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Elezioni, Carancini tra passato e futuro: «Grande alleanza per vincere di squadra. Acquaroli sulla sanità ha tradito»


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Romano Carancini in Consiglio regionale

di Luca Patrassi

Romano Carancini si prepara ad affrontare una nuova competizione elettorale dopo essere stato primo cittadino e consigliere regionale per il Partito democratico.

Dieci anni da sindaco alla guida di una coalizione di centrosinistra, cinque da consigliere regionale di opposizione. La pensa come Andreotti (“il potere logora chi non ce l’ha”) o preferisce controllare chi governa?

«Non ho mai vissuto un solo giorno dei miei dieci anni da sindaco nella consapevolezza di un potere fine a se stesso o usato in contrapposizione a qualcuno. Non ho mai dialogato con il “potere” ma ho sempre avuto “l’ossessione” della coerenza sugli impegni assunti con le persone. La responsabilità di governo di una città, come è capitata di viverla a me a Macerata, l’ho misurata sulle risposte umane e politiche che sono stato in grado di dare ai cittadini in relazione al progetto per il quale mi hanno consegnato la fiducia. Ovviamente anche negli errori perché è lo sbaglio a svelare la genuinità del tuo impegno e, paradossalmente, ti avvicina ancora di più alle persone e al rapporto con loro. Una storia indimenticabile e ineguagliabile. Cinque anni da consigliere regionale è un’esperienza diversa e non solo perché ora sono all’opposizione: l’umiltà di ripartire da zero, sentirsi e comportarsi nel gruppo consiliare in una squadra, capire come fare l’opposizione in senso responsabile, approfondire le materie fondamentali come sanità e sociale, aree interne, sviluppo economico. Se non conosci non puoi fare l’opposizione credibile. Le persone ti danno fiducia e tu hai il dovere di studiare, di criticare quando lo ritieni necessario e, infine, di proporre la tua idea alternativa. Non può bastare l’esperienza. In fondo tra l’essere sindaco e oggi consigliere regionale c’è un fondamento comune, una stessa parola chiave: la credibilità del tuo servizio».

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Si candida per il bis in Regione, cosa ha fatto lei e cosa non ha visto fare dal centrodestra?

«Ho cercato nei cinque anni di restituire la fiducia di chi mi ha votato interpretando con onestà intellettuale il ruolo di opposizione. In particolare sul tema cruciale della sanità ho informato i cittadini, combattuto in aula e con gli atti le sciagurate scelte amministrative e politiche di Francesco Acquaroli. Conta relativamente cosa non ho visto io, potrei essere considerato di parte. Sono i cittadini a non aver visto e soprattutto ad aver vissuto i peggioramenti. I dati economici e di sviluppo delle Marche forniti poche ore fa da Svimez raccontano e confermano di una regione ferma. Sulla sanità il tradimento più grande: una controriforma del passaggio alle aziende sanitarie approvata mille giorni fa e ancora non attuata, un governo regionale incapace di approvare una legge sulla emergenza urgenza vecchia di 27 anni, la mortificazione del sistema delle Rsa fatta di 14mila famiglie e 16mila dipendenti alle quali la Regione non ha adeguato la quota sanitaria se non nell’umiliante aumento di pochi euro, incapaci di sostenere l’aumento del costo della vita cresciuto in questi anni. Poi le liste di attesa che non sono stati capaci di ridurre nonostante gli oltre 30 milioni disponibili, peraltro neppure spesi. Sulle liste di attesa i dati forniti da Saltamartini non corrispondono alla realtà: nel computo mancano le migliaia di persone che chiamano il Cup e non ricevono appuntamenti. Un ultimo dato, ancora non divulgato.

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«Nel 2024 la mobilità passiva extraregionale delle aziende sanitarie territoriali delle Marche ha toccato oltre i 163 milioni, 8 milioni e mezzo in più del 2023, 6 piu del 2022 e anche 2 in più del 2019. Il presidente della Regione Acquaroli dovrebbe stampare questi dati sui manifesti 6×3 che abbiamo visto in questi giorni sulle strade delle Marche piuttosto che prendere in giro i marchigiani. Per restare a casa nostra l’Ast di Macerata è allo sbando: il nostro capitale umano di medici, personale sanitario e tecnico rassegnato e sfiduciato; un direttore generale che se non ci fosse nessuno si accorgerebbe della sua assenza e sopraffatto su ogni decisione da una figura che senza capacità gestisce di fatto l’Ast 3 pur non avendone le competenza come ha dichiarato una sentenza. Questo è un pezzo della “storia brutta” di Francesco Acquaroli e del suo governo».

Il Pd regionale, in questi ultimi anni, non è che abbia brillato per compattezza. Da ex calciatore magari aspirerebbe alla serie A ma tra la B della consigliera regionale Bora e quella della segretaria regionale Bomprezzi quale maglia preferisce per il Pd?

«Penso alla mia vecchia maglia numero 5 e ricordo bene il valore dello spirito di una squadra fatta di singoli, anche bravi, ma che nulla avrebbero potuto fare da soli. La compattezza, la coesione e l’aiuto reciproco ti conducono alla vittoria. E’ certo. anche in politica questa è la ricetta giusta: chi pensa altro sbaglia. Non ci sono scelte da fare tra le 2 B ma piuttosto occorre pensarci insieme, far entrare in campo la squadra che, per questa partita, può aiutarci a vincere. Noi Pd non lo abbiamo saputo fare per diverso tempo, ora il passaggio ci impone lucidità, altruismo, logica e consapevolezza del fatto che mai come oggi si gioca una partita decisiva per i prossimi 20 anni. Bora e Bomprezzi insieme per restare alla risposta».

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Il centrodestra parla di riforme avviate, infrastrutture sbloccate, sanità territoriale, di una Regione che avanza diversamente dagli anni a trazione Pd…

«Gli atti ci raccontano di un governo regionale senza visione, coraggio. Faccio un esempio: esaltano l’aver speso molte delle risorse europee come se questo fosse sufficiente, non è cosi perché è mancato il coraggio di conoscere e sostenere i settori produttivi ed economici in grado di far crescere le Marche: il manifatturiero, le imprese innovative, le tecnologiche, i nuovi mercati, la formazione. La risposta la danno i dati piuttosto che le bugie. Se è vero che hanno finanziato con i fondi europei le nostre imprese, i risultati smentiscono l’efficacia delle politiche pubbliche: le Marche sono uno dei fanalini di coda tra tutte le regioni italiane. Anche il centrosinistra ha fatto errori nel passato che non devono essere giustificati. Ricordo a me stesso che terremoto e Covid sono stati due macigni enormi nei 5 anni dal 2015 al 2020 che hanno condizionato scelte e politiche ma – evidentemente – non i marchigiani che hanno ritenuto di toglierci fiducia e ciò va rispettato. Oggi, di fronte al tradimento di Francesco Acquaroli nei confronti dei marchigiani, dobbiamo rimboccarci le maniche e offrire la nostra proposta di cambiamento e di unità politica».

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Romano Carancini con Matteo Ricci

Campo largo, campo stretto, alleanza con i Cinque Stelle, partiti che ballano tra uno schieramento e l’altro. Prima delle elezioni è tutto lecito?

«Sulle alleanze tutti insieme abbiamo fatto un percorso serio: tra le varie posizioni e sensibilità passo dopo passo, lavorando sulle criticità (poche) e le condivisioni (molte) abbiamo costruito un progetto vero per le Marche. Non abbiamo avuto fretta: il rispetto reciproco, la pari dignità tra tutte le forze, uniti alla autorevolezza di Matteo Ricci, hanno fatto la differenza rispetto al passato. da oggi possiamo sperare di potercela fare».

Una cosa di cui è orgoglioso dei cinque anni di politica in Regione?

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«L’aver percepito che il mio impegno, specie sulla sanità, abbia fatto sentire partecipi tante persone le quali si sono, purtroppo, riconosciute nelle denunce alla malasanità di Acquaroli e Saltamartini.Chiudendo il cerchio sulla prima domanda: la credibilità del mio servizio per coloro che mi hanno dato fiducia nel passato. Da lì riparto».

Dei dieci anni da sindaco?

«Difficile sceglierne una, sarebbe come disconoscere figli. Ne elenco alcune: il campus scolastico alle Casermette in 500 giorni, 16 milioni di lavori e la riqualificazione di un pezzo di citta, la bellissima riqualificazione del Campo dei pini, il centro fiere che ancora non riescono ad inaugurare, il collegamento tra via Mattei alla superstrada che trascorsi 5 anni non sono riusciti a far partire, la riapertura del Buonaccorsi, lo Sferisterio candidato agli awards della lirica, le tariffe sui servizi tra le più basse in Italia. Altri tempi rispetto ad oggi».

Nel 2020 a Macerata ha vinto più Parcaroli o ha perso più il Pd?

«Ha più vinto Parcaroli ma il Pd, tutti compresi, ha le proprie responsabilità».

C’è una cosa che non rifarebbe con l’esperienza di oggi? 

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«Credo convintamente che non servano né rimpianti né rimorsi. Un bravo sindaco è quello che fa meno errori possibili, io ne ho fatti come tutti ma il bilancio complessivo lo considero positivo. C’erano visione, idee, coraggio e partecipazione. Abbiamo disegnato una città diversa da quella che avevamo trovato, pur senza le risorse di cui fortunatamente oggi gli enti possono beneficiare».

Non ci sente nessuno, se dipendesse da lei chi candiderebbe come sindaco a Macerata l’anno prossimo? Mari, Corradini, Contigiani, Perticarari? Se chiedessero a lei di candidarsi?

«Mi sa che non posso risponderle perché ho l’impressione che ci siano altri ad ascoltarci. Però glielo dico nell’orecchio ma lei non lo dica. Io candidato a Macerata? La politica non può essere una giostra, rispettare la politica e le persone vuol dire fare una cosa per volta. Sono candidato alla Regione ed in quella dimensione vorrei restare se riavrò la fiducia per continuare ad impegnarmi nell’interesse della provincia di Macerata soprattutto sui temi della sanità e del sociale. Il lavoro a settembre va finito, per i marchigiani, per i maceratesi e anche per la nostra città».





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