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Otto cittadini su 10 sono favorevoli a una tassazione più incisiva per le imprese fossili


Il buonsenso dice che sarebbe difficile pensarla diversamente, ma vederlo certificato da un’indagine formale dà ancora più forza alla cosa: 8 cittadini su 10 sono favorevoli a una tassazione più incisiva delle imprese fossili per ripagare i danni causati dalla crisi climatica. E un’analoga percentuale è anche convinta che i governi non stiano facendo abbastanza per svincolarsi dal condizionamento che le grandi imprese inquinanti e una ristretta élite di super-ricchi esercitano sulla politica.

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Tutto ciò emerge da un sondaggio commissionato da Oxfam International e Greenpeace International e realizzato dalla società di ricerche di mercato Dynata in 13 Paesi, tra cui molti del G7, inclusa l’Italia. I risultati dell’indagine demoscopica sono stati diffusi oggi, in concomitanza con la Climate Change Conference delle Nazioni Unite in corso a Bonn fino al 26 giugno. Le discussioni tra i Paesi partecipanti alla conferenza sono focalizzate sulle priorità del momento delle politiche climatiche. Tra queste, le modalità di mobilitazione di almeno 1.300 miliardi di dollari l’anno per la riduzione dell’impatto del cambiamento climatico nel Sud Globale entro il 2035.

Ed è qui che entra in scena il sondaggio, che evidenzia come un’imposta sui grandi inquinatori applicata a 590 multinazionali del comparto fossile sarebbe in grado di generare, nel solo primo anno di applicazione, introiti erariali fino a 400 miliardi di dollari. Si tratta di un ammontare paragonabile al costo dei danni arrecati ogni anno dagli eventi climatici estremi nei Paesi del Sud Globale, stimati tra i 290 e i 1.045 miliardi di dollari su base annua, entro il 2030.

Andando a leggere il dettaglio del sondaggi si apprende che l’81% degli intervistati è favorevole all’introduzione di nuove imposte a carico delle imprese del settore del petrolio, gas e carbone per ripagare i danni causati dai disastri climatici – come tempeste, inondazioni, siccità ed incendi – provocati dall’uso dei combustibili fossili; l’86% è favorevole a destinare le entrate derivanti da una tassazione più incisiva delle imprese fossili alle comunità più colpite dalla crisi climatica; il 66% degli intervistati considera la tassazione selettiva del comparto fossile come la via maestra per ripagare i costi dei danni e delle perdite economiche, sociali e ambientali causate dai cambiamenti climatici. Solo il 5% degli intervistati ritiene che le risorse debbano essere reperite dalle imposte sul lavoro, il 9% dalla tassazione dei consumi e il 20% dal prelievo sui redditi d’impresa; il 68% degli intervistati ritiene che le aziende fossili e i super-ricchi influenzino negativamente le politiche pubbliche del proprio Paese; il 77% afferma che sarebbe più disposto a sostenere un candidato politico che dia priorità alla tassazione dei super-ricchi e delle industrie fossili.

Restringendo lo sguardo alle risposte fornite dai nostri connazionali, si nota una forte sintonia con quanto rilevato negli altri Paesi, con dati talora superiori alla media. È il caso del supporto a nuove forme di imposte sul comparto energetico fossile per fare fronte ai danni causati dagli eventi climatici estremi, espresso dall’87% degli italiani, un valore inferiore solo a quello riscontrato in Brasile (91%) e in Spagna (87%). Per il 79% della popolazione italiana, inoltre (valore massimo tra i Paesi interessati dall’indagine) le imprese del settore fossile e i super-ricchi esercitano un indebito condizionamento dei decisori politici, a tutela dei propri privilegi.  

 L’analisi di Oxfam evidenzia nel dettaglio come, a livello globale, 585 tra le più grandi e inquinanti imprese del settore dei combustibili fossili abbiano realizzato profitti per 583 miliardi di dollari nel 2024, con un incremento del 68% rispetto al 2019.

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Nel solo 2023 le emissioni di 340 delle imprese esaminate (per le quali erano disponibili i dati) hanno rappresentato oltre la metà delle emissioni globali di gas serra prodotte dalle attività umane: un quantitativo in grado di causare 2,7 milioni di decessi legati al caldo nei prossimi cento anni.

L’imposta sui grandi inquinatori, ipotizzata da Oxfam, incentiverebbe le imprese a investire maggiormente in fonti di energia rinnovabile e contribuirebbe a ridurre la mortalità causata dal cambiamento climatico, alimentato dai combustibili fossili. Tale imposta dovrebbe essere inoltre accompagnata da una tassazione più marcata sui super-ricchi in linea con il principio ‘chi più inquina più paga’. I governi dovrebbero introdurre simili forme di prelievo a livello nazionale e impegnarsi attivamente per rafforzare la cooperazione fiscale internazionale e favorire un equo accordo fiscale globale sotto l’egida delle Nazioni Unite.

 Lo studio, condotto da Dynata, è stato presentato in concomitanza con la presentazione da parte di Greenpeace International del Pay Polluters Pact, un’alleanza globale di comunità in prima linea nel contrasto ai disastri climatici. Il Patto chiede che i governi facciano pagare, attraverso l’introduzione di nuove tasse e multe, alle multinazionali fossili – e non a cittadine e cittadini – la loro giusta quota per i danni che causano. Il Patto è sostenuto a livello internazionale da: vigili del fuoco e altri operatori di primo intervento; sindacati e gruppi di lavoratori; sindaci di Paesi come Australia, Brasile, Bangladesh, India, Filippine, Sri Lanka, Nigeria, Sudafrica, Stati Uniti; persone provenienti dagli Stati insulari del Pacifico e dalla Svizzera che partecipano a cause climatiche. Il Patto è inoltre sostenuto da oltre 60 ONG, tra cui Oxfam International, 350.org, Avaaz.

«Le multinazionali del carbone, del petrolio e del gas sono a conoscenza da decenni dei danni che i loro prodotti inquinanti arrecano al clima del pianeta –  dichiarano Simona Abbate della campagna Clima di Greenpeace Italia e Misha Maslennikov, policy advisor su giustizia economica di Oxfam Italia – Ciò nonostante, continuano a lucrare sulla devastazione climatica e realizzano profitti enormi, distruggendo vite e mezzi di sussistenza di milioni di donne, uomini e bambini, soprattutto nel Sud Globale, area che ha esigue responsabilità storiche per la crisi climatica in atto. I governi devono prestare ascolto alla voce dei cittadini e chiamare i grandi inquinatori a rendere conto dei danni che continuano a causare. Una tassazione più incisiva delle industrie inquinanti potrebbe fornire un sostegno immediato e significativo ai Paesi vulnerabili al cambiamento climatico, incentivare finalmente gli investimenti nelle energie rinnovabili e finanziare una transizione ecologica giusta».





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