Il mercato italiano della gestione digitale dei documenti aziendali, noto come Digital Document Management & Exchange, ha raggiunto un valore di 2,3 miliardi di euro, segnando una crescita del 13% rispetto al 2021. Si tratta di un settore ormai maturo, che negli ultimi anni ha registrato una crescita media del 4% annuo, ma che presenta ancora margini di sviluppo. Secondo le stime, il 41% delle imprese prevede un’ulteriore crescita nei prossimi 3-5 anni, con un incremento del fatturato compreso tra il 5% e il 9%.
Il mercato si divide principalmente in due ambiti: il 54% del valore proviene da soluzioni dedicate alla gestione documentale interna, che comprendono la creazione, acquisizione, archiviazione, ricerca e conservazione dei documenti; il restante 39% deriva invece da soluzioni per lo scambio elettronico di documenti con i partner di business, utilizzando tecnologie come l’EDI (Electronic Data Interchange), la PEC e altri canali digitali.
Tra le principali soluzioni adottate per la digitalizzazione dei processi interni aziendali spiccano i Document Management System (DMS), ossia software pensati per gestire l’intero ciclo di vita dei documenti digitali. Questi sistemi sono oggi utilizzati dal 42% delle grandi aziende e PMI italiane e permettono la digitalizzazione di documenti cartacei, l’acquisizione di file elettronici, la loro indicizzazione e classificazione, e la successiva ricerca e gestione. Tuttavia, solo una parte dei fornitori offre funzionalità più avanzate come la collaborazione in tempo reale (55%) o sistemi di sicurezza evoluti (51%) che vanno oltre l’autenticazione di base o la semplice crittografia, includendo elementi come il monitoraggio attivo o l’analisi comportamentale. Circa il 50% dei fornitori integra già funzioni di Intelligenza Artificiale e Machine Learning nei propri DMS.
Accanto ai DMS, le soluzioni più diffuse sono i sistemi di conservazione digitale a norma, adottati dal 69% delle imprese, e le soluzioni di firma elettronica, utilizzate dal 63%. I principali benefici riscontrati da chi adotta queste soluzioni sono una maggiore accuratezza e qualità dei dati (60% degli utilizzatori) e una riduzione dei tempi di gestione dei processi interni (33%). Tuttavia, persistono ostacoli rilevanti, come la resistenza al cambiamento da parte del personale interno (34%) e la difficoltà nell’adattare le tecnologie alle specifiche esigenze aziendali (25%).
Per quanto riguarda i processi di interfaccia con l’esterno, ossia lo scambio documentale con clienti e fornitori, il panorama resta dominato da strumenti tradizionali come email, PEC, SFTP e FTP, utilizzati dal 55% delle imprese italiane. Le soluzioni digitali più strutturate, come le piattaforme di B2B Digital Commerce (26%) e l’EDI (25%), risultano meno diffuse, ma iniziano a farsi spazio soprattutto tra le grandi aziende. L’adozione dell’EDI, in particolare, è molto alta nelle grandi imprese (57%), ma decisamente più contenuta nelle PMI (25%). Tra i settori più attivi nell’utilizzo di questa tecnologia ci sono il farmaceutico, l’elettronica di consumo (ELDOM) e l’agroalimentare. I documenti più comunemente scambiati tramite EDI sono le fatture (78%) e gli ordini (70%), mentre sono ancora poco digitalizzati i messaggi logistici (29%), la cui diffusione potrebbe però contribuire in modo significativo all’efficienza complessiva del sistema Paese.
Sebbene l’EDI abbia raggiunto un buon livello di maturità, sembra oggi attraversare una fase di stagnazione: molte aziende che lo usano da tempo incontrano difficoltà nel coinvolgere i propri partner per nuove attivazioni o per estendere il numero e il tipo di documenti gestiti. Inoltre, tra le imprese che ancora non lo utilizzano, solo l’8% prevede di adottarlo nei prossimi tre anni, mentre il 65% non ha ancora valutato la possibilità di farlo, come si legge su Borsa Italiana.
Un altro aspetto centrale riguarda l’Intelligenza Artificiale: pur essendo considerata strategica dal 63% delle aziende, solo il 13% ha iniziato ad applicarla concretamente nei processi documentali, sia interni sia verso l’esterno. Questo dato evidenzia un importante divario tra intenzioni e azioni concrete.
In generale, la digitalizzazione del B2B in Italia sembra oggi trovarsi in una sorta di “terra di mezzo”. Dopo l’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica nel 2019, non si sono registrati nuovi impulsi normativi forti che stimolino un’accelerazione. Come sottolinea Riccardo Mangiaracina, responsabile scientifico dell’Osservatorio Digital B2b del Politecnico di Milano, l’automazione nei processi B2B è ferma da anni, la sostenibilità spesso rimane una parola di moda più che una reale priorità operativa, e le startup del settore documentale hanno difficoltà ad attrarre investimenti.
Nei prossimi anni, l’evoluzione delle normative digitali europee potrà offrire una spinta importante alla digitalizzazione dei processi aziendali. Tuttavia, le imprese italiane non possono permettersi di attendere: per restare competitive è fondamentale avviare subito percorsi concreti di trasformazione digitale, superando le resistenze interne e investendo con decisione in tecnologie che migliorano l’efficienza, la qualità dei dati e la collaborazione con l’ecosistema dei partner.
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