che non sono EIP (che hanno più di 500 dipendenti nonché grandi imprese con un massimo di 500 dipendenti); le imprese che non sono EIP e che sono controllanti di grandi gruppi con più di 500 dipendenti; e le imprese che sono controllanti di grandi gruppi fino a 500 dipendenti. Dal 2026 al 2028 per le PMI quotate, istituti di credito piccoli e non complessi e imprese di assicurazione e riassicurazione captive. Lo ha stabilito la Direttiva (UE) 2025/794, pubblicata il 16 aprile 2025 che modifica le Direttive (UE) 2022/2464 e (UE) 2024/1760, che dovrà essere recepita dagli Stati Membri entro il 31 dicembre 2025. Tali proroghe sono motivate dalla volontà di evitare che imprese non ancora tenute all’obbligo inizino ad adottare misure che si rivelerebbero premature o inutili, con conseguente dispendio economico e organizzativo.

I rischi per gli imprenditori che non si adeguano

“Il rischio principale – spiega il commercialista Renato Zanichelli in un’analisi per ESG 360 – è quello di andare fuori mercato. Le aziende non saranno più valutate, infatti, in base solo alla loro performance economico-finanziaria ma anche a quelle di sostenibilità. E fra i valutatori ci sono i clienti e lo stesso sistema creditizio, due stakholder fondamentali che stanno già privilegiando, nelle loro relazioni, le aziende più virtuose. La radicazione dei fattori Environmental, Social e Governance all’interno del pensiero economico-aziendale è una realtà concreta. I modelli di business – conclude Zanichelli – influenzano e sono influenzati da scelte strategiche sempre più orientate alla sostenibilità, e dalle regole di accounting, chiamate a rendicontarne la realizzazione”.





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