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Pignoramenti automatici dell’Agenzia delle Entrate, famiglie in crisi


Stanno facendo molto discutere le novità in materia di pignoramenti automatici da parte dell’Agenzia delle Entrate, con alcune modifiche che tra quest’anno e il 2026 rischiano di penalizzare molti nuclei familiari.

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Le regole generali per il pignoramento, termine che fa paura a molti privati cittadini, professionisti e titolari d’impresa, sono contenute nel Codice di Procedura Civile, precisamente agli articoli 543 e seguenti, che disciplinano il procedimento presso terzi e il recupero forzato delle somme dovute. Proprio di recente, l’anno in corso, il 2025, ha visto importanti novità in materia di pignoramenti, con la regolamentazione di procedure più rapide, nuove soglie di esenzione per pensioni e stipendi ed anche una revisione delle modalità di riscossione dell’Agenzia delle Entrate.

La riduzione dei tempi per saldare i debiti

Quello che spaventa e in realtà mette in grave difficoltà molte famiglie è la drastica riduzione da 180 a 60 giorni del tempo per saldare i debiti prima che venga avviata l’azione esecutiva, il che rende il pignoramento un’operazione molto più veloce e incisiva, specificamente poiché viene applicata in particolare ai tributi locali, come IMU e TARI, dando ai Comuni la possibilità di agire più rapidamente nei confronti dei cittadini che non hanno pagato le imposte. Al contempo questa possibilità rende questa misura ancora più drammaticamente impietosa per chi si trovi a versare in una condizione di momentanea difficoltà.

Richiamando a mente tutte le caratteristiche di questo strumento, si definisce pignoramento una procedura legale attraverso la quale un creditore può recuperare un debito insoluto aggredendo in maniera diretta i beni del debitore, siano essi beni mobili come automobili, arredi, conti correnti, denaro contante, oppure beni immobili come case, terreni e altre proprietà e infine se si tratti di crediti presso terzi cioè di somme dovute al debitore da altri soggetti, come stipendi, pensioni e affitti.

Le tutele ancora vigenti

Una piccola tutela è stata mantenuta rispetto allo Stop al pignoramento della prima casa solo per debiti fiscali. Per questo motivo la prima casa, che ricordiamo si identifica come prima casa di proprietà e dimora abituale, resta protetta dal pignoramento solo se il creditore è un ente pubblico, come l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER), vale a dire nel caso in cui il debito riguardi tasse non pagate, la prima casa non può essere pignorata. Attenzione però, perché se il creditore verso il quale si hanno debiti è un soggetto privato, come una banca o una finanziaria, la protezione decade e la casa può essere aggredita senza restrizioni ne ulteriori tutele.

Tra le note positive, dal 2025, per chi ha debiti con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, cambia la rata minima rendendo possibile sospendere la procedura di pignoramento chiedendo una rateizzazione, con importi a partire da 50 euro al mese. Iniziare a pagare a seguito di una rateizzazione anche rate molto piccole consente la sospensione del fermo amministrativo su veicoli registrati, a condizione che tutti i debiti siano inclusi nella richiesta di rateizzazione, la cessazione delle procedure esecutive in corso, ovviamente se non si è già tenuta l’asta o l’assegnazione dei beni. A questi benefici si aggiunge la possibilità di ridurre o eliminare ipoteche su immobili, con richiesta del contribuente.

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Pignoramenti automatici dell’Agenzia delle Entrate: ecco quando

Nota dolente, è sufficiente ‘dimenticare’ il pagamento delle rate, anche non consecutive, per far immediatamente decadere il piano e dare di nuovo il via al pignoramento senza ulteriori avvisi.

La situazione potrebbe divenire critica per numerosi contribuenti ‘sbadati’ e ancora di più purtroppo per chi si trovi ad attraversare una fase economicamente difficile, proprio a seguito dell’altra importante novità che riguarda la modalità di riscossione delle imposte. Dal 2025, per alcuni debiti fiscali, come l’imposta di registro, l’imposta di successione, Irpef, Iva, IMU, TARI, Tosap e imposta sulla pubblicità e nelle situazioni in cui il contribuente abbia beneficiato di un credito non realmente dovuto come nel caso di recupero di agevolazioni fiscali non spettanti e di crediti d’imposta utilizzati in modo indebito l’Agenzia delle Entrate sarà autorizzata a procedere direttamente al pignoramento senza dover prima notificare una cartella esattoriale.

Attenzione dunque a controllare posta e pec poiché in questi casi, se entro 60 giorni dalla notifica dell’accertamento esecutivo non si proceda al saldo del debito stesso, l’Agenzia delle Entrate potrà procedere immediatamente con il pignoramento, senza che vi sia bisogno di inoltrare ulteriori avvisi al contribuente in oggetto.

Tuttavia c’è maggiore sostegno ai debitori più indigenti

Almeno un’altra modifica importante va nella direzione di un sostegno ai debitori più indigenti, con l’aggiornamento delle soglie inerenti il pignoramento di pensioni e stipendi al 2025, che divengono totalmente impignorabili se l’importo mensile è inferiore o pari a 1.000 euro.

Per le pensioni più alte invece si applicano limiti progressivi, con la possibilità di pignorare fino ad 1/10 per pensioni fino a 2.500 euro, una soglia di 1/7 per pensioni tra 2.501 e 5.000 euro e arrivare ad 1/5 per pensioni superiori a 5.000 euro, con limiti analoghi sugli stipendi che fino a 2.500 euro possono essere pignorabili per un massimo del 10%, quelli tra 2.501 e 5.000 euro, pignorabili per un massimo del 14,3% che raggiunge il 20% per gli stipendi superiori ai 5.000 euro.

Queste nuove soglie garantiscono una maggiore tutela ai lavoratori e ai pensionati, preservando un importo minimo necessario alla sopravvivenza e soprattutto permettendo loro di non ritrovarsi con ulteriori debiti vista l’impossibilità di disporre di una cifra minima dei propri emolumenti.

Verifica dell’esistenza di debiti fiscali e “blocco dei conti”

A partire dal 2026, le pubbliche amministrazioni e le società a partecipazione statale verificheranno l’esistenza di debiti fiscali prima di erogare stipendi superiori a 2.500 euro con la possibilità che il fisco metta direttamente le ‘mani in tasca’ al contribuente, andando a bloccare o ridurre fino a compensare l’importo dovuto lo stipendio del lavoratore che abbia accumulato debiti con il fisco superiori a 5.000 euro. Misura quest’ultima che sta facendo molto discutere si sta scatenando polemiche su più versanti, come anche la possibilità di procedere al blocco dei conti con tempi così brevi e senza ulteriori comunicazioni.

Diversi fiscalisti e opinion leader si stanno muovendo con campagne e articoli via web, raccontando una realtà nella quale sono migliaia le famiglie italiane ad essersi svegliate, “da un giorno all’altro, con i conti correnti completamente bloccati. Niente più soldi per vivere, fare la spesa, pagare l’affitto o saldare le bollette. Il motivo? Un pignoramento automatico dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER), che senza preavviso azzera i risparmi per recuperare debiti fiscali, anche di importi modesti.

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Con richiami a quello che da alcuni si definisce un “vero disastro sociale ed economico” che di fatto impedisce non solo ai cittadini di proseguire nella loro vita ad un livello dignitoso, ma come già accennato rischia di creare ulteriori indebitamenti proprio verso i comuni, gli Enti locali e lo stato stesso.

Occorre una strategia che non sia solo punitiva e sanzionatoria

Da più parti si invoca una maggiore sensibilità ed una strategia che non sia solo punitiva e sanzionatoria, soprattutto a danno di un tessuto produttivo come quello ad esempio di liberi professionisti e partite iva, che sebbene vengano aperte numerose, sono altrettanti numerose quelle in chiusura, che non riescono ad ottemperare a scadenze e costi, soprattutto di tassazioni e contributi.

Il problema di un conto pignorato può essere infatti tragico per chi ha una partita IVA, che volendo pagare, ad esempio un F24, operazione che per legge va effettuato da un conto corrente operativo, si potrebbe ritrovare il conto è bloccato per 60 giorni, senza poter procedere e senza nemmeno poter ricevere un aiuto da un familiare ad esempio che rischierebbe una futura contestazione come “incasso in nero”, perché non legato a una fattura.

Speriamo vengano colti i segnali di sofferenza del sistema Paese tutto ed anche i richiami ad evitare di rinchiudere i cittadini che si sono trovato o si trovano in difficoltà in ‘trappole burocratiche’ senza via d’uscita.



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