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Caritas: povertà in aumento (anche tra gli anziani). E tra chi chiede aiuto uno su quattro lavora


di
Enrico Marro

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Il rapporto: in 10 anni il 62,6% di richieste in più di aiuto (77% al Nord). 5,7 milioni di persone non in grado di acquistare beni e servizi essenziali

La povertà non è solo un fatto di quantità, ma anche di qualità della stessa. In questo senso il Rapporto presentato dalla Caritas offre diversi spunti di riflessione. «La povertà – si legge – continua a mantenersi su livelli record». In Europa  «il 21% della popolazione vive in una condizione di rischio povertà o esclusione sociale; si tratta di oltre 93 milioni di individui». L’Italia settima in classifica, con il 23,1%, in aumento rispetto al 22,8% del 2023: «solo Bulgaria, Romania, Grecia, Spagna, Lettonia e Lituania registrano valori più alti». Se poi dalle condizioni di rischio si passa a quelle di conclamata difficoltà, l’Istat, ricorda la Caritas, rileva che quasi un residente su dieci vive in uno stato di povertà assoluta: complessivamente 5 milioni e 694 mila persone, per un totale di 2 milioni e 217 mila famiglie, «che non dispongono delle risorse necessarie per una vita dignitosa, impossibilitati cioè ad accedere a un paniere di beni e servizi essenziali, quali ad esempio alimentazione adeguata, abbigliamento, abitazione».

Uno su quattro lavora

Anche avere un’occupazione non mette automaticamente al riparo: il 16,5%
degli operai «sperimenta condizioni di povertà assoluta e complessivamente il 21% dei lavoratori ha un reddito troppo basso per vivere in modo adeguato». Negli ultimi anni ha inciso pesantemente anche il caro vita e il drenaggio fiscale dovuto proprio all’inflazione. «Tra il 2019 e il 2024 le retribuzioni reali in Italia sono diminuite del 4,4%; dal 2008 al 2024, la perdita complessiva del potere d’acquisto dei salari è stata dell’8,7%, dato peggiore tra tutti i Paesi del G20», sottolinea il Rapporto. In generale, tra chi si rivolge alla Caritas, quasi uno su quattro rientra nella categoria del working poor, lavoratore povero, «con punte che superano il 30% nella fascia tra i 35-54 anni. Quindici anni fa i disoccupati rappresentavano i due terzi dell’utenza e gli occupati appena il 15% – osservano i ricercatori – ; questo descrive con chiarezza quanto sia mutato il profilo dell’utenza Caritas nel corso degli ultimi tre lustri, riflettendo al contempo una profonda
trasformazione del fenomeno stesso della povertà».

Richieste di aiuto alla Caritas: +62,6% in 10 anni

Il 12% delle famiglie in povertà assoluta, nel 2024, si è rivolto alla Caritas con richieste d’aiuto, con un aumento del 3% rispetto al 2023. «Se confrontato con il 2014, il dato appare decisamente allarmante: in dieci anni l’incremento è stato del 62,6%. I territori con l’aumento più marcato delle richieste di aiuto sono quelli del Nord Italia (+77%), seguiti da quelli del Mezzogiorno (+64,7%). Tali trend, evidenziano l’effetto cumulativo delle molteplici crisi che hanno attraversato il Paese negli ultimi anni: dalla crisi finanziaria del 2008, a quella del debito sovrano, fino alla pandemia da Covid-19 e alle recenti tensioni internazionali». In crescita le
«situazioni di cronicità»: oltre un assistito su quattro (26,7%) si trova in uno «stato di disagio stabile e prolungato». La povertà diventa anche «più intensa»: il numero medio di incontri annui per assistito è quasi raddoppiato rispetto al 2012.

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In aumento gli anziani

I dati raccolti dalla rete Caritas evidenziano una costante crescita della componente anziana tra le richieste di aiuto: se nel 2015, infatti, gli
ultrasessantacinquenni rappresentavano appena il 7,7% oggi la loro incidenza è praticamente raddoppiata raggiungendo il 14,3%. Rimangono invece pressoché stabili e strutturali le difficoltà delle famiglie con figli che costituiscono circa i due terzi degli assistiti (63,4%). In ogni caso, sottolinea il Rapporto, la povertà è un fenomeno multidimensionale. Contano il reddito, il lavoro, la casa. Ma anche le condizioni sanitarie, i problemi  problemi familiari (legate a separazioni, conflitti, lutti o maternità in solitaria), difficoltà connesse allo status migratorio. 

Sostegni pubblici in calo

A fronte di questa complessità, si legge nel Rapporto, dopo la riforma del Reddito di cittadinanza voluta dal governo Meloni, «cala il numero
di beneficiari delle misure di sostegno al reddito»: i percettori di Assegno di Inclusione (Adi) sono l’11,5% del totale delle persone in contatto con la Caritas, quelli del Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL) solo l’1,3%. Quando c’era il Reddito di cittadinanza, i beneficiari erano tra il 19 e il 22%. «L’incidenza dei beneficiari dell’ADI risulta più alta al Sud (32,7%) e nelle Isole (29,8%) rispetto alle aree del Nord – dice il Rapporto – ; allo stesso modo si evidenziano marcate differenze rispetto alla cittadinanza: tra gli italiani la percentuale di percettori si attesta al 19,4%, tra gli stranieri al 4,2%».

Casa e sanità

Tra le persone seguite nel 2024 dalla rete Caritas, il 33% manifesta almeno una forma di disagio abitativo. In particolare, il 22,7% vive una grave forma di grave esclusione abitativa: persone senza casa, senza tetto, in condizione di insicurezza abitativa, in condizioni abitative inadeguate, persone
sotto sfratto, persone accolte presso dormitori, servizi di accoglienza, alloggi temporanei; il 10,3% presenta difficoltà legate alla gestione o al mantenimento dell’alloggio (per lo più rispetto al pagamento di bollette e affitti).  Sempre nel 2024, ricorda il Rapporto,  secondo l’Istat,  il 9,9% della popolazione, circa 6 milioni di persone, ha dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie ritenute necessarie (visite specialistiche, esami diagnostici come radiografie, ecografie, risonanze magnetiche, ecc.). «Le principali cause sono riconducibili a due fattori: da un lato le lunghe liste d’attesa, dall’altro i costi che molte famiglie non riescono a sostenere. Il fenomeno appare in crescita rispetto al 2023 e al periodo pre-pandemico, a causa del peggioramento delle condizioni di accesso e delle difficoltà nella prenotazione»


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