La tua casa è in procedura esecutiva?

sospendi la procedura con la legge sul sovraindebitamento

 

Ritiro direttiva Green Claims, cosa cambia nella lotta al greenwashing


Era attesa come una delle iniziative chiave del Green Deal europeo per contrastare il greenwashing, ma la direttiva Green Claims sembra sarà ritirata. Al momento non c’è un comunicato ufficiale. La nuova scelta ha suscitato delusione tra organizzazioni ambientaliste, consumatori e aziende impegnate nella sostenibilità. Ma cosa prevedeva esattamente questa direttiva? Perché può essere accantonata? E quali scenari si aprirebbero per la comunicazione ambientale delle imprese in Europa?

Aste immobiliari

l’occasione giusta per il tuo investimento.

 

Cos’è la Direttiva Green Claims?

Presentata dalla Commissione Europea a marzo 2023, la direttiva sulle dichiarazioni ambientali esplicite (nota anche come Green Claims Directive) aveva un obiettivo ambizioso: mettere ordine nel caos delle etichette verdi. Secondo uno studio della Commissione, più della metà delle affermazioni ambientali dei prodotti venduti in UE risultava vaga, ingannevole o non supportata da prove.

La proposta prevedeva che qualsiasi dichiarazione ambientale fatta da un’impresa — ad esempio “carbon neutral”, “ecologico”, “biodegradabile” — fosse verificata in anticipo da enti indipendenti, sulla base di criteri comuni a livello europeo. L’intento era quello di:

  • garantire trasparenza e credibilità nelle comunicazioni green;
  • tutelare i consumatori da messaggi fuorvianti;
  • incentivare le imprese virtuose e scoraggiare pratiche scorrette.

Inoltre, la direttiva si integrava con altre iniziative del Green Deal, come la direttiva sul diritto alla riparazione, quella sulla responsabilità estesa del produttore e la proposta di regolamento sui prodotti sostenibili.

L’iter legislativo: i triloghi

La direttiva era ormai entrata nella fase finale del suo iter legislativo: i triloghi, ovvero i negoziati tra Parlamento, Consiglio e Commissione europea che precedono l’approvazione definitiva. Il terzo incontro era previsto per il 23 giugno e, almeno formalmente, dovrebbe ancora tenersi.

Ma nel frattempo è accaduto tutto — e tutto molto in fretta. Il 18 giugno, i relatori ombra del Partito Popolare Europeo (PPE) hanno inviato una lettera alla commissaria UE per l’Ambiente, Jessica Roswall (anch’essa esponente PPE), chiedendo il ritiro della proposta. Due giorni dopo, durante un briefing con la stampa, è arrivata la conferma ufficiosa: “La Commissione europea intende ritirare la proposta di legge sulle dichiarazioni ambientali”, ha dichiarato Maciej Berestecki, portavoce dell’esecutivo UE.

La tua casa è in procedura esecutiva?

sospendi la procedura con la legge sul sovraindebitamento

 

Nessuna spiegazione formale, solo una frase secca che ha lasciato attonita la sala stampa di Bruxelles. Poco dopo, nel tentativo di contenere la reazione, alcune fonti interne alla Commissione hanno precisato che non è stata ancora presa una decisione definitiva, ma che si sta valutando l’ipotesi di comunicare in anticipo ai colegislatori l’intenzione di ritirare la proposta.

Un tentativo di prendere tempo, mentre la delusione e il disorientamento si diffondono tra i sostenitori della direttiva. Secondo alcune fonti vicine ai negoziati, il testo sarebbe ormai lontano dagli obiettivi originari: il Consiglio avrebbe modificato troppo profondamente i contenuti, e la proposta starebbe “andando nella direzione sbagliata”

Perchè adesso viene ritirata? Pressioni politiche e timori economici dietro il ritiro

Questa marcia indietro sulla direttiva, inconsueta in un momento così avanzato della procedura di approvazione, sarebbe in linea con quel processo di semplificazione voluto dalla Presidenza Vod der Lyen che va sotto il nome di ‘Ominibus’ e ha già portato a ridefinire la CSRD. Tuttavia, le ragioni reali del ritiro vanno ricercate nelle forti pressioni politiche esercitate da alcune forze parlamentari europee.

In particolare, i gruppi del Partito Popolare Europeo (PPE), dei Conservatori e Riformisti Europei (ECR) e dei Patrioti per l’Europa hanno formalmente richiesto l’archiviazione della proposta. Le motivazioni? Il timore che la direttiva introducesse un carico burocratico eccessivo, soprattutto per le piccole e medie imprese (PMI), senza una valutazione adeguata dei costi economici e sociali delle nuove regole.

Un’altra preoccupazione riguardava il rischio che, nelle fasi finali del negoziato tra Parlamento e Consiglio UE, l’accordo potesse snaturare gli obiettivi originari della direttiva, finendo per gravare con obblighi troppo rigidi su oltre 30 milioni di microimprese e PMI europee, scoraggiando le imprese dal comunicare i propri sforzi ambientali (fenomeno noto come “greenhushing”).

Non ultimo, il testo della direttiva, così come giunto fino a questo punto, era stato criticato anche da IETA (International Emissions Trading Association), l’organizzazione di riferimento per il mercato dei crediti di carbonio, in riferimento alle previsioni rstrittive sulle dichiarazioni ambientali collegate appunto ai crediti di carbonio.

Cosa succede adesso: un vuoto normativo che lascia spazio all’incertezza

Ricordiamo, prima di tutto, che la Direttiva era nata per sanare una deformazione nelle comunicazioni al pubblico da parte delle aziende: proprio ricerche della UE, avevano denunciato che il 53% delle indicazioni ecologiche fornisce informazioni vaghe, fuorvianti o infondate.

Il ritiro della Green Claims lascia di fatto un vuoto regolatorio in un settore in piena espansione. In assenza di criteri comuni a livello europeo, il rischio è che si moltiplichino normative nazionali frammentate, con effetti negativi sia per i consumatori che per le imprese che vogliono investire in una comunicazione ambientale seria e verificabile.

Dilazioni debiti fiscali

Assistenza fiscale

 

Al momento, resta in piedi la direttiva Empowering Consumers for the Green Transition”, che vieta affermazioni ambientali vaghe e non supportate e introduce obblighi di trasparenza. Ma secondo molti esperti, questa misura non è sufficiente a sostituire la Green Claims, mancando di un sistema di verifica preventiva e standardizzata.

Anche per le aziende già impegnate nella sostenibilità, il venir meno di un quadro normativo chiaro rischia di demotivare gli investimenti e alimentare confusione tra consumatori e stakeholder.

Un’occasione (mancata) per avere standard comuni in UE

Il ritiro della direttiva Green Claims è, per molti, una battuta d’arresto nella costruzione di un mercato europeo omogeneo, trasparente e credibile sul piano ambientale. Ma può anche rappresentare un momento di riflessione per ripensare modalità e strumenti di regolazione più efficaci e proporzionati.

Serve un nuovo equilibrio tra rigore tecnico e accessibilità per le imprese, specialmente quelle più piccole. Alcune soluzioni potrebbero emergere da standard volontari internazionali, certificazioni di terze parti e strumenti digitali di tracciabilità, che già oggi permettono a molte imprese di comunicare in modo trasparente e responsabile.

Sul ritiro della direttiva Green Claims avremo modo di tornare: nonostante l’annuncio del ritiro, la Commissione non ha ancora fornito motivazioni ufficiali dettagliate, limitandosi a ricordare che tale decisione — piuttosto rara nel processo legislativo — sarà oggetto di una deliberazione interna collegiale.





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Contributi e agevolazioni

per le imprese