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la multiculturalità come leva strategica di innovazione aziendale


Men­tre la composizione sociale dell’Italia evolve, con quasi cinque milioni e mezzo di stranieri regolarmente residenti al 1° gennaio 2025 stando ai dati Istat, le imprese faticano an­cora a riflettere questa nuova realtà nei loro assetti organizzativi, nella cultura aziendale e nelle pratiche quotidiane. E nonostante un progressivo interesse verso il tema, continua a esserci una carenza di politiche aziendali strutturali.

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È quanto emerge dal documento “Multiculturalità al lavoro: storie e dati dal mondo aziendale” pubblicato il 5 giugno da Valore D, l’associazione di imprese che dal 2009 è impegnata, in Italia, a costruire un mondo professionale senza discriminazioni. L’obiettivo dello studio è portare al centro del dibattito aziendale il tema delle differenze etnico-culturali nei luoghi di lavoro, evidenziando sfide, opportunità e strategie per promuovere l’inclusione. ​

Secondo una recente pubblicazione condotta su scala europea da McKinsey & Company (2024), infatti, le popolazioni appartenenti a minoranze etnico-culturali hanno maggiori probabilità delle altre di ritrovarsi disoccupate, o addirittura escluse dal mercato del lavoro, o quando impiegate, di ricoprire posizioni lavorative inferiori rispetto alla loro qualifica professionale o al loro livello di istruzione.

  

Prendendo le mosse da tali premesse, la ricerca di Valore D, attraverso un’indagine qualitativa, prende in esame la prospettiva di 30 aziende, che sono principalmente, ma non esclusivamente, grandi realtà che operano o hanno distaccamenti anche oltre i confini italiani o europei.  

Le imprese coinvolte dichiarano di riconoscere il valore aggiunto che una forza lavoro multiculturale può portare, soprattutto in termini di innovazione, problem solving, apertura ai mercati globali e maggiore capacità di risposta alle esigenze di consumatori sempre più eterogenei. Tuttavia, permangono ostacoli strutturali che ne rallentano l’integrazione come:

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  • l’assenza di dati sulla composizione interna;
  • le difficoltà linguistiche,
  • i pregiudizi culturali;
  • il mancato riconoscimento dei titoli di studio esteri;
  • il mancato rispetto del pluralismo religioso;
  • la scarsità di rappresentanza nei ruoli apicali.

Attraverso l’analisi di testimonianze aziendali, focus group e contributi di esperti, lo studio propone così una roadmap in sei tappe, pensata per supportare le organizzazioni nel passaggio dalla consapevolezza all’azione:

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  1. rendere visibile la diversità: la dimensione etnico-culturale è spesso esclusa dalle politiche di “diversità, equità e inclusione” – De&i secondo l’acronimo inglese – perché non rilevata formalmente. Il primo passo consiste nel raccogliere dati, attraverso questionari interni volontari e anonimizzati, per conoscere il reale background della forza lavoro. Solo così è possibile impostare politiche consapevoli ed efficaci;
  2. definire indicatori (Kpi) e obiettivi specifici: occorre inserire l’inclusione etnico-culturale in una strategia misurabile, con obiettivi chiari e indicatori di impatto (es. tassi di assunzione, avanzamento di carriera, fidelizzazione dei consumatori). Questo consente di monitorare i progressi nel tempo e intervenire dove necessario;
  3. investire nella formazione continua: è essenziale formare il personale – in particolare figure in ambito risorse umane e manager – su temi come i bias impliciti, le micro-aggressioni, l’interculturalità e l’antirazzismo. La formazione deve essere strutturata e continua, non occasionale, per produrre un vero cambiamento culturale interno;
  4. rivedere i processi di selezione e inserimento: molte barriere si creano già nella fase di accesso. Le aziende possono diversificare i canali di recruiting, allargare i criteri di selezione (valutando anche competenze informali) e attivare mentoring e percorsi di affiancamento per supportare i nuovi inserimenti;
  5. favorire la crescita professionale: l’inclusione passa anche attraverso pari opportunità di crescita e accesso alle posizioni di responsabilità, monitorando eventuali divari interni e valorizzando i talenti con background migratorio attraverso percorsi di sviluppo dedicati;
  6. comunicare in modo coerente e autentico: le imprese devono rappresentare la pluralità anche nella comunicazione interna ed esterna, usando linguaggi inclusivi, condividendo storie ispiranti e mostrando la diversità come valore.

 

Copertina: 123rf

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