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“Sistema poco sviluppato, pensare incentivi”


Bruxelles – Intelligenza artificiale, informatica, cibernetica: tutto ciò, o comunque buona parte, di ciò che rappresenta il futuro e l’immediato presente competitivo non sembra fare per l’Italia. Così almeno emerge dalla relazione della Commissione sul decennio digitale, di fresca pubblicazione. Qui viene messo in risalto come il Paese sia indietro, come sistema. “L‘ecosistema delle start-up resta poco sviluppato e non riflette le dimensioni dell’economia italiana“, la terza dell’eurozona, lamenta l’esecutivo comunitario. Da qui la raccomandazione al governo di “promuovere l’innovazione nelle tecnologie digitali supportando l’ecosistema nazionale” in tutta la sua filiera, dal mondo universitario e della ricerca ai centri di trasferimento tecnologico, passando per le start-up e le scale-up, “valutando incentivi per i settori strategici chiave“.

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Ne va della competitività del Paese. Sebbene la maggior parte delle piccole e medie imprese italiane (70,2 per cento) abbia raggiunto almeno un livello base di intensità digitale, “solo l’8,2% delle imprese italiane ha adottato l’intelligenza artificiale” all’interno del proprio processo produttivo, rileva il documento dell’esecutivo comunitario. Ciò fa sì che l’Italia resti indietro, con l’Ue che chiama il Paese membro del G7 ad assumere il ruolo che le spetterebbe, facendo quanto più possibile per “intensificare gli sforzi per acquisire una posizione di leadership nel settore dell’intelligenza artificiale, sfruttando anche i centri di competenza e le capacità esistenti, anche nel settore del supercalcolo”.

Quanto richiesto da Bruxelles non è solo un esercizio di stile. Gli Stati membri sono chiamati ad esaminare i rilievi della Commissione europea, e con quest’ultima torneranno sull’argomento per discutere la strada da seguire per anni a venire. Nel 2026 il team von der Leyen riesaminerà l’agenda di innovazione digitale e tecnologica per  verificare che gli obiettivi siano ancora aggiornati e riflettano ancora le esigenze delle priorità e delle ambizioni dell’Ue. Intanto però i Paesi dovranno darsi da fare.

Per l’Italia vuol dire rispolverare quella rivoluzione dell’istruzione promessa da Silvio Berlusconi, quando nella campagna elettorale del 2001 promise una scuola fondata sulle tre ‘I’ (impresa, inglese, informatica), dove una di queste andrebbe estesa ed ampliata nella portata. La Commissione europea esorta il governo tricolore a “rafforzare l’istruzione sulle competenze digitali nelle scuole“, così da risolvere un problema di mancanza di sapere tecnologico. Attualmente appena il 45,8 per cento della popolazione possiede competenze digitali di base (contro una media Ue del 55,6 per cento). Le lacune riguardano in particolare giovani e adulti con livelli di istruzioni inferiori, come pure chi lavora. Ecco perché si chiede all’Italia di “incentivare la riqualificazione e l’aggiornamento professionale dei lavoratori”.



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