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Microcredito Senza Garanzie Per PMI, Imprese E Start Up: E Se Sono In Situazione Debitoria?


Hai un’attività in difficoltà o una startup in fase iniziale e ti stai chiedendo se puoi accedere al microcredito anche con una situazione debitoria aperta? Hai sentito parlare di finanziamenti senza garanzie reali, ma temi che i debiti passati possano bloccare tutto?

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Il microcredito senza garanzie è uno strumento pensato per PMI, imprese individuali e startup che non riescono ad accedere al credito bancario tradizionale. Non serve avere immobili da ipotecare o garanzie personali forti: basta presentare un progetto sostenibile e dimostrare la volontà di ripartire. Ma quando ci sono debiti pregressi, la questione si complica.

Si può ottenere il microcredito se l’impresa ha già dei debiti?

Sì, ma dipende. Se l’indebitamento è contenuto e sotto controllo, il microcredito può essere concesso proprio per aiutare l’attività a rimettersi in piedi. Se invece ci sono ritardi nei pagamenti, protesti, segnalazioni in centrale rischi o pignoramenti, molte società di microcredito possono rifiutare la domanda o richiedere garanzie aggiuntive (come l’affiancamento di un tutor o l’intervento di un fondo di garanzia).

E se l’imprenditore è stato segnalato come cattivo pagatore?

In quel caso, la concessione diventa più difficile, ma non impossibile. Esistono soluzioni alternative, come:

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– la riabilitazione creditizia, se il debito è stato estinto;
– la composizione negoziata della crisi, che consente di congelare le segnalazioni durante il percorso di risanamento;
– o l’esdebitazione, se parliamo di una ditta individuale ormai sovraindebitata.

Conviene davvero chiedere un microcredito in presenza di debiti?

Solo se il finanziamento ha un obiettivo chiaro: rilanciare l’attività, avviare un nuovo progetto sostenibile o consolidare i debiti più urgenti. Se invece serve solo a “tappare i buchi”, rischia di peggiorare la situazione e rendere la crisi ancora più profonda.

Per questo è fondamentale farsi assistere prima della richiesta, valutare se ci sono le condizioni per accedere senza rischi e capire se è meglio una soluzione giuridica ai debiti esistenti, seguita poi da un microcredito per ripartire in modo pulito.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in crisi d’impresa, accesso al credito e tutela patrimoniale – ti spiega come funziona il microcredito senza garanzie, cosa succede se hai già debiti e come possiamo aiutarti a ottenere liquidità senza aggravare la tua posizione.

Hai bisogno di un microcredito ma temi che la tua situazione debitoria lo renda impossibile? Vuoi capire se esiste un modo per accedere comunque e salvare l’attività?

Richiedi, in fondo alla guida, una consulenza riservata con l’Avvocato Monardo. Analizzeremo il tuo profilo, verificheremo le possibilità concrete di accesso al microcredito e ti guideremo verso la soluzione giusta per uscire dalla crisi e ripartire davvero.

Introduzione

Il microcredito è uno strumento finanziario concepito per favorire l’accesso al credito di piccoli imprenditori, professionisti e start-up che non dispongono di garanzie reali (ipoteche, pegni) da offrire. In Italia, la normativa definisce il microcredito come un prestito di ammontare contenuto, erogato insieme a servizi di assistenza e monitoraggio, finalizzato all’avvio o allo sviluppo di iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo, oppure al sostegno di persone in condizioni di vulnerabilità economica. Ciò lo distingue nettamente dal credito bancario ordinario: nel microcredito l’attenzione è focalizzata sulla persona e sul progetto, piuttosto che sulle garanzie patrimoniali, offrendo accompagnamento dal prefinanziamento al rimborso.

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Questa guida avanzata, aggiornata a giugno 2025, fornirà un quadro completo delle opportunità di finanziamento senza garanzie reali disponibili per PMI, imprese e start-up in Italia, con un focus specifico sul microcredito imprenditoriale disciplinato dall’art. 111 del Testo Unico Bancario (TUB). Approfondiremo anche altre forme di finanza agevolata che non richiedono garanzie personali o reali da parte del beneficiario, analizzando le implicazioni fiscali e bancarie connesse a questi strumenti. Un’attenzione particolare sarà dedicata al punto di vista del debitore in difficoltà: esamineremo come può accedere al credito un soggetto “segnalato” nelle banche dati o con una storia di insolvenze, quali tutele e percorsi di riabilitazione esistono, e quali strumenti pubblici (ad es. fondi antiusura) possono assisterlo.

Troverete inoltre tabelle riepilogative dei requisiti e caratteristiche dei vari strumenti, una sezione di FAQ (domande frequenti) e alcune simulazioni pratiche di richieste di microcredito in scenari concreti (sia in condizioni ordinarie, sia in presenza di precedenti problemi debitori). La guida è focalizzata esclusivamente sul contesto italiano – normative, enti e soluzioni proprie dell’ordinamento italiano – senza riferimenti ad altri Paesi.

Struttura della guida: inizieremo definendo il microcredito imprenditoriale ex art. 111 TUB, per poi esaminare le altre forme di finanziamento agevolato senza garanzie disponibili. Tratteremo le implicazioni fiscali e bancarie di questi strumenti e passeremo quindi al punto di vista del debitore segnalato (cattivo pagatore, protestato, ecc.), evidenziando percorsi di ripresa del merito creditizio. Seguiranno i principali enti finanziatori pubblici e privati attivi nel microcredito e nella garanzia del credito (Invitalia, Garanzia Giovani, SACE, Confidi, banche etiche, ecc.). Troverete infine una sezione di FAQ e casi pratici simulati che illustrano l’accesso al microcredito in diverse situazioni, e una sezione finale con l’elenco completo delle fonti normative, giurisprudenziali e tecniche utilizzate. L’obiettivo è fornire una guida avanzata e autorevole, utile sia per consulenti legali sia per imprenditori informati, per orientarsi tra le opportunità di credito senza garanzie e gestire correttamente situazioni debitorie complesse.

Microcredito imprenditoriale ex art. 111 TUB

Il microcredito imprenditoriale è disciplinato in Italia dall’art. 111 del Testo Unico Bancario (D.Lgs. 385/1993) e dalla relativa normativa secondaria (in particolare dal D.M. 17 ottobre 2014, n. 176, modificato dal D.M. 20 novembre 2023, n. 211). Si tratta di finanziamenti di piccolo importo, non assistiti da garanzie reali, rivolti a sostenere l’avvio o lo sviluppo di microimprese e attività di lavoro autonomo. Di seguito analizziamo nel dettaglio la natura giuridica, i requisiti, i limiti e il funzionamento di questo strumento, aggiornati alle ultime riforme normative entrate in vigore nel 2024.

Definizione e normativa di riferimento

L’art. 111 TUB definisce il microcredito come un’attività di finanziamento rivolta a soggetti non bancabili, distinguendo due tipologie: il microcredito imprenditoriale (destinato a iniziative di lavoro autonomo o microimpresa) e il microcredito sociale (a sostegno di persone fisiche in stato di vulnerabilità). Qui ci concentriamo sul microcredito imprenditoriale, ossia quello aziendale, che per legge presenta le seguenti caratteristiche essenziali:

  • Importo massimo limitato: il singolo finanziamento non può superare una certa soglia di importo. In origine il limite era €25.000, elevabile di ulteriori €10.000 al verificarsi di determinate condizioni (puntualità nei pagamenti e raggiungimento di risultati intermedi del progetto finanziato). La normativa recente ha innalzato significativamente tale soglia: dal 13 gennaio 2024, l’importo massimo è €75.000 per beneficiario, con possibilità di arrivare a €100.000 esclusivamente se il finanziamento è erogato a favore di una società a responsabilità limitata (S.r.l.). Questa modifica è stata introdotta dalla Legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Legge di Bilancio 2022) che ha modificato l’art. 111 TUB, e attuata dal D.M. MEF 20/11/2023 n. 211 pubblicato a fine 2023. Si noti che per le S.r.l. è stata rimossa la previgente esclusione: ora anche le società di capitali rientrano tra i destinatari del microcredito imprenditoriale.
  • Divieto di garanzie reali: i finanziamenti di microcredito non possono essere assistiti da garanzie reali (p.e. ipoteche su immobili, pegno su beni). È ammessa solo la richiesta di garanzie personali (fideiussioni) se necessario, oppure l’utilizzo di garanzie pubbliche. Fa eccezione solo il caso delle S.r.l., introdotto con la riforma 2023: per i microcrediti concessi a società a responsabilità limitata è ora consentito acquisire anche garanzie reali e ipotecarie, data la maggiore dimensione potenziale di tali prestiti (fino a €100.000). Al di fuori di questo caso particolare, l’operatore di microcredito non può vincolare beni del debitore; la logica dello strumento è infatti “senza garanzie” tradizionali, puntando piuttosto su fiducia e valutazione della sostenibilità del progetto.
  • Beneficiari e limiti dimensionali: il microcredito imprenditoriale è destinato per legge a microimprese e piccoli operatori economici con limitate dimensioni. In particolare, possono accedervi: imprese individuali e lavoratori autonomi; società di persone; società a responsabilità limitata (ordinarie o semplificate); cooperative. È però richiesto che tali soggetti abbiano un organico ridotto: non più di 5 dipendenti per le ditte individuali o lavoratori autonomi, e non più di 10 dipendenti se si tratta di società di persone, S.r.l. o cooperative. Questo requisito è confermato anche nelle condizioni del Fondo di Garanzia PMI per microcredito. In passato esistevano altri limiti dimensionali (ad esempio relativi a ricavi annui, attivo patrimoniale o indebitamento pregresso) nonché la condizione che l’attività fosse avviata da meno di 5 anni. Oggi tali restrizioni NON sussistono più: con il DM 20/11/2023 sono stati abrogati i vincoli su anzianità della Partita IVA e su soglie di fatturato (€200.000), attivo (€300.000) e debiti (€100.000) del beneficiario. Ciò amplia il raggio di azione del microcredito: possono beneficiarne anche imprese avviate da oltre 5 anni o con bilanci significativi, purché rispettino i limiti di personale e importo del finanziamento. Resta tuttavia una regola di proporzionalità per le S.r.l.: l’importo totale dei microcrediti ottenuti non può eccedere il 10% del capitale sociale della società (al netto di eventuali perdite) risultante dall’ultimo bilancio. Questa clausola intende evitare che società di capitali con capitale esiguo si finanzino solo con debito non garantito, creando squilibri patrimoniali.
  • Finalità ammesse: i fondi ottenuti tramite microcredito devono essere utilizzati per scopi connessi all’attività professionale o d’impresa nuova o esistente. L’art. 111 TUB e il DM attuativo elencano espressamente le destinazioni consentite: acquisto di beni (macchinari, attrezzature, materie prime, scorte), pagamento di servizi strumentali all’attività, copertura di costi operativi (incluse polizze assicurative connesse al credito), retribuzione di nuovi dipendenti o soci lavoratori, corsi di formazione aziendale, etc.. Rientrano anche forme particolari come il microleasing finanziario (leasing di piccolo importo) finalizzato all’attività. Non è invece normalmente consentito impiegare il microcredito per finalità puramente personali o estranee all’impresa, né per mera ristrutturazione di debiti pregressi (ad es. ripianare prestiti precedenti) – sebbene, come vedremo, esistano strumenti agevolati specifici per aiutare imprenditori sovraindebitati a consolidare posizioni debitorie (come i fondi antiusura). In sintesi, il microcredito deve servire a creare o far crescere un’attività, non a sostenere consumi o speculazioni finanziarie. L’operatore erogante è tenuto a verificare la destinazione del finanziamento e l’effettivo impiego nelle spese dichiarate.
  • Servizi ausiliari obbligatori: una peculiarità del microcredito (non presente nel credito bancario ordinario) è l’obbligo, per il soggetto finanziatore, di fornire al beneficiario dei servizi di assistenza e monitoraggio sia prima che dopo l’erogazione. Tali servizi ausiliari includono ad esempio: aiuto nella stesura del business plan e nella definizione della strategia di sviluppo dell’impresa; supporto nella gestione amministrativa e nell’uso di nuove tecnologie; consulenza legale, fiscale e gestionale; affiancamento nel marketing e nell’analisi di eventuali criticità del progetto. Lo scopo è di aumentare le chance di successo dell’iniziativa finanziata e accompagnare l’imprenditore nelle fasi delicate di avvio e rimborso del prestito. Questa previsione discende dal comma 1, lett. d) dell’art. 111 TUB e dalle regole attuative: ogni operazione di microcredito deve prevedere almeno due tipologie di servizi ausiliari erogati all’impresa cliente. In pratica, l’operatore di microcredito (spesso tramite “tutor” o consulenti dedicati) segue il beneficiario nel percorso imprenditoriale, offrendo mentorship. Questo aspetto rende il microcredito uno strumento di inclusione finanziaria e sociale più che un semplice prestito: non solo soldi, ma anche supporto non finanziario su misura.
  • Durata e rimborso: la durata massima di un finanziamento microcreditizio imprenditoriale è fissata per legge a 10 anni (120 mesi), comprensivi di eventuale periodo di pre-ammortamento. Questo termine è stato esteso rispetto al passato (prima era 7 anni) per consentire piani di rimborso più sostenibili, soprattutto su importi ora maggiori. Le rate possono essere mensili o con altra periodicità concordata. Il rimborso avviene di norma in forma ammortizzata (quota capitale + interessi), ma è possibile anche prevedere un piano con rate inizialmente più basse e maggiori in seguito, in funzione dei flussi di cassa dell’impresa. Importante: data la finalità agevolativa, non sono previste penali per rimborso anticipato del microcredito (il cliente può estinguere il debito in qualsiasi momento senza costi aggiuntivi, salvo un eventuale modesto compenso per spese vive). Inoltre, durante l’eventuale periodo di pre-ammortamento (rinvio dell’inizio dei pagamenti per alcuni mesi), possono essere dovuti solo interessi o nulla, a seconda degli accordi. Il nuovo DM 211/2023 ha anche eliminato il meccanismo del “credito frazionato” (ovvero l’erogazione scaglionata del prestito in tranche condizionate a milestone raggiunti). Ora il finanziamento viene in genere erogato in un’unica soluzione, semplificando l’accesso alla liquidità da parte dell’impresa. Resta però la facoltà per l’operatore di concedere un secondo microcredito allo stesso soggetto in futuro, a patto che la somma di quanto già dovuto e del nuovo importo non superi i limiti di legge (75.000€ o 100.000€). Ciò consente ad un’impresa virtuosa, che sta restituendo regolarmente il primo prestito, di ottenere ulteriori risorse per espandersi, senza uscire dal perimetro del microcredito.

Riassumendo, il microcredito imprenditoriale italiano è normativamente strutturato per essere accessibile (piccoli operatori, niente garanzie reali), mirato allo sviluppo di microimprese, e accompagnato da servizi di tutoraggio. La recente riforma (2021-2023) ne ha ampliato la portata, aumentando importi e platea di beneficiari, nell’ottica di rafforzare l’inclusione finanziaria di soggetti “non bancabili”.

Di seguito, presentiamo una tabella riepilogativa dei principali requisiti e caratteristiche del microcredito imprenditoriale ex art. 111 TUB, aggiornata al 2025:

Conto e carta

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Tabella 1 – Microcredito imprenditoriale (art. 111 TUB): requisiti e caratteristiche principali

Parametro Dettagli e limiti
Importo massimo €75.000 per singolo beneficiario; elevabile a €100.000 se il finanziamento è concesso a una S.r.l. (anche semplificata).
Durata massima 10 anni complessivi (incluso eventuale pre-ammortamento). In precedenza era 7 anni; l’estensione consente piani di rimborso più lunghi e rate più sostenibili.
Tasso di interesse Stabilito dall’operatore di microcredito in base al mercato e al rischio. Generalmente variabile tra ~5% e 9% annuo per il microcredito imprenditoriale classico. Gli operatori di finanza mutualistica/solidale applicano tassi calmierati: il TEG (Tasso Effettivo Globale) non può eccedere la somma dei costi operativi più il costo del capitale entro il tasso d’inflazione. In ogni caso, il tasso non deve superare la soglia d’usura vigente (requisito penale ex L. 108/96).
Garanzie richieste Nessuna garanzia reale può essere richiesta al cliente (salvo il caso particolare delle S.r.l., dove dal 2024 sono ammesse garanzie reali facoltative). Possono essere richieste garanzie personali (es. firma di fideiussori) a discrezione dell’operatore, ma spesso non sono necessarie grazie all’intervento di garanzie pubbliche.
Garanzie pubbliche Il finanziamento può essere assistito da garanzie statali o mutualistiche senza oneri per il cliente. In particolare, il Fondo Centrale di Garanzia PMI copre fino all’80% dell’importo per operazioni di microcredito fino a €50.000 (fino al 90% in casi particolari), e fino al 60% per la parte eccedente. Questo supporto riduce il rischio per l’operatore e facilita la concessione del prestito. (Dettagli sul Fondo PMI nel paragrafo successivo).
Beneficiari ammessi Imprese individuali e lavoratori autonomi (titolari di partita IVA), con massimo 5 dipendenti; – Società di persone, S.r.l. (ordinarie o semplificate) e società cooperative, con massimo 10 dipendenti. Possono accedere sia imprese costituite da tempo sia nuove iniziative (startup), poiché non vi è più un limite sull’anzianità dell’attività. Anche i professionisti (iscritti ad albi o meno) rientrano tra i potenziali beneficiari.
Requisiti dimensionali Non previsti limiti su fatturato, attivo o indebitamento dell’impresa beneficiaria (aboliti dal 2023). Resta solo il vincolo del numero di dipendenti sopra indicato e, per le S.r.l., il principio che la somma dei microcrediti ottenuti non superi il 10% del capitale sociale netto.
Finalità ammissibili Spese d’investimento e di gestione strettamente legate all’attività: acquisto di beni e servizi strumentali, canoni di leasing (microleasing), polizze assicurative connesse, retribuzione di nuovi dipendenti o soci lavoratori, corsi di formazione professionale per il titolare o i dipendenti. Sono escluse finalità personali o diverse dallo sviluppo dell’attività finanziata.
Servizi ausiliari Obbligatori: l’operatore deve fornire almeno 2 tipologie di servizi di assistenza e monitoraggio al beneficiario in fase di istruttoria ed erogazione e per tutta la durata del finanziamento. Esempi: supporto alla pianificazione aziendale, formazione su aspetti amministrativi o tecnologici, consulenza su marketing, aiuto nella risoluzione di problemi legali/fiscali, etc.
Erogatori autorizzati Il microcredito può essere concesso da: – Operatori di microcredito iscritti in apposito elenco presso Banca d’Italia (ex art. 111 TUB), soggetti non bancari specializzati; – Banche e intermediari finanziari ex art. 106 TUB, i quali possono erogare microcrediti senza bisogno di iscrizione separata, nell’ambito della loro normale attività. Sono presenti inoltre operatori di finanza mutualistica (es. cooperative tipo MAG) con regole speciali su tassi e importi.
Procedura di richiesta Può avvenire tramite: – Contatto diretto con un operatore di microcredito o sportelli convenzionati (es. Ente Nazionale per il Microcredito facilita l’incontro tra domanda e offerta anche via Sportello online); – Banche aderenti (alcune banche commerciali offrono prodotti di microcredito imprenditoriale, spesso in collaborazione con il Fondo di garanzia); – Prenotazione della garanzia: il potenziale beneficiario può preliminarmente richiedere online la garanzia del Fondo PMI sul sito del Fondo (funzionalità “prenotazione microcredito”), ottenendo una sorta di riserva della copertura pubblica, da presentare poi a un operatore che erogherà il prestito. Questa procedura introdotta nel 2018 velocizza l’iter.
Documentazione richiesta Generalmente: documento d’identità e visura camerale/partita IVA; business plan dettagliato del progetto imprenditoriale e piano finanziario; ultime dichiarazioni dei redditi o bilanci disponibili (se attività esistente); elenco delle spese da finanziare; autocertificazioni di assenza di carichi pendenti e regolarità contributiva (DURC) se rilevante. Eventuali garanti personali dovranno fornire documenti di reddito. Il tutto viene valutato dall’operatore e, se si richiede la garanzia statale, anche dal Fondo (in forma semplificata).
Esito e tempi L’istruttoria di norma verifica la sostenibilità del piano di rimborso in base ai flussi di reddito attesi dall’attività, più che lo storico creditizio del richiedente. I tempi di risposta variano a seconda dell’operatore: alcune realtà riescono a deliberare in 1 mese circa, altre impiegano fino a 2-3 mesi, specie se c’è di mezzo la delibera del Fondo di Garanzia. Il coinvolgimento di un tutor ENM o di un confidi locale può aiutare a preparare la pratica e ridurre i tempi di approvazione.

Nota: il quadro sopra esposto è aggiornato alle modifiche normative entrate in vigore all’inizio del 2024, che hanno ampliato sensibilmente i limiti del microcredito imprenditoriale. Queste innovazioni puntano a rendere il microcredito uno strumento ancora più efficace per finanziare start-up e piccole imprese innovative, anche in assenza di garanzie, integrandolo con il sistema di garanzie pubbliche a tutela degli intermediari che lo erogano.

Il Fondo Centrale di Garanzia PMI e il microcredito

Uno dei pilastri che rende possibile il microcredito “senza garanzie” per l’imprenditore è la presenza di una garanzia pubblica offerta dallo Stato sul credito concesso. In particolare, dal 2015 il Fondo Centrale di Garanzia per le PMI (gestito da MedioCredito Centrale per conto del MiSE/MEF) è operativo anche a copertura delle operazioni di microcredito. Vediamo come funziona questo meccanismo e quali vantaggi offre:

  • Cos’è il Fondo di Garanzia PMI: istituito con la L. 662/1996, è uno strumento nazionale che garantisce una percentuale del credito concesso alle micro, piccole e medie imprese (PMI) e ai professionisti. La finalità è favorire l’accesso al credito di soggetti altrimenti ritenuti rischiosi dalle banche, sostituendo le garanzie private con una garanzia statale. Il Fondo interviene su varie tipologie di finanziamento (mutui, investimenti, liquidità) e, dal 2015, anche sul microcredito imprenditoriale.
  • Copertura della garanzia sul microcredito: in regime ordinario (post emergenza Covid), il Fondo garantisce fino al 80% dell’importo del microcredito concesso, entro un massimo garantito per soggetto pari a €50.000. In pratica, se un operatore eroga un microcredito da €40.000 a un’impresa, lo Stato si impegna a rimborsarne fino a €32.000 in caso di insolvenza (80%). Per importi maggiori, la copertura statale scende: sulle nuove operazioni tra 50.000 e 75.000 euro, il DM 211/2023 prevede una garanzia massima del 60%. Ciò significa che sulla parte eccedente i 50k l’intermediario si assume un rischio maggiore (non più coperto al 80%). Ad esempio, su un prestito di €75.000, la garanzia coprirebbe €50.000 × 80% + €25.000 × 60% = €40.000 + €15.000 = €55.000 complessivi (circa 73% dell’importo). Durante la fase emergenziale Covid, il legislatore aveva temporaneamente elevato le coperture fino al 90-100% per facilitare il credito, ma dal 2022 si è tornati ai livelli ordinari (80%). Resta inoltre un limite tecnico: attualmente il Fondo copre comunque solo fino a €50.000 di importo garantito, per cui anche se il microcredito è più alto, la parte coperta oltre i 50k potrebbe richiedere ulteriori disposizioni (la normativa dovrà adeguarsi all’aumento a 75k).
  • Nessuna garanzia dal cliente: grazie all’intervento del Fondo, la banca o operatore erogante può concedere il prestito senza pretendere garanzie dal cliente. Infatti, la garanzia pubblica viene considerata solida (ponderata a zero ai fini di rischio di credito per la parte garantita) e sostituisce di fatto la necessità di pegni o ipoteche. Questo è il cuore del concetto “senza garanzie”: per l’impresa beneficiaria il finanziamento è unsecured (non deve mettere beni a collaterale), ma per l’ente finanziatore c’è comunque una protezione in caso di default, fornita dallo Stato. Va sottolineato che la garanzia copre il capitale e parte degli interessi contrattuali e di mora, ma non copre eventuali spese legali di recupero.
  • Accesso alla garanzia: il soggetto richiedente il microcredito può autonomamente attivarsi per ottenere la garanzia del Fondo. Esiste una procedura di prenotazione online: l’imprenditore (o un suo intermediario) può registrarsi sul portale Fondo di Garanzia e prenotare l’importo desiderato, ottenendo una ricevuta di prenotazione valida 5 giorni. In tal modo, si “blocca” la disponibilità della garanzia, dopodiché entro 5 giorni un operatore di microcredito convenzionato deve prendere in carico la richiesta per istruire formalmente la pratica. In alternativa, spesso è direttamente l’operatore (banca o microfinance) a richiedere la garanzia contestualmente all’istruttoria del prestito, inoltrando la domanda al Fondo. Il Fondo effettua un controllo formale (rispetto requisiti PMI, settore ammissibile, ecc.) ma non compie una valutazione di merito di credito: si basa sulla valutazione del soggetto erogante, eventualmente applicando un modello di scoring interno come informativa. Dunque, l’ottenimento della garanzia è generalmente automatico se l’operazione rientra nei parametri normativi.
  • Costi: la garanzia del Fondo PMI sul microcredito è attualmente gratuita per il beneficiario. In passato erano previsti piccoli versamenti al Fondo a titolo di commissione (soprattutto per imprese non giovanili o non femminili), ma le varie leggi di bilancio hanno più volte azzerato queste commissioni per favorire l’utilizzo. Anche nel 2025, l’accesso al Fondo è senza oneri diretti per la PMI. Ciò rappresenta un vantaggio fiscale implicito, in quanto l’eventuale valore economico della garanzia statale non viene tassato né addebitato (è configurato come aiuto “de minimis” nei limiti UE, ma non incide sui conti aziendali).
  • Benefici per il debitore: avere la copertura dell’80% facilita l’approvazione del finanziamento. Inoltre, una volta ottenuto, il fatto che sia garantito non incide negativamente sulla posizione creditizia dell’impresa – anzi, non risulta affatto nelle banche dati come garanzia personale. L’operazione verrà segnalata nelle centrali rischi semplicemente come finanziamento erogato dalla banca, con indicazione che è garantito dallo Stato (informazione visibile solo agli intermediari e non ai fini di merito creditizio del cliente). Dunque l’imprenditore mantiene libere le proprie capacità di garanzia per eventuali altri crediti futuri: non avendo ipotecato beni, potrà in futuro utilizzarli per altre operazioni se necessario.

In sintesi, il connubio microcredito + Fondo di Garanzia costituisce la formula chiave per finanziare PMI e start-up senza garanzie reali. Lo Stato, facendosi carico di gran parte del rischio, incentiva gli intermediari a concedere piccoli prestiti a soggetti che altrimenti sarebbero esclusi dal credito per mancanza di collaterale o storico creditizio. Per l’imprenditore questo significa poter ottenere liquidità per la propria iniziativa senza ipotecare casa né rivolgersi a garanti terzi, ma solo dimostrando la validità del progetto e il proprio impegno. Nel prossimo paragrafo vedremo altre forme di finanziamento agevolato e strumenti alternativi, sempre con la caratteristica di non richiedere garanzie patrimoniali da parte del richiedente.

Altre forme di finanziamento agevolato senza garanzie (Italia)

Oltre al microcredito imprenditoriale ex art. 111 TUB, esistono in Italia numerosi strumenti di finanza agevolata che permettono a imprese e aspiranti imprenditori di ottenere credito senza dover fornire garanzie reali. Spesso si tratta di incentivi pubblici, prestiti a tasso agevolato o contributi misti gestiti da enti come Invitalia, Regioni, fondi speciali, nonché meccanismi di garanzia pubblica analoghi a quello descritto per il microcredito ma applicati su scala più ampia. In questa sezione esamineremo le principali opportunità, suddividendole per tipologia:

  • 1. Prestiti con garanzia pubblica (Fondo Centrale di Garanzia PMI) – Finanziamenti bancari tradizionali coperti dal Fondo statale, che l’impresa può ottenere senza garanzie proprie.
  • 2. Incentivi Invitalia e fondi agevolati per l’avvio d’impresa – Comprendono misure come ON – Oltre Nuove Imprese a tasso zero, Smart&Start Italia, Resto al Sud, Selfiemployment e altri programmi nazionali, spesso con quote di finanziamento a tasso zero/fondo perduto.
  • 3. Strumenti regionali e locali di microfinanza – Bandi regionali di microcredito e piccoli prestiti agevolati, gestiti direttamente da Regioni o enti locali per specifici territori o categorie (giovani, donne, disoccupati).
  • 4. Confidi e garanzie mutualistiche – Consorzi di garanzia fidi che supportano le PMI facilitando l’accesso al credito bancario senza garanzie reali, mediante garanzie collettive.
  • 5. Interventi speciali (Fondi antiusura e garanzie SACE) – Strumenti per situazioni particolari: il fondo di prevenzione usura per imprenditori in grave difficoltà finanziaria, e le garanzie SACE per progetti di investimento strategici o export, che permettono prestiti senza garanzie grazie all’assicurazione statale.
  • 6. Banche etiche e finanziamenti “alternativi” – Il ruolo di istituti come Banca Etica, cooperative finanziarie e piattaforme di peer-to-peer lending, che spesso concedono credito senza richiedere garanzie patrimoniali, basandosi su fiducia, valutazione etica del progetto o garanzie collettive.

Passiamo in rassegna ciascuna categoria, evidenziando i requisiti, i limiti e gli enti coinvolti.

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1. Finanziamenti bancari con garanzia pubblica (Fondo PMI)

Il Fondo di Garanzia per le PMI non è solo a supporto del microcredito, ma copre una vasta gamma di finanziamenti bancari concessi a imprese fino a media dimensione. Questa è una risorsa cruciale: un imprenditore può rivolgersi a una banca per un prestito (ad esempio per liquidità, acquisto macchinari, investimenti vari) e chiedere che sia garantito dal Fondo statale. In tal caso, la banca di norma NON richiede garanzie reali aggiuntive, perché si accontenta della garanzia pubblica.

Caratteristiche salienti di questo strumento:

  • Plateà beneficiari: micro, piccole e medie imprese (secondo la definizione UE) di quasi tutti i settori produttivi, nonché professionisti. Sono escluse solo alcune attività (poche, es. gioco d’azzardo, fabbricazione armi, ecc., per normative settoriali) secondo l’elenco dei settori non ammessi del Fondo. Anche start-up innovative e neo-costituite possono accedere; in realtà il Fondo prevede criteri di valutazione anche per imprese senza bilanci storici (startup score). È richiesto tuttavia che l’impresa non sia in difficoltà al momento della richiesta (concetto tecnico che indica, ad esempio, niente procedura concorsuale in corso né patrimonio netto azzerato). A differenza del microcredito ex 111 TUB, qui non ci sono limiti su dipendenti (possono arrivare fino a 249) né su importi (possono essere anche milioni, entro tetto PMI).
  • Importi garantibili: fino a €5 milioni di garanzia per singola impresa (questo in pratica copre finanziamenti anche maggiori, visto che la garanzia copre una percentuale). La copertura standard su finanziamenti ordinari è 80% del valore, similmente al microcredito. In alcuni casi particolari (es. piccole startup innovative, progetti di ricerca) può arrivare a 90%. La durata massima dei prestiti garantiti può essere di medio-lungo termine (anche 10-15 anni per investimenti). Durante l’emergenza Covid ogni impresa ha potuto ottenere garanzie al 100% per piccoli prestiti fino a 30k con procedura semplificata (ex DL Liquidità), ma tali misure straordinarie sono terminate nel 2022.
  • Come funziona in pratica: l’impresa presenta domanda di finanziamento alla banca prescelta (banche e confidi convenzionati con il Fondo – praticamente quasi tutti gli istituti in Italia lo sono). Nel modulo di richiesta indica di voler l’ausilio della garanzia statale. La banca inserisce la pratica al Fondo, che in base a un modello di rating interno attribuisce un punteggio all’impresa e – se rientra nelle soglie di ammissibilità – concede la garanzia in poche settimane (a volte giorni). La valutazione del Fondo per PMI già attive considera indicatori di bilancio; per imprese nuove o senza bilanci si utilizzano parametri qualitativi e settoriali. Se l’operazione è ammissibile, la banca ottiene la garanzia statale alla firma del contratto di prestito. A quel punto, solitamente la banca eroga senza altre garanzie: ad esempio niente ipoteche su immobili aziendali o fideiussioni personali, perché l’80% del rischio è già coperto dallo Stato. Può eventualmente chiedere un minimo di garanzia aggiuntiva (es. il restante 20% di rischio) ma molte banche rinunciano anche a quella, o comunque si accontentano di un impegno personale del titolare senza ipoteche.
  • Vantaggi e attenzioni: la PMI ottiene così un normale finanziamento bancario (con tasso di mercato, che comunque grazie alla garanzia tende ad essere più basso rispetto a se fosse scoperto) e non vincola asset personali. Dal lato fiscale e contabile, l’operazione è un prestito a tutti gli effetti, quindi l’impresa deduce gli interessi pagati; non c’è registrazione di debiti verso lo Stato, solo verso la banca, e la presenza della garanzia statale è solo indicata nelle note di bilancio eventualmente. Bisogna ricordare che la garanzia del Fondo è considerata un aiuto di Stato sotto forma di aiuto “de minimis” (salvo alcuni casi di operazioni automatiche in esenzione). Ciò significa che l’impresa deve avere spazio nel proprio massimale di aiuti pubblici (200.000 € in 3 anni, salvo differenti soglie per alcuni settori) per poterla ottenere. In pratica quasi tutte le piccole imprese rientrano, ma va dichiarato l’eventuale cumulo con altri incentivi pubblici fruiti. Dal punto di vista bancario, ottenere un finanziamento garantito e ripagarlo regolarmente migliora lo storico creditizio dell’impresa, favorendo futuri accessi al credito. Viceversa, se anche un prestito garantito viene insolto, la banca attiverà il Fondo per recuperare l’80%, ma segnalerà comunque il default in Centrale Rischi a carico dell’impresa (e dei suoi eventuali garanti personali per la parte scoperta). Quindi la presenza della garanzia pubblica non toglie l’obbligo di rimborsare: un mancato pagamento danneggia comunque la reputazione creditizia dell’azienda e comporterà azioni di recupero sul patrimonio (per il 20% scoperto) e poi dallo Stato per l’80% rimborsato alla banca.

In conclusione, il Fondo PMI è la principale leva per ottenere prestiti “senza garanzie” nel mondo delle PMI tradizionali. Nel 2022 ha garantito decine di miliardi di nuove erogazioni. È uno strumento “ombrello” sotto cui rientrano anche altri programmi (es. Garanzia Giovani per i giovani imprenditori, Garanzia Green per progetti eco, ecc. – in realtà moduli dedicati ma sempre usando la cornice del Fondo Centrale). Va evidenziato che la garanzia statale non è un finanziamento in sé: serve comunque un finanziatore (banca o confidi) disposto a erogare. Pertanto, l’impresa deve presentarsi con un progetto bancabile e la capacità di rimborso. La garanzia rende molte operazioni possibili, ma non è automatica per chiunque – c’è un’istruttoria e un merito creditizio da dimostrare, sebbene con criteri molto più inclusivi rispetto al pretendere garanzie reali.

2. Incentivi Invitalia e finanziamenti agevolati per nuove imprese

Lo Stato italiano, attraverso agenzie dedicate come Invitalia (Agenzia nazionale per lo sviluppo), promuove diversi schemi di finanziamento agevolato rivolti in particolare a nuove imprese, start-up innovative, imprenditoria giovanile e femminile, e sviluppo nel Mezzogiorno. Questi strumenti spesso non richiedono garanzie personali o reali ai beneficiari, in quanto la concessione è basata su fondi pubblici dedicati e sul merito progettuale. Inoltre, hanno condizioni vantaggiose: tassi zero, contributi a fondo perduto, lunghi periodi di rimborso. Eccone i principali (tutti gestiti da Invitalia per conto dei vari Ministeri):

  • “ON – Oltre Nuove Imprese a Tasso Zero”: è l’evoluzione del precedente bando “Nuove Imprese a Tasso Zero”. Si rivolge a micro e piccole imprese composte in maggioranza da giovani 18-35 anni oppure da donne (di qualsiasi età). Possono partecipare sia persone fisiche che intendono costituire una società, sia società già costituite da non oltre 60 mesi. L’incentivo copre progetti d’impresa su tutto il territorio nazionale (settori: produzione di beni, servizi, commercio e turismo) con spese ammissibili fino a €3 milioni. Le agevolazioni consistono in un mix di finanziamento a tasso zero e contributo a fondo perduto, che insieme possono arrivare a coprire fino al 90% del totale investimenti ammissibili. In pratica Invitalia concede un prestito decennale a tasso zero per una quota dell’investimento (es. 50-60%) e un contributo a fondo perduto (non restituibile) per il restante (es. 30-40%), mentre l’impresa deve metterci almeno il 10% con mezzi propri. Non sono richieste garanzie reali su questo finanziamento: l’istruttoria valuta la sostenibilità e la qualità del progetto e dei proponenti. “ON” è attivo dal 19/5/2021 in modalità a sportello e nel 2022-2023 è stato rifinanziato con risorse PNRR e nazionali, includendo anche una riserva per imprese turistiche. Questo strumento è prezioso per i giovani imprenditori senza garanzie: consente di ottenere capitale fino a 2,7 milioni (90% di 3M) senza interessi e senza ipoteche, restituendone solo una parte (il resto è contributo perduto). Va sottolineato che si tratta di un procedimento competitivo: Invitalia valuta business plan, competenze, mercato; non tutte le domande vengono accolte. Ma per chi viene ammesso, il contratto di finanziamento è tra l’impresa e Invitalia (CDP) e non prevede garanzie personali – se non la possibilità che Invitalia chieda fideiussioni sui beni acquistati con il contributo, in caso di inadempienza alle condizioni (p. es. vincolo a non vendere beni finanziati per X anni).
  • “Smart&Start Italia”: incentivo dedicato alle start-up innovative (imprese iscritte nell’apposito registro speciale delle startup innovative) su tutto il territorio nazionale. Finanzia progetti imprenditoriali ad alto contenuto tecnologico e innovativo, con spese tra 100.000 € e 1,5 milioni € circa. L’agevolazione consiste in un finanziamento a tasso zero di durata fino a 10 anni, che copre fino al 80% delle spese ammissibili (elevabile al 90% se la startup è al Sud o se tutti i soci sono under 36 o donne). Inoltre, per le startup del Mezzogiorno, una quota del finanziamento (fino a 30%) viene trasformata in contributo a fondo perduto. In pratica, una startup innovativa al Sud potrebbe ottenere ad esempio il 90% delle spese coperte di cui 60% come prestito da restituire e 30% come contributo a fondo perduto. Anche qui nessuna garanzia: essendo startup spesso senza asset, lo Stato non richiede collaterali; il rimborso è “d’onore” (basato sul successo del progetto). L’istruttoria è severa sugli aspetti tecnologici e di mercato. Smart&Start ha lo scopo di sostenere nuova imprenditorialità innovativa e ha sostenuto migliaia di startup dal 2014 a oggi, specialmente in ambito digital, cleantech, manifattura 4.0. Per una startup innovativa dunque rappresenta un’alternativa o integrazione al venture capital, fornendo capitali senza diluire la proprietà e senza garanzie reali, con il supporto pubblico.
  • “Resto al Sud”: incentivo rivolto ai giovani imprenditori nel Mezzogiorno (regioni del Sud e alcune aree del Centro come zone sismiche) per avviare nuove attività. Originariamente per under 36, è stato ampliato fino ai 55 anni non compiuti. Finanzia iniziative imprenditoriali (produzione di beni, servizi, turismo) con importi massimi di €50.000 per singolo proponente (anche €200.000 se il progetto coinvolge 4 soci). La struttura dell’agevolazione è mista: 50% contributo a fondo perduto e 50% finanziamento bancario a tasso zero (assistito dal Fondo di Garanzia). In sostanza, per un progetto da 100k euro: 50k li eroga Invitalia a fondo perduto, gli altri 50k li eroga una banca convenzionata, ma gli interessi di questo prestito sono coperti da un contributo statale (il giovane non paga interessi) e la banca riceve garanzia statale fino all’80% tramite il Fondo PMI. Non sono richieste garanzie personali ai richiedenti, data la presenza della garanzia pubblica. “Resto al Sud” quindi permette a chi non ha capitali di avviare un’attività nel Sud con metà soldi a fondo perduto e metà rimborsabili in 8 anni circa a tasso zero. Un esempio: un giovane in Campania apre un B&B con 60.000€ di spese ammissibili; otterrà 30.000€ a fondo perduto e un prestito bancario di 30.000€ da restituire in 8 anni senza interessi (Invitalia paga gli interessi alla banca). Nessuna ipoteca: la banca si accontenta della garanzia MCC 80%. Questa misura, lanciata nel 2018, è stata molto popolare e rifinanziata più volte, con l’estensione fino a 55 anni nel 2021. C’è anche una piccola agevolazione aggiuntiva: un contributo di 15.000 € per ditte individuali (o 40.000 € per società) se l’attività va avanti e viene completato il progetto, introdotto nel 2020. Tale bonus è anch’esso a fondo perduto e serve a coprire spese aggiuntive sostenute.
  • Selfiemployment (Nuovo): è un fondo rotativo nazionale (iniziativa inizialmente legata a Garanzia Giovani) che eroga micro-finanziamenti a tasso zero per l’avvio di piccole attività da parte di NEET, donne e disoccupati di lungo periodo. Gestito da Invitalia con la supervisione dell’Ente Nazionale Microcredito, finanzia iniziative con importi ridotti: il “Microcredito” fino a €25.000, il “Microcredito esteso” fino a €35.000, e i “Piccoli prestiti” fino a €50.000. Si tratta di prestiti senza interessi da restituire in 7 anni, che coprono il 100% delle spese ammissibili (investimenti e prime spese di gestione). L’accesso è riservato a categorie svantaggiate: in origine giovani NEET under 30 non occupati, poi esteso a donne inattive e disoccupati senza limiti d’età. Non sono richieste garanzie personali o reali. Prima di presentare domanda, i richiedenti devono aver partecipato a un percorso formativo di accompagnamento all’autoimprenditorialità (“Yes I Start Up” o simili) tramite l’ENM, per aumentare la qualità dei business plan presentati. In pratica Selfiemployment è un microcredito pubblico, complementare al microcredito bancario: copre fasce che spesso non avrebbero accesso neppure al microcredito tradizionale, offrendo importi modesti (es. 15-20k) per aprire una piccola attività artigianale, commerciale o professionale, con restituzione in rate mensili a zero interessi. Anche questo strumento ricade negli aiuti de minimis ma è molto accessibile. Ad esempio, una ragazza 25enne NEET che vuole avviare un’attività di e-commerce può, dopo la formazione, ottenere 20.000€ da Selfiemployment, restituendoli in 7 anni (circa 238€ al mese) senza alcun interesse e senza dover dare garanzie. Nota: l’edizione “Nuovo Selfiemployment” aperta nel 2021 aveva scadenza a fine 2023 per l’utilizzo dei fondi PON, ma ci si attende la prosecuzione con nuove risorse (PNRR inclusi). Nel 2024 il target è stato ulteriormente ampliato includendo ad esempio percettori di NASpI.
  • Altri incentivi nazionali degni di nota:
    • Fondo Impresa Donna: lanciato nel 2022, sostiene l’imprenditoria femminile con contributi e finanziamenti agevolati fino a €400.000 per nuove imprese in rosa (anche qui mix fondo perduto + finanziamento 0%, senza garanzie personali).
    • Nuova Sabatini: agevolazione per l’acquisto di beni strumentali nuovi (macchinari, attrezzature) da parte di PMI. Qui l’impresa ottiene un normale finanziamento bancario (spesso garantito dal Fondo PMI) e lo Stato le rimborsa una parte degli interessi sotto forma di contributo in conto impianti. Non elimina la garanzia, ma in combinazione col Fondo PMI consente investimenti anche senza ipoteche, riducendo il costo degli interessi.
    • Credito d’imposta beni strumentali (Transizione 4.0): non è un finanziamento ma un bonus fiscale che di fatto può generare liquidità (le imprese possono cedere il credito o usarlo in F24 in compensazione) per investimenti in macchinari e software. Non richiede garanzie e si affianca ai finanziamenti tradizionali come supporto.
    • Prestito d’onore regionale: in alcune regioni (es. Sardegna, Puglia) esistono bandi per l’autoimpiego simili ai vecchi “prestiti d’onore” nazionali, che offrono piccoli importi a tasso agevolato/perduto a disoccupati che avviano microimprese, senza chiedere garanzie (spesso perché l’importo è in gran parte a fondo perduto).

Gli incentivi gestiti da Invitalia sopra elencati rappresentano opportunità molto vantaggiose per chi vuole avviare o far crescere un’attività imprenditoriale e non dispone di garanzie né grandi capitali. Il rovescio della medaglia è che le procedure di accesso sono complesse e selettive: occorre presentare progetti dettagliati, attendere valutazioni (possono volerci alcuni mesi per l’esito), e poi rispettare vincoli (rendicontare le spese, mantenere l’attività attiva per un certo periodo, ecc.). In caso di non rispetto delle condizioni, le agevolazioni possono essere revocate. Tuttavia, una volta ammessi, i benefici sono notevoli: capitale quasi gratuito e rischio personale limitato al solo dover restituire la parte di finanziamento ricevuta, senza ipotecare beni.

N.B.: Questi strumenti Invitalia sono cumulabili con il Fondo di Garanzia PMI? In genere no, nel senso che il finanziamento è erogato direttamente da Invitalia (o banca convenzionata con garanzia statale integrata nel programma stesso). Ma nulla vieta che, ad esempio, un’impresa beneficiaria di Smart&Start chieda ulteriori finanziamenti bancari garantiti dal Fondo PMI per cofinanziare investimenti non coperti dall’incentivo.

3. Strumenti regionali di microcredito e finanziamenti senza garanzie

Molte Regioni italiane hanno istituito propri fondi di microfinanza o schemi agevolativi locali per sostenere la creazione e lo sviluppo di microimprese sul territorio. Questi interventi, cofinanziati spesso da fondi europei (FSE, FESR), presentano generalmente condizioni simili al microcredito nazionale: piccoli importi, tassi agevolati o zero, e soprattutto assenza di richiesta di garanzie reali ai beneficiari. Alcuni esempi:

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  • La Regione Lazio già dal 2006 (L.R. 10/2006) ha creato un Fondo regionale per il microcredito e la microfinanza, poi evoluto, per concedere prestiti a microimprese e partite IVA in difficoltà di accesso al credito. Di recente attivazione è Fare Lazio – Fondo Futuro, che offre microprestiti fino a ~€25.000 a tasso zero a nuove imprese o imprese giovanili, con priorità per disoccupati e precari, senza garanzie. Lazio ha anche varato misure di microcredito per la re-immissione nel lavoro di persone svantaggiate e un microcredito sociale per famiglie in condizioni critiche. Tutti questi schemi regionali prevedono bandi a sportello con risorse limitate e gestione tramite entità come Artigiancassa o cooperative locali.
  • La Regione Puglia ha avuto un attivissimo Fondo Microcredito d’Impresa (finanziato da POR FSE): microprestiti fino a €30.000 a tasso zero per ditte individuali e società con difficoltà di accesso al credito bancario, destinato a investimenti e circolante. Anche qui nessuna garanzia richiesta. Decine di milioni sono stati erogati a centinaia di microimprese. Inoltre, la Puglia ha lanciato negli anni scorsi il bando N.I.D.I. (Nuove iniziative d’impresa) per disoccupati che aprono microimprese, offrendo un mix di contributo a fondo perduto e prestito rimborsabile a tasso agevolato, senza garanzie, in importi di 50-100k €.
  • La Regione Sardegna gestisce tramite Sfirs (finanziaria regionale) vari fondi: ad esempio il Fondo Microcredito FSE che ha erogato prestiti a tasso zero fino a €25.000 a nuove imprese di giovani, donne, over 50, senza garanzie; oppure il Fondo competitività che prevede co-finanziamenti agevolati per PMI.
  • In Campania esiste un Fondo Microcredito FSE simile, e recentemente iniziative per il microcredito alle imprese artigiane e commerciali colpite dalla pandemia.
  • L’Umbria con L.R. 4/2011 art. 7 ha istituito un fondo per microcredito alle imprese, e l’Emilia-Romagna con L.R. 23/2015 art. 6 un fondo rotativo per credito alle piccole imprese.

In generale, quasi tutte le regioni del Sud e diverse del Centro-Nord hanno previsto misure di microcredito o fondi rotativi per piccole imprese, spesso attuate tramite organismi come società finanziarie regionali o cooperative di garanzia. La costante è: importi contenuti (di solito 5k – 50k euro), tassi molto bassi o nulli, obiettivo di inclusione (quindi target su chi è escluso dal credito ordinario), e garanzie personali non richieste. La copertura del rischio è data dal fondo pubblico stesso che sopporta eventuali insolvenze (essendo rotativo, i rimborsi alimentano nuovi prestiti).

Per trovare queste opportunità, l’imprenditore o aspirante tale deve monitorare i siti istituzionali regionali (o i portali dedicati tipo “Fare Lazio”, “Sistema Puglia”, etc.) e i bandi aperti. Spesso sono a sportello con scadenza o fino esaurimento fondi. L’istruttoria di solito è semplificata rispetto a un finanziamento bancario, ma c’è comunque la valutazione di un business plan e talvolta un colloquio. I tempi di erogazione possono essere lunghi (anche diversi mesi dal bando all’erogazione effettiva). Inoltre, essendo fondi pubblici, vincolano a utilizzare i soldi esattamente per le spese dichiarate e a presentare rendiconti e documenti giustificativi.

4. Confidi e garanzie mutualistiche

I Confidi (consorzi di garanzia collettiva dei fidi) sono organismi – tipicamente promossi da associazioni di categoria, camere di commercio o aggregazioni di PMI – che hanno lo scopo di facilitare l’accesso al credito ai propri soci attraverso la concessione di garanzie mutualistiche. Pur non erogando direttamente finanziamenti (salvo alcuni confidi maggiori che sono intermediari finanziari vigilati e possono anche prestare denaro), il loro ruolo è cruciale per imprese che non hanno garanzie da offrire: il confidi fa da garante verso la banca, riducendo il rischio dell’operazione, spesso senza richiedere contro-garanzie reali al socio.

Aspetti principali dei confidi:

  • Struttura giuridica e vigilanza: i confidi possono essere di diverse dimensioni. I più piccoli operano in forma cooperativa o consortile e sono iscritti in un elenco ex art. 112 TUB (confidi minori, non vigilati da Banca d’Italia). Quelli più grandi (con volume di attività significativo) devono iscriversi come intermediari finanziari ex art. 106 TUB e sono vigilati da Banca d’Italia. A prescindere dalla vigilanza, tutti hanno come oggetto sociale principale il rilascio di fideiussioni e garanzie alle banche per conto delle imprese associate. Spesso operano su base territoriale (regionale) o settoriale (es. confidi artigiani, confidi commercianti, confidi agricoli, ecc.).
  • Funzionamento della garanzia confidi: un’impresa che necessita di un finanziamento ma non ha garanzie sufficienti può rivolgersi al confidi di riferimento del suo settore/territorio. Diventando socio (il che comporta in genere una piccola quota sociale e talvolta un fondo rischi da versare), l’impresa può richiedere al confidi di garantire un prestito presso una banca convenzionata. Il confidi valuta il merito di credito del socio (spesso con maggiore conoscenza diretta rispetto a una banca) e, se approva, rilascia una garanzia per una percentuale del finanziamento (tipicamente 50-80%). A quel punto la banca eroga il prestito sapendo di poter escutere il confidi in caso di insolvenza per la parte garantita. Il confidi di solito non chiede garanzie reali all’impresa, poiché la logica è mutualistica: il rischio è coperto dal fondo consortile alimentato dai contributi dei soci e spesso da fondi pubblici. Può essere richiesta al massimo una controgaranzia personale del titolare per parte del rischio, ma spesso non è sostanziale.
  • Vantaggi per l’impresa: grazie al confidi, l’impresa può ottenere un finanziamento che da sola non avrebbe ottenuto per mancanza di garanzie. Inoltre, i confidi sfruttano convenzioni con le banche per ottenere tassi di interesse più bassi ai loro soci garantiti, rispetto a ciò che la banca applicherebbe senza garanzia. Quindi il confidi abbassa sia la barriera di accesso sia il costo del credito. L’impresa paga al confidi una commissione (una tantum o annuale) per la garanzia, ma spesso questa è calmierata da contributi pubblici (alcune regioni stanziano fondi per abbattere il costo delle commissioni di garanzia). In molti casi, poi, il confidi si raccorda con il Fondo Centrale di Garanzia: richiede a sua volta la controgaranzia statale sull’operazione, ottenendo copertura fino all’80% dell’importo garantito. Così facendo, il rischio residuo per il confidi si riduce e può ampliare la capacità di garantire più soci. Questo triplice schema (impresa – confidi – fondo statale) è molto diffuso: di fatto la PMI ottiene un prestito con doppio livello di garanzia e comunque non ha dovuto presentare garanzie reali proprie.
  • Esempio: un artigiano edile chiede 50.000€ per acquistare un furgone e attrezzature. Non ha immobili da dare in garanzia. Si rivolge al confidi Artigiani locale, che approva la richiesta e garantisce il 50% del prestito. La banca eroga 50k euro sapendo di avere 25k garantiti dal confidi. Il confidi a sua volta ottiene dal Fondo PMI una controgaranzia dell’80% su quei 25k (cioè 20k). Quindi l’esposizione finale dei soggetti è: banca rischia 50% (25k), confidi rischia 20% (5k), Stato rischia 30% (20k). L’artigiano paga gli interessi su 50k magari a tasso agevolato e una commissione al confidi, ma non ha impegnato beni personali. Se rimborsa puntuale, dopo 5 anni rientra tutto; se defaulta, confidi e Stato intervengono per rimborsare la banca pro-quota, poi il confidi si rivarrà sull’artigiano per la parte pagata (eventualmente attivando procedure come un normale creditore, ma senza pegno specifico).
  • Importanza per i protestati o segnalati: i confidi spesso svolgono anche un ruolo di tutoraggio finanziario. Possono aiutare un imprenditore con problemi di rating a riqualificarsi: se il progetto è valido, il confidi può decidere di accordare fiducia anche a un soggetto “protestato” purché abbia fatto un percorso di regolarizzazione (ad es. ottenuta la riabilitazione dal protesto, vedasi oltre). L’appoggio di un confidi dà un segnale positivo alla banca, poiché indica che un ente collettivo di settore crede nell’affidabilità del soggetto. Inoltre, diversi confidi hanno attivato sezioni specifiche antiusura, finanziate dal MEF, per garantire soggetti a rischio usura (di cui parleremo a breve).
  • Normativa di supporto: lo Stato riconosce il ruolo dei confidi e li sostiene con varie misure: contributi pubblici ai fondi rischi (es. ex art. 13 DL 269/2003 convertito in L. 326/2003), agevolazioni fiscali (le commissioni di garanzia spesso sono esenti da IVA, considerandole funzionali a finanziamenti agevolati), possibilità di accesso preferenziale al Fondo PMI (il confidi può chiedere la controgaranzia statale con priorità). Anche a livello regionale spesso ci sono leggi per finanziare i confidi locali e abbattere i costi per le imprese. Dal 2020 in poi, con la pandemia, molti confidi hanno gestito fondi regionali di emergenza per prestiti fino a 30k a tasso zero garantiti da loro, proprio per sostenere microimprese senza garanzie in crisi di liquidità.

In sintesi, i confidi rappresentano il “sistema mutualistico” che permette alle PMI di presentarsi più solide agli occhi delle banche. Pur non fornendo denaro diretto (salvo casi), mettono la firma per l’impresa, sfruttando la forza del gruppo e l’aiuto pubblico. Per un imprenditore privo di garanzie reali, associarsi a un confidi può essere una strategia vincente: significa avere un alleato che parla il linguaggio delle banche e che, in cambio di una piccola commissione e dell’impegno associativo, si accolla gran parte del rischio. Il confidi inoltre spesso offre consulenza finanziaria: aiuta a predisporre la richiesta di fido, a migliorare il rating, a scegliere il prodotto bancario più adatto (mutuo, leasing, anticipo fatture, ecc.). Questo aspetto consulenziale è prezioso specie per microimprese meno strutturate.

Va osservato che i confidi tendono a preferire imprese con una minima capacità di rimborso dimostrabile – non supportano situazioni disperate, perché devono comunque tutelare il proprio fondo e gli altri soci. Però, come detto, tramite i fondi antiusura (vedi oltre) alcuni confidi abilitati aiutano anche soggetti molto indebitati ma meritevoli di risanamento, con garanzie speciali statali.

5. Fondi antiusura (finanziamenti per soggetti indebitati)

Quando un imprenditore o una persona si trova in grave difficoltà debitoria e rischia di non poter accedere a nessuna forma di credito regolare – magari venendo tentato dal ricorso a usurai – interviene un particolare strumento pubblico previsto dalla Legge 108/1996 (legge antiusura). Si tratta del Fondo di prevenzione dell’usura, gestito dal Ministero dell’Economia tramite enti convenzionati (principalmente confidi e fondazioni antiusura di ispirazione associativa o religiosa). Questo fondo non eroga denaro direttamente alla persona indebitata, ma concede garanzie pubbliche (fino all’80%) su nuovi finanziamenti bancari concessi a soggetti a rischio usura. In parole semplici: è un meccanismo simile al Fondo PMI, ma finalizzato esclusivamente a chi è già sovraindebitato e ha bisogno di un prestito per uscirne, prevenendo il ricorso a prestiti illegali.

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Caratteristiche essenziali:

  • Destinatari: vi sono due sezioni nel Fondo: una per i piccoli imprenditori (inclusi commercianti, artigiani, agricoltori, professionisti) e una per i consumatori privati. In entrambi i casi, il requisito è trovarsi in condizioni di temporanea difficoltà finanziaria tali da rendere problematico l’accesso al credito normale, con concreto rischio di cadere vittima di usura. Tipicamente rientrano soggetti protestati, pignorati, con esposizioni debitorie fortemente deteriorate ma ancora recuperabili con un aiuto. Esempio: un negoziante protestato per alcune cambiali non pagate, che ha debiti con fornitori e qualche arretrato di mutuo, potrebbe rivolgersi al fondo antiusura per ottenere una garanzia su un nuovo prestito che gli consenta di pagare i debiti e rilanciare l’attività.
  • Operatività tramite enti convenzionati: l’imprenditore in difficoltà non va direttamente dal Ministero, ma si rivolge a uno degli enti convenzionati. Questi enti sono per lo più: Confidi con sezione antiusura, e Fondazioni/associazioni antiusura (spesso legate a Caritas diocesane, associazioni consumatori, fondazioni bancarie con finalità sociali). Ad esempio, la Fondazione San Giuseppe Moscati a Napoli o la Fondazione Welfare Ambrosiano a Milano operano in questo campo. L’ente valuta approfonditamente la situazione del richiedente: verifica l’entità dei debiti, le cause (devono essere cause non colpose, ad es. crisi economica, malattia, fatture insolute, e non sprechi voluttuari), e soprattutto la meritevolezza e capacità di ripresa. Se ritiene che con un prestito “di sollievo” la persona possa risollevarsi e ripagare, istruisce la domanda di garanzia al MEF.
  • Prestito antiusura: L’ente convenzionato individua anche una banca disponibile a concedere il nuovo prestito di consolidamento (spesso Banche di Credito Cooperativo o banche etiche locali collaborano a queste iniziative). Il Fondo antiusura può garantire fino al 80% di questo finanziamento, per importi solitamente contenuti (in media 20-30.000 €, talvolta fino a 50.000€). La banca, grazie alla garanzia statale, eroga il prestito nonostante il cliente sia protestato o cattivo pagatore. L’importo erogato viene in genere utilizzato per pagare i debiti urgenti del beneficiario (il fondo richiede trasparenza su come verrà impiegato). Dopodiché il beneficiario rimborserà il nuovo prestito alla banca in rate compatibili col suo reddito, sollevato dal peso dei debiti precedenti. Importante: i tassi d’interesse su questi prestiti antiusura sono calmierati, proprio per facilitarne il rimborso – spesso dell’ordine del 2-3% annuo, molto inferiori a quelli di mercato per un soggetto del genere (che altrimenti sarebbero esorbitanti o nemmeno ottenibili).
  • Nessuna garanzia richiesta al debitore: per definizione, il soggetto in queste condizioni non ha garanzie da offrire. Il prestito antiusura infatti è non garantito (o talvolta il fondo chiede al beneficiario un semplice impegno morale, o la firma di un congiunto come coobbligato morale, ma nulla di patrimoniale). Il rischio è coperto dall’80% statale e per il 20% dalla banca (che accetta per ragioni di responsabilità sociale e grazie alla partnership con l’ente).
  • Esempio reale: un caso riportato: un ex artigiano edile ultrasessantenne, travolto dai debiti e protestato, ha ottenuto da un confidi antiusura un prestito di €20.000 garantito al 80% dal fondo, con cui ha pagato piccoli debiti verso fornitori e evitato lo sfratto. Il tribunale competente ha poi omologato anche una procedura di esdebitazione per liberarlo dai debiti residui non coperti (vedi sezione successiva sulla composizione crisi). Questo gli ha permesso di ripartire senza fardelli. I giudici, come in questo caso del Tribunale di Napoli Nord 2021, confermano anche che i debiti annullati tramite la procedura di sovraindebitamento non costituiscono reddito imponibile per la persona, coerentemente con il Codice della crisi (D.Lgs. 14/2019). Ciò evita l’assurdo di dover pagare tasse su somme mai incassate ma solo condonate.
  • Tempi e iter: non è un intervento rapido: la valutazione dell’ente antiusura è accurata e richiede documentazione su tutti i debiti, bilanci, spese familiari, etc. Spesso viene richiesto al richiedente di farsi aiutare da un OCC (Organismo di Composizione della Crisi) o da un professionista per avere un quadro completo. Se si arriva all’erogazione, è fondamentale che il beneficiario mantenga i pagamenti puntuali sul nuovo prestito: un default su di esso renderebbe vano lo sforzo (e il Fondo antiusura potrebbe poi agire per recuperare, ma soprattutto si riaprirebbe la crisi).

In conclusione, il Fondo antiusura rappresenta una ancora di salvezza legale per chi, imprenditore o privato, è stretto dai debiti e si trova tagliato fuori dal credito regolare. L’approccio è “dare un’ultima chance”, con soldi puliti e sostenibili, per evitare che il disperato cada nelle mani dell’usuraio. Non è un diritto automatico, ma un beneficio concesso dopo attenta analisi caso per caso. I numeri su base nazionale sono limitati (qualche centinaio di interventi l’anno), ma per i singoli salvati l’impatto è enorme. Dal punto di vista dell’imprenditore protestato che ottiene tale aiuto, c’è anche un effetto reputazionale positivo: dimostra di voler regolarizzare la sua posizione attraverso strumenti legali, il che in futuro (dopo aver pagato) potrà aiutarlo a riacquisire credibilità.

Nota bene: il fondo antiusura non va confuso con i Fondi di solidarietà per le vittime di usura o estorsione (L. 44/1999), che prevedono contributi a fondo perduto a chi ha effettivamente subito usura o racket. Qui parliamo invece di prevenzione, cioè aiutare chi potrebbe cadere vittima prima che accada.

6. Banche “etiche” e finanziamenti alternativi (P2P lending)

Oltre ai canali pubblici e mutualistici, esistono operatori bancari e finanziari che adottano approcci orientati all’inclusione e potrebbero concedere prestiti senza garanzie anche quando le banche tradizionali non lo farebbero. Tra questi:

  • Banche etiche e cooperative: la principale in Italia è Banca Etica (Banca Popolare Etica), istituto che si ispira ai principi della finanza etica. Banca Etica valuta i finanziamenti non solo sul merito creditizio standard, ma anche sull’impatto sociale e ambientale dei progetti. Spesso concede microfinanziamenti a imprese sociali, cooperative, start-up innovative dal forte impatto sociale, anche in assenza di solide garanzie, facendo leva sulla fiducia nel progetto e su eventuali garanzie di rete (es. consorzi, fondazioni che supportano l’iniziativa). Ha collaborazioni con l’Ente Microcredito e con Caritas per microcredito sociale. Pur essendo una banca, quindi soggetta a Basilea e a criteri prudenziali, Banca Etica riesce a bilanciare rischio e missione sociale ad esempio chiedendo garanzie personali minime e talvolta avvalendosi del Fondo di Garanzia o di fondi di riassicurazione dedicati. Un esempio: microprestiti “Permicro” (in partnership con PerMicro, vedi oltre) a migranti che avviano piccole attività, senza garanzie, basati sulla valutazione personalistica. O anche crediti a cooperative di tipo B con pochi asset ma alto impatto, garantiti dal rapporto con consorzi.
  • MAG (Mutue di AutoGestione): sono cooperative finanziarie solidali presenti in alcune città (Mag Venezia, Mag2 Finance a Milano, Mag6 a Reggio Emilia, ecc.). Raccolgono capitale dai soci e lo ridistribuiscono sotto forma di prestiti a progetti di economia solidale, cooperative sociali, iniziative culturali locali. Operano al di fuori del sistema bancario tradizionale (soglie di operatività ridotte li esentano dalla vigilanza stringente) e praticano tassi molto bassi. Le Mag tipicamente non chiedono garanzie reali: basano la concessione sul rapporto di fiducia con i soci e su un’analisi collettiva del progetto. I prestiti delle MAG spesso sono a condizioni friendly (rate flessibili, tasso simbolico vicino all’inflazione). Ad esempio, MAG6 a Reggio ha finanziato cooperative agricole start-up con prestiti di 20-30k senza garanzie, sostenendole con accompagnamento e coinvolgendo la comunità dei soci come “garanti morali”. Queste realtà incarnano la finanza mutualistica citata anche nella normativa microcredito (art. 111 prevede per esse deroghe su importi e durata).
  • Società di microfinanza specializzate (Microcredit provider): tra i più noti c’è PerMicro, un intermediario finanziario nato appositamente per il microcredito in Italia. PerMicro eroga microcrediti fino a ~25-30k sia a microimprese che a famiglie (microcredito sociale). Opera con metodologia simile a quella del microcredito classico: niente garanzie reali, valutazione della persona e del progetto, affiancamento di tutor. Spesso PerMicro collabora con enti locali e fondazioni (ad es. con Fondazione CRT a Torino, ecc.) per raggiungere categorie svantaggiate. Un’altra realtà è Microcredito di Solidarietà (socio fondatori Banca MPS, Arcidiocesi di Siena, etc.), che in Toscana concede piccoli prestiti a soggetti a rischio esclusione, in partnership con istituti di credito ma senza garanzie reali, grazie a un fondo rischi della fondazione stessa.
  • Social lending / Peer-to-peer lending: le piattaforme online di prestito tra privati (P2P) e di crowdlending per PMI rappresentano un’alternativa emergente. In questi modelli, l’azienda o individuo riceve un prestito da una moltitudine di investitori privati tramite una piattaforma, senza passare da una banca tradizionale. Piattaforme italiane come Borsa del Credito (ora Credimi for Business), Prestacap, October, o internazionale come Kiva (per microprestiti sociali) permettono di ottenere fondi senza garanzie reali (talvolta richiedono una garanzia personale dell’imprenditore, ma non sempre). Il tasso dipende dal rating assegnato dalla piattaforma. Se un’azienda ha una buona reputazione e progetto, può raccogliere ad esempio 50.000€ da centinaia di investitori privati in pochi giorni. Tuttavia, per soggetti protestati o con cattivo merito, anche queste piattaforme sono riluttanti: i prestatori privati cercano comunque un rendimento e i cattivi pagatori vengono esclusi. Esistono però portali di “social lending” solidale: Prestito della Speranza (promosso da CEI e Banca Prossima) fu un esempio in cui privati depositavano fondi che venivano prestati a famiglie in difficoltà tramite banche convenzionate, con garanzia di un fondo della CEI. In generale, il fintech lending può ridurre qualche barriera burocratica, ma non regala soldi: serve sempre dimostrare capacità di rimborso. Non di rado, le PMI che raccolgono tramite crowdlending sono comunque valutate su bilanci e credit score.
  • Crowdfunding e equity crowdfunding: qui esuliamo dal tema prestiti/garanzie, ma vale citarlo come modalità di finanziamento alternativa in senso lato. Se un’impresa start-up non ha garanzie e non vuole indebitarsi, può raccogliere capitale tramite equity crowdfunding (vendendo quote a investitori online). Non è debito, quindi non serve garanzia, ma si diluisce la proprietà. È un’altra strada che bypassa il sistema bancario tradizionale.

In conclusione, le realtà “alternative” come banche etiche, cooperative finanziarie e piattaforme P2P possono offrire opportunità di finanziamento senza garanzie aggiuntive, soprattutto quando c’è una forte motivazione sociale o un modello di business innovativo dietro. Per un imprenditore, vale la pena esplorare questi canali in parallelo a quelli pubblici: a volte il supporto di una banca etica o di una fondazione può colmare quel gap che le banche commerciali lasciano. Bisogna comunque essere prudenti: rivolgersi al parallelo non significa trovare soldi facili, e attenzione a evitare sedicenti finanziarie non autorizzate che promettono prestiti senza garanzie (spesso anticipano richieste di commissioni e poi spariscono – dietro potrebbe nascondersi un tentativo di truffa).

Implicazioni fiscali e bancarie dei finanziamenti senza garanzie

In questa sezione analizzeremo alcuni effetti e considerazioni fiscali (ossia sul piano tributario-contabile) e bancari/creditizi connessi all’utilizzo degli strumenti di finanziamento agevolato e senza garanzie fin qui descritti. Pur essendo soluzioni vantaggiose, comportano infatti specificità da tenere presenti: dalla deducibilità degli interessi ai riflessi sulle segnalazioni creditizie, fino al trattamento fiscale di contributi e garanzie pubbliche.

Aspetti fiscali dei finanziamenti agevolati

Dal punto di vista fiscale, un finanziamento (anche agevolato o garantito dallo Stato) è pur sempre un debito contratto dall’impresa, i cui interessi passivi e oneri accessori seguono le regole generali di deducibilità previste dal TUIR (Testo Unico Imposte sui Redditi). Ci sono però alcune particolarità:

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

  • Deducibilità degli interessi passivi: per le società di capitali (Srl, Spa) gli interessi passivi sono deducibili solo entro il limite del 30% del risultato operativo lordo (ROL) dell’esercizio, secondo l’art. 96 TUIR. Questo vale per tutti i prestiti, inclusi quelli agevolati. Ciò significa che se un’azienda ha bassi margini operativi, parte degli interessi potrebbe non essere dedotta nell’anno ma riportata a nuovo. Tuttavia, dato che molti microfinanziamenti hanno interessi contenuti o addirittura zero, questo spesso non è un problema rilevante. Per imprese individuali e società di persone, gli interessi relativi all’attività sono deducibili integralmente se inerenti (con alcune eccezioni per imprese in contabilità semplificata). Nota: se il finanziamento è destinato all’acquisto di beni strumentali capitalizzabili, gli interessi possono anche essere capitalizzati sul cespite (art. 110 TUIR) o dedotti secondo piani di ammortamento.
  • Contributi a fondo perduto e in conto interessi: molti strumenti agevolati prevedono una componente di contributo pubblico (fondo perduto) oppure un contributo in conto interessi che di fatto riduce il tasso pagato (come in Resto al Sud, Nuova Sabatini, ecc.). Fiscalmente, bisogna distinguere la natura del contributo: se è erogato “in conto capitale” (cioè a sostegno di investimenti, per incrementare il patrimonio), è generalmente esente da imposta sui redditi. Ad esempio, il contributo a fondo perduto di “Resto al Sud” è stato esentato da tassazione IRPEF/IRES in virtù di una specifica norma (art. 245 DL 34/2020) confermata dall’Agenzia Entrate. Dunque, l’imprenditore non deve dichiararlo come ricavo imponibile. Analogamente, i contributi a fondo perduto da Invitalia (tasso zero, Smart&Start) sono in genere trattati come conto impianti e non concorrono al reddito d’impresa (vengono semmai portati a riduzione del costo dei beni acquistati o iscritti a patrimonio netto). Se invece un contributo fosse “in conto esercizio” (a sostegno di costi gestionali), sarebbe imponibile come sopravvenienza attiva, ma la maggior parte di quelli citati rientrano in conto capitale. In regime forfettario, per completezza, i contributi pubblici vanno indicati separatamente ma anch’essi possono essere esclusi dal calcolo forfettario se espressamente detassati per legge (ad esempio quelli Covid lo erano).
  • Rimborso di interessi da parte dello Stato: se l’agevolazione consiste nel fatto che la PA paga gli interessi al posto dell’impresa (esempio: prestito Resto al Sud dove Invitalia rimborsa interessi alla banca, o contributo Nuova Sabatini che copre parte interessi), l’impresa di fatto non sostiene quel costo e quindi nulla deduce. Non c’è impatto reddituale per l’impresa se non l’assenza del costo. Diverso il caso in cui l’impresa paghi gli interessi e poi riceva un rimborso: in quel caso contabilmente deduce gli interessi come costo e iscrive il contributo interessi come ricavo. Molto spesso però tali meccanismi sono strutturati in modo che l’impresa paghi direttamente un tasso ridotto (già al netto del contributo).
  • Imposta sostitutiva su finanziamenti: i finanziamenti a medio-lungo termine (oltre 18 mesi) in Italia scontano un’imposta sostitutiva dello 0,25% (in luogo di imposta di registro, bollo, ipotecarie) se concessi a imprese, oppure del 2% se concessi a persone fisiche per scopi diversi dall’acquisto prima casa. Tuttavia, molti prestiti agevolati pubblici sono esentati da imposte (lo stabiliscono i bandi stessi): ad esempio i contratti Invitalia spesso sono esenti da imposta di bollo e registro. Anche il microcredito art. 111 TUB, se erogato da operatori non bancari, potrebbe non rientrare nell’ambito applicativo dell’imposta sostitutiva; se erogato da banca, in genere lo 0,25% si applica. Quindi su 25.000€ si pagherebbero 62,50€ di imposta sostitutiva. È un onere modesto, ma da considerare. Va in ogni caso nella voce costi finanziari deducibili.
  • Spese di istruttoria e garanzia: le commissioni pagate (ad es. al confidi per la garanzia mutualistica, o al fondo di prevenzione usura se fosse previsto un contributo spese) sono costi deducibili di esercizio, trattandosi di oneri per ottenere il finanziamento. Se capitalizzati (nel caso di mutuo per investimento, si potrebbe teoricamente includere nei costi pluriennali) comunque in genere si deducono per competenza. Nel microcredito spesso non ci sono istruttorie onerose per il cliente, ma se ci fossero (es: 1% di commissione al micro-operatore) va dedotto.
  • IVA e altri tributi: gli interessi sui prestiti sono esenti IVA, così come le commissioni di garanzia finanziaria. Dunque l’impresa non detrae IVA (perché non c’è) ma nemmeno la paga. Un effetto collaterale: se un confidi chiede un diritto di adesione o quote sociali, quelle non sono deducibili se configurate come partecipazione societaria; mentre il compenso per garanzia sì. Le spese notarili per finanziamenti (se ci sono, es. in mutui ipotecari) sono deducibili anch’esse se inerenti all’attività.
  • Trattamento fiscale delle insolvenze e remissioni: un tema importante per chi è in difficoltà. Se un debito viene cancellato o ridotto (ad esempio tramite accordo di ristrutturazione o procedura di sovraindebitamento), per le imprese in contabilità ordinaria ciò genera tipicamente una sopravvenienza attiva tassabile, salvo che la remissione avvenga in concordato preventivo o accordo di ristrutturazione ex art. 88 comma 4 ter TUIR. Quindi una società di capitali che ottiene dagli istituti uno stralcio dei debiti deve di norma considerarlo a imponibile (salvo utilizzare il citato art. 88 in una procedura concorsuale omologata che lo esenti). Per le persone fisiche e ditte individuali, invece, il Codice della Crisi d’Impresa e Insolvenza (D.Lgs. 14/2019) ha previsto espressamente che gli effetti dell’esdebitazione (cancellazione dei debiti residui per il debitore incapiente) non costituiscono reddito imponibile. Ciò evita che una persona già nullatenente si veda recapitare cartelle fiscali su somme di cui è stato liberato legalmente. Ad esempio, se Tizio ottiene dal giudice la cancellazione di €50.000 di debiti personali, non dovrà pagare IRPEF su 50.000 come se fossero reddito. Questa norma, confermata dalla Cassazione e dall’Agenzia delle Entrate in vari documenti, è fondamentale per dare effettivo sollievo al sovraindebitato. Ovviamente ciò vale per persone fisiche fuori dall’attività d’impresa; per una società di persone sarebbe reddito pro-quota per i soci, a meno di procedure concorsuali.

In sintesi, fiscalmente il finanziamento agevolato “senza garanzie” ha impatto abbastanza standard: interessi deducibili nei limiti, contributi pubblici spesso esenti, costi di garanzia deducibili. L’impresa deve comunque contabilizzare tutto correttamente: anche se entra liquidità da un prestito, non è fatturato, ma debito; se entra un contributo, va a patrimonio o a ricavi esenti; se riceve una garanzia gratuita, non la iscrive a bilancio (al limite si può indicare in nota integrativa come impegno fuori bilancio). Ai fini IRAP, gli interessi passivi sono deducibili per cassa (per i soggetti “IRI” come industriali) e i contributi in conto esercizio rilevano come variazione.

Aspetti bancari e di credit score (centrali rischi)

Quando si accede a finanziamenti senza garanzie, è importante considerare come questi vengano comunque registrati e valutati nel sistema creditizio. Alcune implicazioni per il merito creditizio e le segnalazioni:

  • Segnalazione in Centrale Rischi (CR) Banca d’Italia: la Centrale Rischi gestita da Bankitalia registra le esposizioni creditizie di importo significativo verso il sistema bancario. Attualmente (dal 2020) le soglie di segnalazione sono: oltre €30.000 di accordato per esposizioni in bonis, e oltre €250 di sofferenza per crediti deteriorati. Un microcredito o prestito agevolato concesso da una banca per, ad esempio, 25.000€, non comparirà in Centrale Rischi (perché sotto 30k, se non ci sono altre esposizioni cumulate). Questo può essere positivo in quanto non “appesantisce” la visibilità creditizia del cliente presso le altre banche. Tuttavia, sarà quasi certamente segnalato nelle centrali rischi private (CRIF, Experian, Cerved): queste infatti raccolgono dati anche su prestiti di piccolo importo. Quindi, pur non essendo visibile in CR Bankitalia, un microcredito da 25k apparirà in CRIF come finanziamento rateale, con il dettaglio delle rate e eventuali ritardi. Se l’importo è sopra 30k (ora col nuovo limite 75k capita), allora comparirà pure nella CR pubblica, con la dicitura dell’istituto erogante e garanzie connesse. Nota: anche se la banca non richiede garanzie reali, può indicare se c’è una garanzia pubblica (es. “garantito da MCC 80%”).
  • Impatto sul credit scoring: il fatto di ottenere un finanziamento senza garanzie può essere letto in due modi dalle altre banche: positivamente, nel senso che se ad esempio Invitalia o un confidi ha creduto in te, ciò avvalora la tua affidabilità; oppure negativamente, nel senso che i tuoi importi finanziati e la tua leva aumentano. In generale, se il finanziamento viene rimborsato regolarmente, migliora la tua storia creditizia. Ad esempio, un microimprenditore che ripaga puntualmente un microcredito di €20.000 per 5 anni, costruisce un track record che prima non aveva (magari perché era nuovo e nessuno gli dava fiducia). Ciò potrà agevolarlo quando chiederà un importo maggiore a una banca: anche se non aveva garanzie, ha dimostrato affidabilità. Viceversa, se accumula ritardi o peggio sofferenze su un prestito agevolato, avrà un effetto molto negativo: i sistemi di scoring delle banche penalizzano molto chi ha disatteso un’opportunità agevolata (in un’ottica se non paghi un 0%, figuriamoci un 5%…).
  • Centrali rischi e protesti pregressi: un tema cardine è la riabilitazione di chi era segnalato male in passato. Se un soggetto aveva subìto un protesto (assegno o cambiale non pagata), viene iscritto nel Registro Informatico Protesti tenuto dalle Camere di Commercio, e di riflesso appare nei report creditizi. Tuttavia, dopo 1 anno dal levato protesto, se ha saldato il dovuto, può chiedere al Tribunale la riabilitazione ai sensi della L. 108/1996 (art. 17) e ottenere la cancellazione del proprio nominativo dal Registro Protesti. Una volta ottenuta riabilitazione, il protesto non dovrebbe più essere considerato nelle valutazioni: la Cassazione (Sez. I, ord. 734/2016) ha chiarito che la riabilitazione cancella gli effetti del protesto e comporta il diritto a non essere più considerato inaffidabile per quell’evento. Ciò non obbliga le banche a concedere credito (non esiste un diritto al credito), ma significa che non possono rifiutare soltanto in base a un protesto passato ormai cancellato. In pratica, il soggetto viene equiparato a chi non ha mai avuto quel protesto. Dunque, un imprenditore che si riabilita ufficialmente dovrebbe esigere la cancellazione dalle banche dati private di quel record negativo e, presentandosi per un microcredito o altro, far valere la propria condizione “pulita”. Anche le segnalazioni in Centrale Rischi per sofferenze pregresse, una volta che il debito è estinto o prescritto, decadono dalla visura trascorsi 36 mesi di tempo. Se però una segnalazione era illegittima (ad esempio perché avvenuta senza dovuto preavviso o erroneamente), è possibile chiedere i danni. Attenzione: la Cassazione ha ribadito (ord. 17447/2019) che il risarcimento per illegittima segnalazione non è automatico, va provato il concreto danno (ad es. dimostrando che una richiesta di fido è stata negata a causa di quella segnalazione). In alcuni casi ci sono stati risarcimenti per danno morale e d’immagine, ma bisogna portare elementi solidi. In ogni caso, chi ritiene di essere segnalato ingiustamente dovrebbe agire prontamente con diffida a rettificare i dati, eventualmente coinvolgendo il Garante Privacy o ricorrendo al giudice di pace/tribunale per la cancellazione.
  • Capacità di indebitamento residua: ottenere prestiti senza garanzia può far crescere il leverage dell’impresa. Una PMI che accumula vari finanziamenti agevolati potrebbe saturare la propria capacità di rimborso. Le banche quando valutano un nuovo affidamento guardano il DSCR (debt service coverage ratio) cioè quanto il cash flow copre le rate di tutti i debiti. Anche se i debiti sono a tasso zero, vanno comunque rimborsati in quota capitale. Quindi un eccesso di debito, benché agevolato, può diventare un freno ad altri crediti. L’imprenditore deve fare attenzione a non “ingolosirsi” di troppi finanziamenti agevolati in parallelo oltre le sue forze di rimborso, altrimenti rischia un sovraindebitamento. Le stesse norme di molti bandi prevedono che l’impresa non abbia altri debiti rilevanti insoluti e non stia usufruendo di strumenti simili in parallelo.
  • Rapporti con la banca tradizionale: molte volte un’impresa che accede a microcredito o fondi Invitalia lo fa perché la banca tradizionale l’aveva respinta. È opportuno che, dopo aver ottenuto il prestito agevolato e averlo gestito bene, l’imprenditore curi la comunicazione con il proprio istituto di credito. Ad esempio, presentare in banca i risultati raggiunti grazie a quel microcredito (nuovi contratti, fatturato in aumento) può convincere la banca a fidarsi di più e magari concedere in futuro un fido di cassa o anticipi. La banca può percepire come positivo il fatto che l’impresa abbia saputo intercettare incentivi pubblici (denota proattività e buona informazione) e che li stia rimborsando regolarmente. In sostanza, il passaggio dal credito “assistito” al credito ordinario è facilitato se il primo viene onorato scrupolosamente.
  • Effetto garanzia pubblica sul rating bancario: tecnicamente, quando la banca ha un credito garantito dallo Stato, la parte garantita è “ponderata zero” ai fini patrimoniali, quindi praticamente priva di assorbimento di capitale. Questo significa che la banca è più propensa a tenere aperto un affidamento garantito anche se l’azienda va un po’ in difficoltà, rispetto a un affidamento scoperto, perché sa che può escutere lo Stato in caso di default. Tuttavia, la banca ha comunque obbligo di classificare correttamente il cliente: se ci sono ritardi rilevanti o debiti scaduti, anche se il credito è garantito, può scattare la segnalazione a sofferenza o default. Il cliente non deve pensare di essere immune alle regole solo perché c’è la garanzia pubblica. L’unica eccezione temporanea fu durante Covid quando, con moratorie di legge, le segnalazioni di default erano congelate anche su crediti garantiti. Oggi non più.
  • Attenzione ai tassi e usura: infine, dal lato cliente va sempre controllato che i tassi applicati (TAEG) siano sotto la soglia antiusura definita trimestralmente da Banca d’Italia per categoria di operazione (es. prestiti alle famiglie, scoperti, ecc.). Sui microcrediti operati da operatori non bancari, a volte i tassi erano elevati per coprire i costi: bisogna vigilare perché se il tasso effettivo supera la soglia, il contratto è nullo ex L. 108/96. La Cassazione penale ha confermato (sent. 1205/2020) che anche strutture come i prestiti contro cambiali (talvolta proposti a protestati da soggetti poco trasparenti) non sfuggono alla legge antiusura: se il costo effettivo (comprensivo di ogni onere) eccede la soglia, scatta il reato di usura. Dunque, il debitore in difficoltà deve sempre diffidare di chi propone prestiti “facili” a costi stratosferici: oltre a essere economicamente insostenibili, potrebbero configurare illeciti.

Dal punto di vista del debitore (segnalato o in difficoltà)

Abbiamo finora esaminato gli strumenti dal lato di chi eroga o promuove il credito. Ma cosa deve sapere e fare un imprenditore o aspirante tale che si trova in una situazione debitoria difficile (p.es. è già indebitato, protestato, segnalato “cattivo pagatore”) e vuole comunque provare ad ottenere un microcredito o altro finanziamento per ripartire? In questa sezione ci poniamo dal punto di vista del debitore e forniamo indicazioni pratiche:

Riabilitare la propria posizione creditizia

Prima di cercare nuovo credito, è fondamentale mettere ordine nel passato per quanto possibile. Alcuni passi chiave:

  • Pagare (o contestare) le posizioni negative piccole: se si hanno arretrati minori (bollette, prestiti personali di basso importo) che generano segnalazioni negative, conviene sforzarsi di regolarizzarli. Ad esempio, avere una carta di credito chiusa per morosità di poche centinaia di euro in CRIF è un elemento che molti finanziatori vedranno male. Saldate queste posizioni e fatevi rilasciare quietanze, poi richiedete l’aggiornamento delle banche dati (in CRIF un ritardo grave resta visibile fino a 36 mesi dalla regolarizzazione, ma almeno apparirà come “saldato”). Se invece ritenete una segnalazione errata, inviate subito un reclamo formale e eventualmente rivolgetevi al Garante Privacy o all’Arbitro Bancario Finanziario per farla rimuovere. Ad esempio, se siete stati segnalati in sofferenza senza preavviso e non eravate insolventi, potete ottenere la cancellazione e magari un risarcimento (come nel caso in cui la Cassazione ha riconosciuto danni al garante di un credito segnalato senza avviso, Cass. 29252/2024).
  • Cancellare protesti: se siete stati protestati per assegni o cambiali ma avete pagato quanto dovuto, dopo un anno potete chiedere la riabilitazione al Tribunale. Una volta ottenuto il decreto di riabilitazione, presentatelo alla Camera di Commercio per la cancellazione dal Registro Protesti. Questo è fondamentale: finché il vostro nome risulta come protestato, molti canali di credito (anche microcredito) non potranno legalmente operare con voi, oppure lo faranno solo se siete passati per il fondo antiusura. Con la cancellazione invece, formalmente il protesto “non esiste più” a livello di pubblicità ufficiale. Come detto, la Cassazione tutela il riabilitato: quell’evento non può essergli imputato per negare fidi. Tuttavia, è bene sapere che CRIF e Experian tengono traccia storica dei protesti per qualche anno anche dopo la cancellazione al registro. Potreste dover insistere perché vengano aggiornati (avvalendovi del decreto di riabilitazione).
  • Documentare le cause delle difficoltà: preparate un dossier personale che spieghi la vostra storia finanziaria e perché siete incorsi in problemi, evidenziando però i passi fatti per uscirne. Esempio: “Ho avuto un protesto nel 2022 perché un cliente importante non mi ha pagato, causando mia insolvenza; ora ho ottenuto la riabilitazione, quel debito è stato saldato grazie a… e ho diversificato la clientela per il futuro”. Questa narrazione, corredata da documenti (decreti, ricevute), può essere utile da mostrare a un microcredito officer, a un confidi o a Invitalia, per far capire che avete imparato dall’esperienza e messo in sicurezza il progetto futuro. Trasformare una storia negativa in lezione appresa è un elemento che alcuni finanziatori sociali apprezzano (cercano la “meritevolezza”).
  • Utilizzare le procedure di composizione delle crisi: se la situazione debitoria è troppo grave (debiti molto superiori alle possibilità, azioni esecutive in corso), può essere saggio valutare le procedure ex Legge 3/2012 (oggi Codice della Crisi) prima di chiedere nuovo finanziamento. Queste procedure (accordo di ristrutturazione o piano del consumatore per soggetti non fallibili, liquidazione del patrimonio) consentono di trovare un accordo con i creditori o perfino di ottenere un’esdebitazione totale se il debitore è incapiente. Ad esempio, un lavoratore autonomo sommerso dai debiti tributari e bancari potrebbe presentare un piano del consumatore al giudice in cui paga magari il 20% del totale e il resto viene cancellato. Oppure, se non ha proprio nulla, può chiedere l’esdebitazione del debitore incapiente (il “fresh start” introdotto dal Codice della Crisi) e in tre anni è libero da tutti i debiti residui. Certo, durante questi anni difficilmente otterrà nuovi crediti (c’è una sospensione delle azioni e l’accesso al credito è di fatto congelato mentre la procedura pende), ma una volta conclusa con successo, il soggetto riparte pulito – almeno legalmente parlando. L’esdebitazione non cancella di per sé le informazioni negative pregresse nelle banche dati, però chiunque guarderà la sua situazione vedrà anche il decreto di omologazione e potrà considerare che i debiti passati non sono più esigibili (quindi quel carico è stato rimosso). Inoltre, come già detto, il fisco non tassa l’eventuale parte di debito cancellata per le persone fisiche. Dunque, se siete al tracollo, può convenire pulire il passato legalmente prima di imbarcarsi in nuove avventure finanziarie. Alcuni microfinanziatori guardano con favore chi ha utilizzato in modo corretto la legge sul sovraindebitamento: denota volontà di affrontare i problemi alla luce del sole. Naturalmente, è l’extrema ratio – comporta anche che per qualche anno sarete “sorvegliati” dal tribunale e non completamente liberi nelle scelte di spesa. Ma meglio di un indebitamento cronicamente insostenibile.
  • Assistenza di un esperto: se siete imprenditori in difficoltà, valutate di farvi affiancare da un consulente finanziario legale (come un avvocato specializzato in crisi d’impresa o un esperto OCC) nel dialogare con banche, microcredito, confidi. Ad esempio, l’avvocato può scrivere alle finanziarie per segnalare la vostra ammissione a una procedura di composizione e chiedere la sospensione delle segnalazioni negative (il Codice della Crisi prevede una sorta di “automatic stay” anche sulle segnalazioni). Oppure, può aiutarvi a preparare la domanda a un fondo antiusura, presentando al meglio il vostro caso. Certo, ci sono costi professionali, ma spesso ci sono convenzioni (ad es. ordini professionali con camere di commercio) o sportelli gratuiti di prima assistenza.

Accesso al microcredito per protestati o cattivi pagatori

Una domanda frequente è: “Se sono protestato o segnalato, posso ottenere un microcredito imprenditoriale?” La risposta è: non è facile, ma non impossibile. Dipende molto dallo specifico operatore e dalla gravità della situazione:

  • Alcuni operatori di microcredito privati (es. PerMicro) dichiarano chiaramente di non poter erogare a chi abbia protesti non risolti o sofferenze a carico. Fanno comunque una verifica creditizia sul richiedente. Quindi se siete in piena tempesta, probabilmente vi rifiuteranno. Tuttavia, se avete solo qualche ritardo storico ma regolarizzato, potrebbero valutare ugualmente il progetto spiegando loro la situazione. Spesso, la discriminante è: il protesto è stato pagato e cancellato? Se sì, allora siete praticamente equiparati a chi non lo ha avuto. Se no (protesto attivo), molti dicono no.
  • I confidi come detto possono decidere di garantire un protestato se credono nel suo rilancio e se intravedono un ravvedimento operoso. Se il confidi vi sostiene, a quel punto potete ottenere un finanziamento bancario con garanzia confidi anche se eravate protestati – perché la banca fa affidamento sul confidi. Quindi una via può essere: convincere un confidi del vostro settore a darvi fiducia. Presentatevi con il business plan e la spiegazione del protesto (meglio se già avviata la riabilitazione).
  • Il Fondo di Garanzia PMI tecnicamente non esclude le imprese con protesti dei soci o simili, purché l’impresa stessa non sia “in sofferenza” ufficiale. In pratica, però, la banca che deve istruire la pratica al Fondo probabilmente non la avvia nemmeno se vede gravi pregiudizievoli. Ma se avete appunto un confidi sponsor o un rating interno borderline ma accettabile, potreste passare.
  • I programmi Invitalia in genere non chiedono di dichiarare il proprio credit score, ma alcuni bandi – ad esempio Selfiemployment – escludono chi abbia protesti o segnalazioni di sofferenza a carico (lo considerano non meritevole). Anche Resto al Sud richiede che i proponenti non siano stati condannati per reati finanziari e non siano in interdizione. Quindi leggete bene i requisiti dei bandi: se non menzionano nulla sulle segnalazioni, allora non è un criterio ufficiale; se lo menzionano, non c’è deroga. Attenzione che a volte chiedono DURC regolare (niente debiti INPS/INAIL) e assenza di procedure concorsuali aperte – quindi dovrete sistemare anche eventuali morosità contributive se volete accedere.
  • Il Fondo antiusura è proprio tarato per protestati e cattivi pagatori. Quindi se rientrate in quei casi e volete provare la strada microcredito, valutate prima di passare attraverso un ente antiusura. Paradossalmente, se l’ente vi prende in carico, potreste ottenere un prestito con garanzia statale antiusura a tasso agevolato anche se siete protestati, perché è fatto apposta. Poi con quello magari regolate i debiti, vi riabilitate, e quindi siete in condizione più pulita per chiederne un secondo di microcredito imprenditoriale normale per investire nell’attività. Certo, questo è un percorso a ostacoli in più fasi e non tutti i casi rientrano – ma è uno scenario possibile. In Tabella 2, alla voce “Confidi sezione antiusura”, vedremo come un protestato può ottenere garanzia statale su un prestito di risanamento.
  • Non sottovalutate il ruolo delle banche locali (BCC): talvolta, la banca di credito cooperativo del vostro paese, conoscendo personalmente voi o la vostra famiglia, potrebbe assumersi il rischio di darvi un piccolo credito di fiducia anche se avete macchie. Magari con la condizione che un parente garante (non protestato) firmi. Le BCC hanno ancora, in alcuni casi, quell’approccio “relazionale” che le grandi banche non hanno più. Se avete questa carta, giocatevela: portate il business plan al direttore della filiale locale, spiegategli la storia a cuore aperto, e chiedete se con una garanzia confidi o statale possono provare. Le BCC sono anche molto attive con i confidi e col fondo antiusura, spesso.

In sintesi: presentarsi da protestati senza preparazione è sconsigliato. Meglio sistemare ciò che si può (pagare/cancellare), farsi affiancare da enti o professionisti, e solo allora presentare la richiesta di finanziamento. Un protestato “riabilitato” e con un confidi alle spalle ha molte più chance di uno che arriva da solo col fardello intatto.

Simulazioni pratiche dal lato debitore

Per concretizzare, immaginiamo due casi pratici emblematici:

Caso A: Start-up innovativa senza storia creditizia (nessun problema debitorio)
Marta ha 28 anni, laureata, e vuole fondare una start-up che sviluppa un’app di servizi turistici. Non ha mai avuto prestiti né debiti, quindi non ha una storia creditizia (ne positiva ne negativa). Non possiede immobili da dare in garanzia e dispone solo di 10.000€ risparmi. Ha bisogno di 100.000€ per sviluppare app e marketing. Marta ha preparato un solido business plan. Quali opzioni senza garanzie ha?

  • Potrebbe partecipare al bando “ON – Oltre Nuove Imprese a Tasso Zero” dato che è under 35 e donna. Presenta domanda a Invitalia con business plan. Se approvata, otterrà ad es. 90.000€ coperti da agevolazione (di cui 45k fondo perduto e 45k prestito decennale 0%) e deve metterci 10k suoi (che li ha). Nessuna garanzia richiesta: firma solo lei come legale rappresentante.
  • In parallelo, può cercare un piccolo microcredito bancario (ad es. 25k) magari tramite Banca Etica o la BCC locale per coprire il circolante iniziale. Avendo il progetto approvato da Invitalia, la banca sarà più propensa a darle fiducia (anche perché vede che il grosso è coperto). La banca userà il Fondo PMI per garantirsi l’80%. Nessuna garanzia reale; forse la banca le chiederà di firmare un’assicurazione vita o un pegno sul conto su cui arrivano i fondi pubblici (qualche cautela formale).
  • Totale: Marta riesce a raccogliere 115.000€ (90k Invitalia + 25k banca). Le rate dei 45k Invitalia sono circa 4.500€/anno per 10 anni; le rate dei 25k bancari a 6% sono ~5.500€/anno per 5 anni. Sostenibili con le sue proiezioni di reddito. Se la start-up decolla, potrà rimborsare agevolmente. Se invece dovesse fallire, Marta resterebbe con un debito verso Invitalia e la banca, però nessun bene personale ipotecato. Nella peggiore ipotesi, avvierebbe una liquidazione sovraindebitamento per liberarsene (non auspicabile, ma l’assenza di garanzie reali fa sì che i creditori chirografari possano dover accettare stralci). Questo scenario mostra come un giovane senza storia possa ottenere credito puntando su strumenti agevolativi e garanzie pubbliche.

Caso B: Piccola impresa individuale con pregresse difficoltà (protesti)
Luigi ha 50 anni, falegname con bottega artigiana. Nel 2023 ha avuto un periodo nero: perse un grosso cliente e accumulò debiti. È stato protestato per due effetti cambiari (totale €5.000) e ha arretrati con una banca di €10.000 su un vecchio fido (ora chiuso e segnalato come sofferenza). Ha però nuovi ordini e vuole ripartire, gli servirebbero €30.000 per materie prime e un nuovo macchinario. Attualmente nessuna banca gli presta soldi (vedono protesti e CRIF negativo). Come può fare?

  • Prima mossa: Luigi si rivolge a una Fondazione antiusura presente nella sua regione. Presenta la sua situazione: debiti totali 20k tra banca e fornitori, protesta di 5k. La fondazione valuta che Luigi ha buon potenziale di lavoro (ordini in mano, è esperto) ma è stato sfortunato. Lo aiutano a predisporre domanda al Fondo di prevenzione usura. Viene deliberata una garanzia statale 80% su un prestito di €20.000 finalizzato a pagare i debiti urgenti (i 10k alla banca, 5k effetti protestati + penali, 5k fornitori). Una banca convenzionata (es. la BCC locale) eroga a Luigi questo prestito 20k, tasso 2.5%, 5 anni, senza garanzie di Luigi. Con 20k Luigi pulisce il passato: paga la banca, ottiene la cancellazione della sofferenza; paga i titoli protestati, ottiene la riabilitazione dal tribunale e la cancellazione dal Registro Protesti; paga i fornitori più assillanti.
  • Adesso Luigi, libero da zavorre, con ancora il problema di come finanziare i nuovi lavori. Ma almeno la sua reputazione creditizia è migliorata (nessun protesto visibile, debiti vecchi chiusi seppur con rate antiusura in corso). Forte di ciò, va dal Confidi Artigiano di zona. Presenta il business plan dei nuovi ordini e spiega di aver sistemato le vecchie cose grazie al fondo antiusura. Il confidi vede l’impegno e decide di garantirgli un microcredito. In contatto con una banca partner, organizzano un microcredito ex art.111 da €30.000 in 7 anni. La banca chiede garanzia 80% del Fondo PMI. Il confidi integra garantendo un altro 10% di rischio e assistendo Luigi come tutor (per sicurezza).
  • Luigi ottiene quindi i 30k sul conto. Li usa per comprare legname e un macchinario usato (spese documentate conformi alla legge microcredito). Consegna gli ordini, incassa ricavi e grazie a quelli paga regolarmente: 20k antiusura (circa 350€/mese) e 30k microcredito (circa 450€/mese). Totale 800€/mese di rate, sostenibili con la sua rinnovata attività.
  • Fra due anni, Luigi avrà finito di pagare il prestito antiusura; fra sette avrà finito col microcredito. Avrà ricostruito credibilità: da protestato nel 2023 a affidabile nel 2030 con storico di pagamenti puntuali. Potrà allora chiedere magari un leasing bancario tradizionale per un nuovo macchinario, e le banche vedranno un credit score ripulito (le vecchie segnalazioni sparite) e un’attività solida.

Questo caso estremo mostra che, con gli strumenti giusti (antiusura + microcredito + confidi), anche chi parte “sporco” può riuscire, a patto di attuare un percorso di risanamento (che implica fatica e tempi). Chiaramente non tutti i casi sono risolvibili: se Luigi avesse avuto 200k di debiti e nessun ordine, la via sarebbe stata forse la liquidazione e chiusura attività. Ma per indebitamenti gestibili, c’è speranza.

Tabella 2 – Strumenti di sostegno per debitori protestati o in difficoltà

Strumento Cos’è e come funziona Effetti sullo status creditizio
Riabilitazione protesto (art. 17 L.108/96) Procedura presso Tribunale per cancellare un protesto dopo 12 mesi dal pagamento. Richiede di aver saldato tutti i titoli protestati. Ottenuto decreto, si presenta in CCIAA per cancellazione dal Registro Protesti. Elimina ufficialmente la qualifica di “protestato”. Le banche dati aggiornano lo status a riabilitato. Le banche non possono tenere conto di quel protesto nelle valutazioni future (Cass. 3601/2016). Migliora fortemente l’accesso al credito legale.
Fondo prevenzione usura (garanzia statale antiusura) Garanzia pubblica fino 80% su nuovo finanziamento bancario destinato a soggetti a rischio usura (piccoli imprenditori o consumatori in difficoltà). Gestito tramite confidi/fondazioni antiusura convenzionate con MEF. Importi tipici ~€20-30k a tassi bassi ~2-3%. Permette di ottenere credito anche a protestati/sofferenti, perché la banca si fida della garanzia statale. I fondi ottenuti solitamente chiudono posizioni debitorie pregresse, migliorando il profilo creditizio (debiti precedenti azzerati). Il nuovo prestito sarà segnalato come “garantito antiusura” ma se pagato regolarmente riabilita la reputazione. In caso di mancato pagamento, purtroppo persisterà la segnalazione negativa e si avvierà il recupero come per qualunque finanziamento (lo Stato pagherà la banca e diventerà creditore).
Microcredito (con accompagnamento) Accesso a microcredito ex art.111 dopo aver risolto o stabilizzato la situazione debitoria. Possibile coinvolgendo confidi o enti di sviluppo locali. Importante presentare business plan valido e evidenziare la rinnovata affidabilità (es. nessun insoluto recente). Se concesso, indica che il debitore è tornato “affidabile”. Sarà un nuovo inizio creditizio. La regolare restituzione migliorerà il rating. Con microcredito garantito dallo Stato, il soggetto rientra nel circuito bancario come beneficiario di finanziamento in bonis.
Accordo di ristrutturazione / Piano del consumatore (Legge 3/2012, ora D.Lgs.14/2019) Procedura giudiziale di sovraindebitamento: il debitore propone un piano per pagare in parte i debiti (in proporzione alle sue capacità) davanti al Tribunale, con l’ausilio di un OCC. Se omologato, diventa vincolante per tutti i creditori. Il debitore poi esegue i pagamenti concordati e ottiene l’esdebitazione sul restante. Durante la procedura, le azioni esecutive e anche le segnalazioni negative non possono aggravarsi (c’è protezione). Ad omologazione ottenuta, le pendenze pregresse vengono regolarizzate: i debiti residui sono dichiarati inesigibili. Ciò non cancella immediatamente i record negativi nelle banche dati, ma una volta concluso e pagato il piano, il soggetto risulta “in bonis” senza esposizioni. Le banche, conoscendo l’omologa, potranno rivalutarlo, sebbene occorrerà tempo per ricostruire la reputazione.
Esdebitazione del debitore incapiente (fresh start) Istituto introdotto nel Codice della Crisi: se la persona fisica sovraindebitata non ha alcuna capacità di pagare i creditori, può chiedere l’esdebitazione immediata senza liquidazione, ottenendo la cancellazione di tutti i debiti pregressi senza alcun pagamento (solo obbligo morale di pagare se nei 4 anni successivi la situazione migliora). È ammesso solo in casi estremi e una volta sola nella vita. Libera il soggetto da tutti i debiti. Dopo 3 anni dalla concessione, gli effetti liberatori diventano definitivi. Il debitore esdebitato parte da zero. Anche qui, le banche dati mantengono storici negativi per un po’, ma trascorso il tempo, risulterà senza sofferenze aperte. In più, fiscalmente la cancellazione dei debiti non è tassata come reddito. Bisogna però considerare che durante i 3 anni post-esdebitazione l’accesso al credito rimane difficile (il soggetto è comunque segnalato in centrale come “a zero”, e le banche sanno che ha usato questa procedura). È davvero un nuovo inizio, ma serve riconquistare fiducia gradualmente.

Come si evince dalla tabella, il debitore con trascorsi problematici dispone di strumenti legali per riabilitarsi e rientrare nel circuito finanziario. L’uso combinato di tali strumenti (riabilitazione protesto, fondi antiusura, microcredito accompagnato, ecc.) rientra in una strategia di seconda opportunità: l’ordinamento italiano, specialmente con le riforme recenti, mira a non tenere i piccoli imprenditori per sempre esclusi a causa di errori o sventure passate. Naturalmente, la condizione è che il soggetto dimostri di voler cambiare rotta: pagare il dovuto quando può, seguire le procedure regolarmente, presentare progetti credibili per il futuro. In questo, come suggerisce la Cassazione, la riabilitazione formale e sostanziale è la chiave per non essere più considerato un paria del credito.

Principali enti finanziatori e programmi in Italia

Riassumiamo qui i principali enti pubblici e privati coinvolti nel microcredito e nelle garanzie per finanziamenti senza garanzie in Italia, con una breve descrizione del loro ruolo:

  • Ente Nazionale per il Microcredito (ENM): è un ente pubblico non economico che promuove e coordina iniziative di microcredito a livello nazionale. Non eroga direttamente prestiti, ma forma i tutor, accredita sportelli, diffonde la cultura del microcredito e gestisce alcuni progetti speciali (come la formazione “Yes I Start Up” per NEET). L’ENM è stato determinante nel lancio del microcredito ex art.111, collaborando con Banca d’Italia per definire gli standard operativi e curando il registro dei tutor e degli operatori. Mantiene il portale Microcredito.gov.it con informazioni per aspiranti microimprenditori e gestisce lo sportello online per l’incontro domanda-offerta. Inoltre ENM è attuatore di programmi europei in Italia, come appunto Selfiemployment (insieme a Invitalia). Insomma, è il hub istituzionale del settore microfinanza.
  • Invitalia: Agenzia nazionale di proprietà del MEF, braccio operativo per gli incentivi alle imprese. Gestisce fondi e bandi nazionali su startup, innovazione, aree svantaggiate. Nel nostro contesto, Invitalia è l’ente che valuta e concede le agevolazioni come “ON – tasso zero”, “Smart&Start”, “Resto al Sud”, “Selfiemployment”, ecc. Ha sportelli telematici dedicati e tecnici istruttori che analizzano i business plan e i requisiti. Invitalia poi eroga materialmente (spesso con risorse di CDP) i finanziamenti agevolati e monitora il rispetto dei piani d’impresa da parte dei beneficiari. È quindi il soggetto erogatore di molti prestiti senza garanzie, sebbene con fondi pubblici. Chi partecipa ai suoi bandi deve interfacciarsi con Invitalia per contratto, erogazioni a SAL, controlli e così via.
  • Fondo Centrale di Garanzia per le PMI (MCC): lo citiamo come ente anche se è più uno strumento. È gestito da Mediocredito Centrale S.p.A. (istituto controllato indirettamente dallo Stato) su mandato ministeriale. La sede operativa del Fondo (MCC) è quella che riceve, valuta e delibera le richieste di garanzia. Ha un consiglio di gestione nominato dal MIMIT/MEF che stabilisce i criteri operativi (le cosiddette Disposizioni Operative del Fondo). In pratica è il cuore delle garanzie statali per credito alle PMI. Per l’utente finale, non c’è interazione diretta (si passa tramite banche o via portale per la prenotazione). Ma è utile conoscere che esiste un sito (fondidigaranzia.it) dove reperire moduli, guide e dove sono pubblicati i dati statistici del Fondo.
  • SACE S.p.A.: società del gruppo Cassa Depositi e Prestiti, ex Istituto per i servizi assicurativi all’export, oggi agenzia di credito all’esportazione e garanzie pubbliche. Storicamente SACE assicurava i crediti export delle imprese italiane. Negli ultimi anni, a seguito di normative emergenziali e PNRR, SACE ha ampliato il suo raggio d’azione: può garantire finanziamenti anche sul mercato domestico per progetti considerati strategici (es. infrastrutture, Green New Deal, internazionalizzazione). Durante la pandemia ha gestito “Garanzia Italia” che abbiamo citato, con garanzie statali su prestiti a imprese colpite. Al 2025 SACE offre garanzie (fino 70-80%) su grandi operazioni soprattutto, come progetti di transizione ecologica, e continua la sua attività sull’export (fideiussioni, assicurazioni crediti, finanziamenti agevolati SIMEST per export). Per le PMI, SACE entra in gioco se l’azienda ha un progetto di certa rilevanza: ad esempio, un impianto di energia rinnovabile da vari milioni può ottenere garanzia SACE Green. Oppure, se la PMI vuole dilazionare pagamenti a un acquirente estero, SACE può assicurare la transazione. In confronto al Fondo PMI, SACE è da scegliere quando serve copertura su operazioni di importo elevato o legate a export/innovazione. In quel caso, SACE analizza il merito di credito e rilascia la garanzia, spesso complementare: es. una banca fa un progetto con 50% garanzia SACE e 30% garanzia MCC. Va notato che SACE è a pagamento: a differenza del Fondo PMI, applica commissioni sul garantito (anche in Garanzia Italia c’erano commissioni per le imprese). Quindi è più indicato per situazioni in cui l’impresa può permettersi di pagare quel costo per avere un grosso beneficio.
  • Confidi (vari): in Italia esistono centinaia di confidi. I principali vigilati di dimensioni nazionali o interregionali sono ad es.: Artigiancredito, Italia Comfidi, Confidi Systema!, Fidimpresa, Fincredit, Confeserfidi, etc. Molti portano nel nome la categoria (es. Confidi Agricoltura, Confidi Commercio). L’elenco sarebbe lungo. Dal punto di vista del debitore, conviene informarsi presso la propria associazione di categoria o camera di commercio su quali confidi operano localmente e per quali settori. Spesso l’iscrizione ad un’associazione di categoria (es. CNA, Confartigianato, Confcommercio) dà accesso al confidi collegato. Il confidi giusto può fare la differenza tra un no e un sì dalla banca. Quindi, enti chiave da contattare se siete PMI che non accedono direttamente al credito. Hanno sportelli su territorio e la loro mission è aiutare le imprese.
  • Banche etiche e BCC: Banca Etica l’abbiamo menzionata – per progetti con finalità sociali/ambientali, può essere un partner comprensivo. Le Banche di Credito Cooperativo (BCC) e Casse Rurali, pur essendo banche ordinarie, spesso vantano maggiore prossimità col territorio. Hanno interesse a sostenere i soci/clienti locali e talvolta dispongono di fondi propri di solidarietà. Ad esempio, alcune BCC concedevano microcredito sociale a famiglie in crisi con plafond messi a disposizione, in convenzione con Caritas, prima ancora che nascesse la legge microcredito. Quindi, per chi è in zone dove la BCC è forte, vale la pena parlarci. Anche le banche cosiddette “dei pegni” (ex Banca Prossima, ora integrate nel gruppo Intesa) o dipartimenti di banche grandi dedicati al terzo settore possono essere più flessibili su garanzie se il progetto rientra nelle loro mission (non profit, cooperazione internazionale, ecc.).
  • Fondazioni antiusura e Caritas: Soggetti non profit come la Fondazione San Giuseppe Moscati (Campania), Fondazione SS. Medici (Puglia), Fondazione Wanda Vecchi (Lazio), e molte Caritas diocesane con sportelli antiusura, sono punti di riferimento per chi è davvero in emergenza debiti. Non erogano soldi loro (salvo piccole borse o aiuti caritatevoli), ma hanno volontari e consulenti che ascoltano i casi disperati, aiutano a predisporre le pratiche per i fondi antiusura o per la legge 3/2012, e a volte fanno da mediatori con banche e creditori per trovare soluzioni umane. Il loro lavoro è prezioso se vi trovate isolati e senza soluzioni apparenti. Generalmente operano in collaborazione con i confidi locali per l’istruttoria tecnica delle garanzie (il confidi si occupa di numeri, la fondazione del rapporto umano). Questi enti fanno molto silenziosamente: hanno salvato tante famiglie e piccoli imprenditori dal disastro, recuperandoli anche psicologicamente dalla vergogna del fallimento.

In conclusione, il panorama italiano offre un ecosistema di attori pubblici e privati che, con ruoli diversi, concorrono a favorire l’accesso al credito senza garanzie reali: dal legislatore (che crea norme ad hoc) agli enti esecutori (Invitalia, MCC, SACE), dai garanti mutualistici (confidi, fondi) ai finanziatori responsabili (banche etiche, BCC) e fino agli “angeli custodi” dei sovraindebitati (fondazioni antiusura, consulenti OCC). Saper navigare questo ecosistema, magari con l’aiuto di un consulente, è la chiave per massimizzare le chance di ottenere il finanziamento giusto per le proprie esigenze.

FAQ – Domande frequenti sul microcredito e finanziamenti senza garanzie

D: Che differenza c’è tra microcredito imprenditoriale e un normale prestito bancario?
R: Il microcredito imprenditoriale (ex art.111 TUB) è un finanziamento di importo limitato (fino a 75k/100k euro) rivolto a microimprese e autonomi, con divieto di garanzie reali e obbligo di servizi di assistenza al beneficiario. Un prestito bancario tradizionale invece può avere importi maggiori, la banca in genere richiede garanzie (fideiussioni, ipoteche) e non fornisce tutoraggio. Inoltre, il microcredito spesso è erogato a soggetti “non bancabili” che sarebbero esclusi dal credito ordinario, grazie alla garanzia pubblica e a criteri più flessibili di valutazione. In sintesi: il microcredito è più accessibile ai piccoli e “fragili” (ma con potenziale), però finanzia solo somme limitate e specifiche finalità, mentre il prestito bancario tradizionale copre esigenze più ampie ma richiede solide garanzie o rating.

D: Quali requisiti deve avere la mia impresa per ottenere il microcredito ex art. 111 TUB?
R: Devi essere una microimpresa o lavoratore autonomo con al massimo 5 dipendenti (se ditta individuale) o 10 dipendenti (se società). Non ci sono più limiti su fatturato, attivo o anzianità dell’attività (in passato l’impresa doveva avere meno di 5 anni, ora non più). Può essere anche un’impresa nuova da costituire. Devi presentare un progetto credibile di avvio o sviluppo dell’attività: il finanziamento dev’essere finalizzato a investimenti o capitale circolante attinenti all’azienda (macchinari, merci, corsi, stipendi, ecc.). Sul lato soggettivo, occorre avere una buona reputazione creditizia (assenza di gravi insolvenze/protesti in corso, salvo appunto risolti). Non devi essere in procedura concorsuale o avere debiti fiscali contributivi fuori controllo (in genere controllano DURC e certificati carichi pendenti). Serve poi la capacità di rimborso: l’importo richiesto dev’essere sostenibile con i ricavi attesi. Il business plan sarà l’elemento chiave: dimostra che con quel prestito la tua attività genererà abbastanza reddito da rimborsare le rate. Se sei start-up assoluta, possono chiederti eventuale esperienza nel settore o formazione adeguata. Infine, dovrai accettare il supporto del tutor: se non collabori o non segui i consigli, l’operatore potrebbe considerarlo negativamente.

D: Quanto posso ottenere al massimo con un microcredito imprenditoriale?
R: Dal 2024, fino a €75.000 per imprese individuali, professionisti e società di persone; fino a €100.000 se la beneficiaria è una società a responsabilità limitata (ordinaria o semplificata). Tieni però conto che importi così elevati (vicini al massimo) vengono concessi solo in presenza di progetti ben strutturati e di un certo respiro. La media delle operazioni di microcredito finora è stata molto più bassa (intorno a 20-25k euro). Con l’innalzamento delle soglie, ci si aspetta un aumento graduale degli importi medi, ma difficilmente un nuovo imprenditore senza storia otterrà subito 75k se non presenta garanzie: spesso gli operatori preferiranno erogare ad esempio 40-50k e magari un secondo prestito più avanti. Nota: se chiedi più di €50.000, la garanzia statale coprirà solo al 60% la parte eccedente, quindi l’operatore assume un rischio maggiore. Questo li rende prudenti sui tagli massimi.

D: Quali sono i tassi di interesse applicati sul microcredito?
R: Non c’è un tasso unico, varia a seconda dell’operatore. Molti microcrediti, specie quelli bancari, hanno tassi paragonabili a quelli dei piccoli prestiti PMI: tipicamente tra il 5% e l’8% annuo. Gli operatori non bancari per sostenersi potrebbero applicare tassi un po’ più alti (anche 8-10%), ma devono restare sotto le soglie d’usura. Ci sono poi i casi di microcredito sostenuti da fondi pubblici o filantropici: in questi il tasso può essere zero (ad esempio Selfiemployment, prestiti regionali, ecc.) o molto basso (1-2%) perché l’obiettivo non è il margine ma l’inclusione. Inoltre, la normativa prevede che gli operatori di finanza mutualistica e solidale applichino un tasso effettivo globale non superiore ai costi + inflazione, dunque praticamente prestiti a interesse simbolico. Quindi, se ti rivolgi a Banca X che fa microcredito, chiedi qual è il TAEG; se ti rivolgi a un confidi che collabora con banca Y, potrebbe averti negoziato un tasso agevolato. O ancora, se prendi microcredito con fondi UE tramite regione, di solito è 0%. Valuta anche le commissioni: spesso non ci sono istruttorie rilevanti, ma qualche operatore applica una tantum l’1-2%. Il Fondo di Garanzia per il microcredito è gratuito per te, quindi non incide sul tasso.

D: Devo offrire garanzie personali (fideiussioni) per ottenere questi finanziamenti?
R: Dipende dallo strumento. Per il microcredito ex art.111 puro, la legge richiede assenza di garanzie reali, ma permette garanzie personali (es. la firma di un coobbligato). In pratica però, molti operatori non le chiedono, confidando nella garanzia statale e nel rapporto di fiducia. A volte viene richiesta la firma di un familiare come “garante morale” specialmente se il richiedente è molto giovane – ma non è la regola generale. Se parliamo di Invitalia (ON, Smart&Start): in quei contratti non è prevista fideiussione di terzi né ipoteca, è l’agenzia che si assume il rischio; al massimo per importi grandi su startup può chiedere ai soci di sottoscrivere una fideiussione postergata pro-quota, ma più come impegno che come garanzia escutibile (infatti spesso non lo chiede). Confidi: in genere la garanzia confidi sostituisce la tua, anche se tecnicamente nel modulo banca c’è la tua firma come obbligato principale. Alcuni confidi piccoli possono chiedere una controfideiussione dei soci dell’impresa per il loro 20% di rischio – succede, ma più per coinvolgerti moralmente che per reale capienza patrimoniale. Prestiti d’onore regionali e Selfiemployment: nessuna garanzia personale. Fondo antiusura: non chiede garanzie alla persona (per definizione non ne ha). Quindi, riepilogando: nella maggior parte dei casi, non dovrai presentare garanzie reali né far intervenire garanti terzi solidali, a meno che l’ente finanziatore non lo ritenga necessario in un caso specifico. Se una banca ti propone un finanziamento “agevolato” ma vuole comunque ipotecarti la casa, probabilmente non stai accedendo a un vero strumento di microcredito/garanzia pubblica, ma a un prodotto bancario standard con contributo interessi: valuta bene alternative più pure.

D: Cos’è la “prenotazione della garanzia” per il microcredito?
R: È una procedura telematica introdotta per semplificare l’accesso al microcredito. In pratica, come beneficiario puoi andare sul sito del Fondo di Garanzia PMI, sezione Microcredito, e registrarti per prenotare l’importo di garanzia che ti serve. Se la richiesta rientra nei parametri (tu dichiari di rispettare requisiti microcredito), il sistema ti rilascia una ricevuta di prenotazione, valida per 5 giorni lavorativi. Entro quel termine devi trovare un operatore di microcredito o banca disponibile a erogare: gli presenti la prenotazione e quello la conferma presso il Fondo. È come dire “lo Stato è d’accordo a garantirmi X euro, ora cerco chi me li presta”. Questo meccanismo può risultare utile se vuoi sondare più operatori o se vuoi avere un elemento in mano per convincerli (sapere che l’80% è coperto dallo Stato li tranquillizza). Attenzione: la prenotazione non è una garanzia definitiva né un obbligo per un operatore a finanziarti. Se nessuno prende in carico la pratica entro i 5 giorni, scade e quei fondi tornano disponibili per altre richieste. Puoi però riprenotare. Molti microcreditori, comunque, preferiscono gestire loro la richiesta di garanzia senza che il cliente faccia la prenotazione autonoma. Usala se sei proattivo e hai magari già un ok informale di un operatore che però vuole la tua prenotazione per velocizzare.

D: Posso usare il microcredito per consolidare debiti o pagare bollette arretrate?
R: Non direttamente. Il microcredito imprenditoriale nasce per finanziare spese nuove legate all’attività (investimenti o capitale circolante come acquisto materie prime, assunzione dipendenti). Non è concepito come prestito di consolidamento di altri debiti. Se hai debiti bancari o verso fornitori, in teoria potresti includerli se sono funzionali alla sopravvivenza dell’impresa, ma nella pratica gli operatori tendono a escludere l’uso di fondi per ripagare altri finanziamenti. Preferiscono che il microcredito vada su spese “vive” che generino sviluppo. Per le bollette arretrate o debiti personali, assolutamente no: quello rientra nel microcredito sociale (che però in Italia è poco sviluppato e comunque anch’esso erogato per finalità precise come salute, istruzione). Se la tua impresa è appesantita da debiti, la strada corretta non è usare i fondi del microcredito per ripagarli di nascosto, ma attivare uno strumento ad hoc: o un accordo di ristrutturazione con le banche, o, se siamo in ambito antiusura, il fondo antiusura. In alcuni casi i bandi regionali di microcredito ammettono di destinare una quota a ricostituire scorte o liquidità, e uno potrebbe mascherare lì dentro qualche pagamento arretrato, ma è rischioso e fuori dallo spirito dello strumento. Quindi la risposta breve: no, non è destinato a consolidamento debiti pregressi (se ti serve quello, rivolgiti piuttosto a un confidi per un fido consolidamento con garanzia MCC, non microcredito).

D: Sono un privato disoccupato, posso chiedere microcredito per aprire una piccola attività?
R: Sì. Il microcredito imprenditoriale può essere concesso anche a persone fisiche che vogliono avviare un’attività di lavoro autonomo o microimpresa. In tal caso dovrai aprire la partita IVA (o costituire la società) prima dell’erogazione effettiva. Ci sono anche strumenti dedicati proprio ai disoccupati che vogliono mettersi in proprio: ad esempio il programma Selfiemployment (prestiti fino a 50k a tasso zero) è fatto per NEET, donne e disoccupati di lungo periodo con idee di impresa. Molte regioni hanno bandi per l’autoimpiego. Anche Invitalia ON tasso zero accetta domande da parte di persone fisiche che poi, in caso di ammissione, si impegnano a costituire la società. Quindi il fatto di essere disoccupato non è affatto un ostacolo – anzi, questi strumenti nascono per creare lavoro autonomo. Ovviamente devi avere un’idea sostenibile e, se hai zero esperienza, cerca di formarti (frequenta corsi, fatti affiancare da un mentor) perché in istruttoria guarderanno anche il tuo profilo. Ma legalmente non serve avere già un’impresa avviata: puoi partire da zero.

D: Il microcredito è a fondo perduto?
R: No, il microcredito in sé è un prestito da rimborsare interamente, con interessi (salvo quelli particolari a tasso zero). Non va confuso con i contributi a fondo perduto. Ci sono però misure ibride: ad esempio in “Resto al Sud” metà è prestito bancario e metà è fondo perduto, in ON tasso zero c’è una componente a fondo perduto mescolata col finanziamento. Ma il microcredito imprenditoriale classico ti dà una somma che devi restituire secondo il piano stabilito. Se non la restituisci, incorri in azioni di recupero come per qualsiasi altro prestito (ingiunzioni, pignoramenti) e vieni segnalato cattivo pagatore. Non è un sussidio. È pensato per generare reddito che ti permetta di ripagare facilmente, ma la restituzione è un tuo obbligo contrattuale. L’idea “mi danno soldi gratis per la mia impresa” è sbagliata: esistono i fondi perduti, ma sono altra cosa (di solito bandi che erogano contributi per investimenti specifici, o voucher). Spesso i programmi combinano le due cose. Un accenno: esistono microcrediti sociali (non per impresa) in cui alcune fondazioni se rimborsi regolarmente a metà percorso ti “abbuonano” l’ultima parte del debito come premio – ma sono iniziative filantropiche marginali. Nella normalità, il microcredito è credito, non dono.

D: Cosa succede se non riesco a pagare un microcredito?
R: Dal punto di vista strettamente contrattuale, succede quello che avviene per qualsiasi inadempimento su un finanziamento: dopo un certo numero di rate non pagate (di solito 6 mensili, ma alcuni contratti microcredito possono prevedere risoluzione dopo 2-3 rate) il creditore può dichiarare risolto il contratto e chiedere il rimborso immediato di tutto il debito residuo. Verrà effettuata una segnalazione di sofferenza nelle centrali rischi (che comprometterà la tua reputazione creditizia per anni) e il creditore potrà attivare procedure di recupero forzoso. Se c’è una garanzia statale (Fondo PMI), l’operatore chiederà l’escussione della garanzia: lo Stato pagherà l’80% dovuto e poi verrà a sua volta a recuperare da te in via surrogatoria (attraverso l’ente gestore, MCC, che incaricherà Equitalia se trattasi di crediti ormai pubblici, oppure cederà il credito). Insomma, il debito non sparisce: potresti ritrovarti una cartella esattoriale tempo dopo per quell’80% pagato dallo Stato. Non avendo messo garanzie reali, non rischi ipoteche su casa? Dipende: se non hai dato nulla in garanzia, non c’è ipoteca automatica; però il creditore può chiedere un decreto ingiuntivo e se ottiene un pignoramento potrebbe iscrivere ipoteca giudiziale sui tuoi beni immobili allora sì. Diciamo che l’assenza di garanzie iniziali rende per il creditore un po’ più difficile recuperare (perché non può escutere pegni diretti), ma non ti mette al riparo da conseguenze: sei responsabile con tutto il tuo patrimonio presente e futuro. Detto ciò, proprio perché il microcredito è per gente in difficoltà, spesso se ti accorgi di non riuscire a pagare, la cosa migliore è comunicare subito all’operatore le difficoltà. Possono cercare soluzioni: ad esempio rimodulare il piano, concederti qualche mese di moratoria (c’è una moratoria di legge che è esistita nel 2020 con Cura Italia per microcrediti COVID, e ora può esserci su base volontaria), o attivare un tutoraggio extra per aiutarti a riprendere i pagamenti. Gli operatori preferiscono evitare il default, anche perché socialmente è un fallimento della loro mission. Quindi parla con loro, vedi se puoi ridurre la rata allungando la durata (fino al max 10 anni previsto) o se puoi saltare una rata e metterla in coda. Molti operatori si accontentano di recuperare anche con un piano di rientro successivo se vedono la buona fede. In ultima istanza, se proprio crolli, potrai ricorrere anche tu alle procedure di sovraindebitamento per farti cancellare il debito residuo non pagato, come discusso prima – ma questo è l’estremo (e ti preclude futuri crediti per un po’). L’importante è non sparire: se non paghi e non dai notizie, penseranno al peggio e procederanno legalmente subito. Se invece spieghi e dimostri impegno (magari paghi anche poco a poco), potresti salvare la situazione.

D: Ho sentito parlare di “finanziamenti a fondo perduto per start-up”, ce ne sono nel 2025?
R: Sì, ci sono vari bandi con fondo perduto per start-up e PMI, spesso cofinanziati dal PNRR o dai fondi strutturali 2021-2027. Alcuni esempi nel 2025: Smart&Start (fondo perduto 30% per startup innovative al Sud), ON – tasso zero (fondo perduto 20% circa, e nel 2022 durante PNRR alzato al 50% temporaneamente), Fondo Impresa Donna (prevede un mix con percentuali di fondo perduto più alte per donne), Resto al Sud (50% fondo perduto). Inoltre, Ministero Turismo e Cultura hanno bandi a fondo perduto per specifici settori (digitale, creatività giovanile). A livello regionale, molte misure PSR (agricoltura) danno contributi a fondo perduto ai giovani agricoltori. Insomma, il panorama è ricco. Tuttavia, attenzione: raramente sono 100% a fondo perduto. Quasi sempre viene richiesto un cofinanziamento con capitale privato o con prestito agevolato. Nella logica pubblica attuale, si preferisce dare una parte a fondo perduto e una parte come finanziamento: così c’è maggiore responsabilizzazione dell’imprenditore nel restituire almeno una quota. Comunque, se l’interesse è ottenere contributi a fondo perduto, controlla i portali come incentivi.gov.it e i siti regionali, e valutane la compatibilità col microcredito: a volte puoi cumulare (es. microcredito per una parte e contributo per un’altra parte di spesa).

D: Una start-up innovativa può accedere sia a Smart&Start che al microcredito?
R: In linea di principio sì, ma dipende dall’importo che serve e dal timing. Smart&Start Italia finanzia startup innovative con progetti minimo 100k. Se la tua startup innovativa ha bisogno di, poniamo, 150k euro, potresti direttamente puntare a Smart&Start (che può darti 120k come prestito 0% e forse 30k fondo perduto se Sud) e quindi non avresti bisogno del microcredito. Se invece ti servono piccole somme rapidamente (tipo 30-50k per prototipo iniziale), nulla vieta di chiedere un microcredito bancario o SELFIEmployment per partire e poi più avanti, diventato innovativa a tutti gli effetti, candidarti a Smart&Start per un progetto di scaling up. L’importante è che non ci sia doppio finanziamento per la stessa spesa: cioè, non puoi far pagare due volte allo Stato lo stesso macchinario. Ma puoi, ad esempio, usare il microcredito per la fase 1 (MVP, test mercato) e poi Smart&Start per fase 2 (industrializzazione, lancio). Anzi, aver già avviato qualcosa con microcredito può rendere il tuo dossier Smart&Start più solido (dimostra che ci credi, hai risultati iniziali). Ricorda però: se hai già debiti, Invitalia vorrà vedere che sei in grado di reggere anche i nuovi – quindi il microcredito precedente deve essere ben gestito. In sintesi, la combinazione è possibile se pianificata e se rispetta le regole di cumulabilità degli aiuti di Stato (devi dichiarare tutto in fase di domanda).

D: Gli stranieri possono ottenere microcredito o prestiti agevolati?
R: Sì, purché siano regolarmente residenti in Italia e – nel caso di impresa – che l’impresa abbia sede in Italia. Molti programmi agevolati (Invitalia, Selfiemployment) sono aperti ai cittadini non italiani residenti, senza discriminazioni. Ad esempio, diversi NEET stranieri hanno beneficiato di Selfiemployment, molte imprenditrici non italiane hanno ottenuto Resto al Sud (se residenti lì) ecc. L’importante è superare eventuali barriere linguistiche (il business plan va redatto in italiano, i colloqui anche) e avere tutti i documenti in regola (permesso di soggiorno non scaduto, ecc.). Alcuni operatori di microcredito come PerMicro addirittura nascono per servire anche la popolazione migrante, e hanno mediatori culturali nel team. Quindi la nazionalità non è un ostacolo di per sé. Occhio solo: se sei straniero da poco in Italia, la centrale rischi su di te sarà vuota (nessun dato) – questo di solito non è un problema nel microcredito (valutano diversamente), ma nel sistema bancario tradizionale a volte la mancanza di storico creditizio può penalizzare. Ad ogni modo, con le garanzie pubbliche queste differenze si appianano.

D: Dove trovo l’elenco degli operatori di microcredito a cui rivolgermi?
R: Banca d’Italia pubblica l’elenco degli operatori di microcredito (ex art. 111) sul suo sito, sezione Albo degli intermediari. Sul sito dell’Ente Microcredito (microcredito.gov.it) dovresti trovare informazioni e magari un tool per individuare gli sportelli attivi (c’è la “lista tutor ENM” e la sezione “sportello digitale”). Inoltre, molte banche di credito cooperativo e alcune banche convenzionali hanno attivato linee di microcredito in collaborazione con l’ENM: ad esempio Intesa Sanpaolo tempo fa aveva il microcredito per startup in accordo con ENM. Per individuarli: puoi chiedere alla tua Camera di Commercio se sanno di progetti microcredito locali, oppure contattare direttamente l’ENM che può indirizzarti. In alcune regioni ci sono “Sportelli per il microcredito” istituiti presso Comuni o CCIAA dove ti danno info e primo orientamento gratuito. Quindi, sintesi: guarda sul sito ENM la sezione Microcredito Imprenditoriale, lì sono indicati i contatti, oppure scrivi a ENM (hanno email bds@microcredito.gov.it per area credito). E non dimenticare i Confidi: alcuni confidi si sono accreditati come operatori di microcredito anch’essi, o collaborano strettamente; se non trovi direttamente un operatore microcredito, un confidi locale di solito sa indicarti con chi lavorano per microcrediti sul territorio.

D: Che normative devo citare per capire bene il microcredito?
R: Ti fornisco i riferimenti essenziali:

  • Art. 111 del Testo Unico Bancario (D.Lgs. 385/93) – definizione di microcredito e requisiti principali (modificato da L. 234/2021).
  • D.M. 17/10/2014 n.176 del MEF – regolamento attuativo sul microcredito (testo originario, poi modificato).
  • D.M. 20/11/2023 n.211 – ultime modifiche al DM 176/2014, con nuovi limiti importo, Srl ammissibili, ecc..
  • Circolari Banca d’Italia e istruzioni in materia di microcredito (check normatività secondaria, ma per utente finale bastano legge e DM).
  • L. 662/1996 art. 2 co.100 (istitutivo Fondo garanzia PMI) e s.m.i., + decreti attuativi vari (D.M. 6/3/2017 ultima disciplina operativa del Fondo PMI).
  • L. 108/1996 – Disposizioni antiusura (art. 15-16 istituzione fondi antiusura).
  • L. 3/2012 (ora trasfusa nel D.Lgs.14/2019 Codice Crisi, art. 65-83 CCII per piani sovraindebitamento) – esdebitazione soggetti non fallibili.
  • Norme di Bilancio recanti misure temporanee: es. DL 18/2020 (Cura Italia) per moratoria Covid sui microcrediti, DL 23/2020 (Liquidità) per garanzie 100% PMI, L.178/2020 (Bilancio 2021) ecc.
  • Se poi vuoi giurisprudenza: Cass. civile Sez. I n. 3601/2016 (riabilitazione protesto e cancellazione, danni); Cass. civile Sez. III n.17447/2019 (risarcimento segnalazione illegittima, onere prova); Cass. penale Sez. II n.1205/2020 (tassi usurai su prestiti cambializzati); Trib. Napoli Nord 16/3/2021 (esdebitazione totale protestato ultrasessantenne), ecc.

Questi riferimenti normativi danno autorevolezza a ciò che dici ai potenziali finanziatori (dimostri che ti sei documentato). In questa guida abbiamo citato diversi estratti di legge e sentenze come fonte alle affermazioni principali.

Conclusione

L’accesso al credito senza garanzie reali è divenuto in Italia un ambito strutturato e in crescita, grazie a normative dedicate e a una rete di soggetti pubblici e privati impegnati a sostenere l’inclusione finanziaria. PMI, microimprese, start-up e professionisti che non dispongono di beni da offrire in garanzia possono comunque trovare supporto: dal microcredito imprenditoriale coperto dallo Stato, ai prestiti agevolati di Invitalia che combinano tasso zero e fondo perduto, dalle garanzie mutualistiche dei Confidi alle garanzie statali antiusura per chi risolleva situazioni disperate. Il tutto accompagnato da un impianto normativo e fiscale che cerca di equilibrare rigore e seconda chance – basti pensare alla riabilitazione dei protesti o all’esdebitazione per meritevoli.

Dal punto di vista pratico, chi si trova a cercare finanziamenti senza garanzie deve:

  • Conoscere gli strumenti disponibili e i rispettivi requisiti (come abbiamo dettagliato).
  • Preparare un solido progetto/business plan e mettere ordine nella propria situazione (risolvendo o almeno spiegando eventuali pregresse difficoltà).
  • Rivolgersi agli enti giusti: ENM e operatori microcredito, Invitalia per bandi nazionali, Confidi locali, sportelli regionali, fondazioni antiusura se necessario, banche etiche e BCC sensibili alla causa.
  • Seguire il percorso con perseveranza, sapendo che l’iter burocratico può richiedere tempo e aggiustamenti.

Per i professionisti (avvocati, commercialisti) che assistono tali clienti, diventa essenziale avere una visione d’insieme delle normative e delle opportunità aggiornate al 2025: ciò consente di consigliare ai clienti soluzioni su misura (ad es. combinare un piano del consumatore per tagliare i debiti e poi un microcredito per ripartire) e di interfacciarsi efficacemente con i vari attori (presentando magari la richiesta di finanziamento già corredata dei riferimenti normativi e delle tutele, come visto in FAQ, per rassicurare l’ente finanziatore della consapevolezza del richiedente).

In un’economia in cui l’accesso al credito è condizione per la crescita ma può diventare un cappio se malgestito, strumenti come il microcredito e le garanzie pubbliche rappresentano un approccio bilanciato: responsabilizzare l’imprenditore (che deve comunque restituire e impegnarsi nel progetto) ma sollevarlo dal peso di garanzie che spesso non possiede e che altrimenti negherebbero sul nascere l’iniziativa. L’importante è usare queste opportunità con giudizio, evitando sia l’abuso sia l’eccesso di timore: come abbiamo mostrato, c’è spazio sia per chi vuole lanciare start-up innovative in piena regola, sia per chi cerca di rimettere in carreggiata una piccola bottega artigiana travolta dai debiti.

Il contesto normativo italiano, centrato sul Diritto Bancario e sul Diritto della Crisi, offre oggi soluzioni avanzate e flessibili. L’auspicio è che queste vengano sempre più conosciute e utilizzate da imprenditori e professionisti, creando un circolo virtuoso in cui il credito torna ad essere uno strumento e non un ostacolo per lo sviluppo delle idee imprenditoriali.

In altre parole: anche senza possedere patrimoni da dare in garanzia, in Italia è possibile fare impresa e ottenere fiducia finanziaria – occorre però sapere dove bussare e presentarsi preparati. Come abbiamo illustrato, le porte ci sono e sono aperte da normative precise; varcarle con successo richiede quella combinazione di conoscenza tecnica, pianificazione giuridico-finanziaria e coraggio imprenditoriale che questa guida ha cercato di fornire e incoraggiare.


Fonti e riferimenti utilizzati

  • Banca d’Italia, Operatori del microcredito – attività e requisiti, sito ufficiale (sezione Vigilanza), aggiornato al 2023.
  • D.Lgs. 1 settembre 1993 n. 385, Testo Unico Bancario, art. 111 (Disciplina del microcredito) e art. 112 (Confidi minori).
  • Legge 30 dicembre 2021 n. 234 (Legge di Bilancio 2022), commi 913-914 – Modifiche all’art.111 TUB (innalzamento importi microcredito).
  • D.M. Ministero Economia e Finanze 17 ottobre 2014 n.176 – Regolamento attuativo del microcredito (GU n.279/2014).
  • D.M. MEF 20 novembre 2023 n.211 – Modifiche al Regolamento microcredito (GU n.301 del 28-12-2023).
  • Ente Nazionale per il Microcredito, Sezione Finanziamenti – Innalzamento importo microcredito a 75.000€, comunicato 2024.
  • Mediocredito Centrale – Fondo di Garanzia PMI, Sezione Microcredito (sito fondidigaranzia.it): criteri di ammissibilità, beneficiari e finalità.
  • Invitalia, Scheda incentivo “ON – Oltre Nuove Imprese a tasso zero”, portale Invitalia 2022.
  • Invitalia, Scheda “Resto al Sud” e FAQ (incentivimpresa.it), aggiornamenti 2023.
  • Sito “Incentivi.gov.it” e documenti MIMIT – panoramica incentivi startup (ON, Smart&Start, Fondo impresa femminile) 2022-2024.
  • L. 108/1996, Disposizioni in materia di usura, art. 15 (Fondo di prevenzione usura).
  • Banca d’Italia – Rilevazioni trimestrali tassi di usura 2020-2025 (per soglie applicate a microcrediti/cambiali).
  • D.Lgs. 14/2019, Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza, artt. 65-83 (piani di ristrutturazione debiti e esdebitazione sovraindebitati).
  • Cassazione Civile Sez. I, ordinanza n. 734/2016 – Riabilitazione da protesto e diritto all’oblio creditizio.
  • Cassazione Civile Sez. III, ordinanza n. 17447/2019 – Segnalazione illegittima in Centrale Rischi, risarcibilità del danno.
  • Cassazione Civile Sez. I, sentenza n. 3601/2016 – Cancellazione protesto illegittimo e risarcimento ex art. 2043 c.c..
  • Cassazione Penale Sez. II, sentenza n. 1205/2020 – Usura nei prestiti con cambiali (conferma fattispecie usuraio).
  • Tribunale di Napoli Nord, sentenza 16/03/2021 – Procedura sovraindebitamento: esdebitazione totale ultrasessantenne protestato.
  • Normativa fiscale: D.P.R. 917/1986 (TUIR) art. 96 (interessi passivi società), art. 88 (sopravvenienze attive esdebitazione); D.L. 34/2020 art. 245 (contributi Covid esenti); DPR 601/1973 art. 15-20 (agevolazioni tributarie crediti agevolati).

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✔️ Avvocato esperto in gestione del debito aziendale
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Conclusione

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