(Teleborsa) – Nuove sfide globali, transizione energetica e ridefinizione delle catene del valore: nel sistema produttivo europeo emerge con forza la necessità di un nuovo patto per la competitività. È quanto emerge dal report “New Deal for European Competitiveness: Business leaders are ready to act”, realizzato da Boston Consulting Group su un campione di 850 executive in tutta Europa, il 90% dei top manager ritiene che proteggere gli interessi industriali e commerciali del continente sia una priorità non negoziabile. L’80% (85% in Italia) teme che, senza una base produttiva solida, l’Europa rischi di perdere rilevanza nel contesto economico globale e, in prospettiva, “di scomparire dalla storia”.
In questo contesto, il rapporto evidenzia una visione articolata da parte delle imprese. Come spiega Davide Di Domenico, Managing Director e Senior Partner di BCG, responsabile per l’area East Mediterranean and Caspian: “Le priorità per i manager europei sono di carattere “offensivo” e “difensivo”. Sul primo fronte le priorità dei top manager sono almeno tre: investire nella trasformazione soprattutto in settori strategici come AI, biotecnologie ed energia; ridurre la burocrazia per favorire processi più snelli e decisioni più veloci; infine, sostenere i campioni europei, cioè grandi aziende in grado di competere nel mondo coi grandi colossi americani e cinesi. Rispetto alle priorità di carattere “difensivo”, è sempre più diffusa l’opinione che bisogna smettere di considerare la protezione degli interessi commerciali europei come un optional. Praticamente l’intera platea degli intervistati, ritiene infatti che proteggere gli interessi industriali e commerciali dell’Europa sia una necessità.”
La richiesta che emerge dallo studio è chiara: costruire un nuovo patto industriale europeo fondato su investimenti strategici, velocità decisionale e semplificazione amministrativa. Le aziende italiane si mostrano particolarmente pronte ad agire. Il 91% dei manager è favorevole ad accordi europei per la sicurezza delle supply chain, il 90% aumenterebbe l’occupazione se venissero rimosse barriere strutturali e l’83% rafforzerebbe la produzione sul territorio europeo, con le giuste condizioni. Ma a fronte di una forte volontà di investire, permane un’evidente distanza tra il mondo dell’impresa e quello politico: il 49% è convinto che i politici europei comprendano la portata e l’urgenza della sfida (38% in Italia), mentre il 51% pensa di no (39% in Italia). Lo scollamento è più marcato nei settori manifatturieri e consumer.
“Liberation Day”: cresce la fiducia, ma in modo disomogeneo
Il cosiddetto “Liberation Day” ha rappresentato uno spartiacque nel clima di fiducia. In Europa, la quota di leader ottimisti sul futuro della competitività è passata dal 39% al 71%. In Italia, l’ottimismo è salito dal 35% al 61%, con punte più elevate in Germania (76%) e Regno Unito (74%).
Tuttavia, l’andamento varia molto per settore. I comparti più dinamici — come aerospazio, telecomunicazioni e deep tech — hanno registrato un netto miglioramento, mentre in ambiti come banche e servizi finanziari si osserva un calo della fiducia dei leader, scesa dal 45% al 40%.
Le priorità strategiche delle imprese
Come anticipato, tra i principi fondamentali indicati dagli executive in tutta Europa per rafforzare la competitività dell’area vi sono gli investimenti in trasformazione — in settori come AI, biotech ed energia — e la semplificazione dei processi decisionali. Rispetto a queste priorità, il 35% dei manager italiani pone l’accento sulla trasformazione (contro il 31% in Europa), il 24% su processi più snelli e decisioni più veloci (30% Europa).
Nel nostro Paese, la priorità numero uno va alla sicurezza delle catene di approvvigionamento, indicata dall’88% dei leader (80% Europa), seguita dai campioni europei (87% Italia, 83% Europa) e dalla necessità di colmare il divario di competenze (86% Italia, 81% Europa).
Per far sì che queste priorità condivise a livello europeo si realizzino, i leader del privato sono pronti a collaborare con le istituzioni pubbliche: in Italia l’89% degli executive (in linea con la media EU) sostiene l’istituzione di un CEO advisory group europeo per affiancare i decisori pubblici e l’85% (82% Europa) è pronto a contribuire attivamente al futuro dell’Europa, anche impegnandosi in prima persona.
Cosa succede se, al contrario, non vengono intraprese azioni concrete? Il 72% dei leader europei (71% in Italia) prevede una riduzione della forza lavoro, il 66% un aumento delle delocalizzazioni e il 62% (64% in Italia) una frenata dell’innovazione.
(Teleborsa) 18-06-2025 18:01
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