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IA, business da 1300 mld entro il 2030. Cavandoli (Lega): “Opportunità per le imprese, serve una spinta fiscale”


Tra potenzialità economiche e ritardi strutturali, l’adozione dell’IA nelle Pmi italiane richiede un salto culturale e l’intervento efficace delle istituzioni

L’intelligenza artificiale rappresenta una delle leve più promettenti per il rilancio della competitività delle piccole e medie imprese italiane. È quanto emerge dalla nuova ricerca condotta dall’Istituto per la Competitività (I-Com) in collaborazione con TeamSystem, secondo cui se il 60% delle oltre 246.000 imprese italiane con più di 10 addetti adottasse almeno una tecnologia di AI entro il 2030, si potrebbero generare ricavi aggiuntivi per circa 1.300 miliardi di euro. Un potenziale enorme, che tuttavia si scontra con ritardi strutturali e un basso livello medio di competenze digitali: oltre il 50% delle imprese si dichiara ancora a livelli “scarsi” o “molto scarsi”.

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A fronte di questi dati, emerge con forza l’urgenza di politiche pubbliche più incisive: semplificazione del Piano Transizione 5.0, incentivi fiscali accessibili, formazione e supporto attraverso Digital Innovation Hub. Questi i temi al centro dell’evento “L’impresa dell’IA”, svoltosi il 17 giugno alla Camera dei Deputati su iniziativa dell’On. Gusmeroli. Tra gli interventi, anche quello di Laura Cavandoli, deputata della Lega e membro della Commissione Finanze, che abbiamo intervistato per approfondire il ruolo delle istituzioni nella sfida dell’innovazione. 

 Cavandoli quali sono i vantaggi concreti che l’adozione dell’AI sta già  producendo nelle imprese?

Il problema dell’Italia, e purtroppo anche di parte dell’Unione Europea, è che siamo ancora intrappolati in un’immagine di arretratezza e diffidenza. C’è una mancanza evidente di competenze e di skill per iniziare un vero percorso nell’adozione dell’intelligenza artificiale. Tuttavia, le potenzialità sono state ampiamente dimostrate — anche dall’indagine presentata oggi da TeamSystem — e sono enormi, non solo dal punto di vista produttivo ma anche economico. Se parliamo di oltre mille miliardi di ricavi potenziali, significa che ci troviamo davanti a un’opportunità enorme, un passo che dobbiamo assolutamente compiere. Certo, i passaggi parlamentari sono lenti. Attualmente abbiamo un testo in Commissione IX alla Camera, ma purtroppo verrà modificato e dovrà quindi tornare al Senato. Questo comporta dei ritardi e ci mette in difficoltà: facciamo fatica a inseguire la realtà, almeno dal punto di vista normativo e sostanziale.

Qual è il principale ostacolo all’adozione dell’AI nelle piccole e medie imprese al momento?

Sicuramente la carenza di capacità e di competenze. Esistono barriere culturali e mentali, oltre che tecnologiche. C’è una resistenza all’ingresso di questa nuova tecnologia e, soprattutto, manca una base solida di skill nelle piccole e medie imprese. Dal punto di vista della Commissione Finanze, dobbiamo riflettere seriamente su come dare un supporto concreto. Non si tratta solo di un aiuto infrastrutturale: sarebbe importante poter offrire anche software già predisposti, che possano essere agevolati fiscalmente, in modo da accompagnare le imprese — e in particolare le PMI, che sono il vero motore della nostra economia — nel passaggio verso una transizione effettiva con l’intelligenza artificiale.

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Che cosa possono fare le istituzioni per incentivare un’adozione responsabile dell’AI nelle PMI?

Noi istituzioni abbiamo innanzitutto la responsabilità di informare in modo corretto e serio su cosa sia realmente l’intelligenza artificiale e perché sia utile. Questo è un passaggio fondamentale. In secondo luogo, abbiamo uno strumento potente: la leva fiscale. Dobbiamo rendere concretamente praticabile l’adozione dell’AI, incentivando le imprese a dotarsi di strumenti e tecnologie intelligenti. Gli sgravi fiscali diventano particolarmente attrattivi se sono semplici da ottenere e non implicano ulteriore burocrazia. Credo che il nostro Paese sia pronto: abbiamo tantissimi giovani che usano l’intelligenza artificiale con naturalezza. Dobbiamo fare il prima possibile il passaggio nelle aziende, valorizzando queste competenze e permettendo ai giovani di portarle all’interno del tessuto produttivo. Sarebbe perfetto se ci fosse anche un partner che metta a disposizione non solo un software avanzato, ma anche gli strumenti tecnologici necessari. Questo permetterebbe di fare scelte responsabili, consapevoli e orientate a risultati concreti, anche se oggi siamo ancora all’inizio.





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