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Medie imprese industriali italiane: l’Italia supera la Germania, la Francia e la Spagna per produttività, ma è seconda in UE per andamenti di fatturato e occupazione


(AGENPARL) – Roma, 26 Giugno 2025

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(AGENPARL) – Thu 26 June 2025 Medie imprese industriali italiane:
l’Italia supera la Germania, la Francia e la Spagna per produttività, ma è seconda in UE per andamenti di fatturato e occupazione
Per il 2025 atteso un aumento del 2,2% del giro d’affari
La concorrenza low-cost spaventa il 70% delle Mid-Cap
Dazi ed export: per il 30% delle medie imprese
l’impatto sarà rilevante
Roma, Milano, 26 giugno 2025 – Vincono il confronto con le concorrenti tedesche e francesi performando meglio su fatturato e occupazione, seconde solo alle spagnole, ma sul fronte della produttività non hanno rivali: è la fotografia delle medie imprese italiane che esprime il volto più competitivo dell’industria manifatturiera tricolore. Si tratta di una realtà d’eccellenza del nostro capitalismo familiare composta da 3.650 aziende, prevalentemente operanti nei comparti del made in Italy, che in dieci anni, tra il 2014 ed il 2023, ha registrato un aumento del 31,3% della produttività del lavoro, del 54,9% delle vendite e del 24,2% dell’occupazione, correndo allo stesso ritmo delle colleghe nazionali di medio-grande dimensione (+55,3%) e più speditamente dei gruppi maggiori (+42,1%).
Per il 2025, le medie imprese prevedono di chiudere ancora in positivo con incrementi del 2,2% del fatturato totale e del 2,8% dell’export rispetto al 2024. Ma preoccupano la concorrenza low-cost – che interessa il 70% circa di queste imprese – il contesto geopolitico instabile e il caro energia. Restano ancora irrisolti altri due fattori limitanti ben noti: la pressione fiscale penalizzante per le medie imprese e il mismatch occupazionale, fardelli che potrebbero pesare sulla competitività. A frenare ulteriormente il potenziale delle medie imprese italiane si potrebbe aggiungere l’effetto dei dazi introdotti o minacciati dagli USA che sarebbe rilevante per il 30% circa di esse e, seppure con un impatto più contenuto, interessare un ulteriore 21,3%. Anche per questo il 52,6% di queste ambasciatrici del made in Italy auspica l’adozione di una politica commerciale europea contro la concorrenza sleale e il protezionismo di altri Paesi e il 31,2% una policy comune per la sicurezza energetica.
È quanto emerge nel XXIV Rapporto sulle medie imprese industriali italiane e nel Report “Scenario competitivo, ESG e innovazione strategica per la creazione di valore nelle medie imprese industriali italiane” realizzati dall’Area Studi di Mediobanca, dal Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere presentati oggi a Genova. Le medie imprese rappresentano una componente strategica del tessuto produttivo nazionale: generano il 17% del fatturato dell’industria manifatturiera italiana, il 16% del valore aggiunto e il 14% sia delle esportazioni sia dell’occupazione complessiva. In Liguria, il 60% delle medie imprese è concentrato nell’area di Genova, dove realizzano un fatturato pari a 937 milioni di euro, corrispondente a circa il 61% del totale regionale.
Tutta la documentazione è disponibile per il download sui siti: http://www.areastudimediobanca.com, http://www.unioncamere.gov.it e http://www.tagliacarne.it
“Costi dell’energia e mismatch sono certamente un problema per le medie imprese industriali, che peraltro confermano anche quest’anno di essere un segmento altamente competitivo del sistema produttivo nazionale” ha detto Andrea Prete, Presidente di Unioncamere. “Speriamo che le incertezze del contesto internazionale non creino shock che penalizzino questi campioni del made in Italy”.
“È dal post Covid che le medie imprese ravvisano la necessità di raggiungere una dimensione funzionale alla complessità del contesto. Si tratta di un obiettivo da perseguire con prudenza poiché comporta interventi organizzativi, manageriali e di governance, ma è certamente conforme ai nuovi scenari competitivi” – commenta Gabriele Barbaresco, Direttore dell’Area Studi Mediobanca.
“Le medie imprese contribuiscono per il 45% all’export italiano e hanno una propensione ad esportare del 42%”. Lo ha detto Giuseppe Molinari presidente del Centro Studi Tagliacarne che ha aggiunto “queste realtà produttive, con le loro elevate performance, sono la prova provata che quando il family business si organizza, anche dal punto di vista manageriale, e si apre alla competizione allargata, dà vita a un modello di successo per innovazione e produttività, anche nei confronti degli altri competitors”.
“Oggi le medie imprese sono per produttività, fatturato e occupazione la punta di diamante dell’industria italiana, in uno scenario internazionale ogni giorno più incerto e mutevole”, sottolinea Luigi Attanasio,  Presidente Camera di Commercio di Genova. “Per Genova e la Liguria la sfida è creare le condizioni perché le piccole e medie imprese di oggi possano crescere, consolidarsi e diventare il perno di un sistema economico equilibrato e competitivo. Per questo la Camera di Commercio di Genova ha scelto di investire in attività di promozione della cultura finanziaria e orientamento all’impresa in tema di internazionalizzazione, doppia transizione (digitale e sostenibile) e innovazione”.
Il 2025 tra segnali di ripresa e sfide aperte
Dopo un 2023 e un 2024 segnati da una lieve contrazione del fatturato totale (rispettivamente -1,5% e -1,3%), ma con l’export in crescita (+0,1% e +2,5%), le aspettative per il 2025 appaiono cautamente ottimistiche. Le medie imprese prevedono infatti un aumento delle vendite totali del 2,2% e di quelle oltreconfine del 2,8%. In un contesto competitivo sempre più complesso, si delineano elementi di vulnerabilità che potrebbero compromettere la traiettoria di crescita. In un’analisi comparata tra medie e medio-grandi imprese, la principale criticità è rappresentata dalla concorrenza di prezzo: a lanciare l’allarme è il 69,9% delle prime e il 61,9% delle seconde. Il ribasso dei listini dei competitors è visto come un rischio concreto di tenuta sul mercato; al contrario la competizione sulla qualità dei prodotti sembra generare meno timori, coinvolgendo solo il 13,6% delle Mid-Cap e il 17% delle medio-grandi. Ciò è dovuto anche alla specializzazione delle prime in produzioni di nicchia a maggior valore aggiunto che le preservano maggiormente da tale rischio. A pesare sul clima di incertezza è anche l’instabilità geopolitica, indicata come secondo fattore critico dal 51,8% delle medie imprese e dal 56,5% delle medio-grandi.
Principali sfide segnalate dalle aziende (in % delle imprese rispondenti)
Fonte: Indagine Area Studi Mediobanca, 2025 (domanda a risposta multipla)
Tra i fattori di criticità torna a pesare in modo significativo la pressione fiscale che si conferma particolarmente penalizzante per le imprese di taglia media. Nel confronto con le grandi aziende, queste ultime beneficiano di un tax-rate inferiore di 5,8 punti. Si tratta di un divario che comporta un impatto economico rilevante perché se le prime avessero beneficiato della medesima aliquota delle seconde, avrebbero risparmiato in un decennio 6,2 miliardi di euro, di cui oltre un miliardo solo nell’ultimo anno.
Italia prima tra i grandi dell’UE per produttività…
Tra il 2014 e il 2023, la produttività del lavoro (valore aggiunto per dipendente) delle medie imprese italiane è aumentata del 31,3%, avanzando ad un ritmo più veloce di quello delle corrispettive spagnole (+29,9%), tedesche (+25,8%) e francesi (+20,2%). E se confrontiamo i valori assoluti della produttività del lavoro dei diversi Paesi, l’Italia supera del 3,3% la Germania, del 14,7% la Francia e del 18,7% la Spagna.
Variazione % della produttività del lavoro delle medie imprese nel periodo 2014-2023
Fonte: elaborazione Centro Studi Tagliacarne su dati Area Studi Mediobanca e Moody’s
…ma è seconda per fatturato, occupazione e innovazione
Le medie imprese italiane si posizionano al secondo posto tra i principali competitors europei per performance registrate nell’ultimo decennio in termini di fatturato (+54,9%) e di occupazione (+24,2%), superate solo dalle Mid-Cap spagnole (rispettivamente +80,8% e +45,8%). Confermano la loro “supremazia” rispetto alle omologhe francesi (+41% e +11,5%) e tedesche (+38,5% e +8,8%). Anche sul fronte dell’innovazione, l’Italia del capitalismo familiare conquista la “medaglia d’argento”: il 45,8% delle medie imprese tricolore possiede dei brevetti, una quota più bassa di quella tedesca (61,2%), ma più alta di quella francese (32,2%) e spagnola (31,2%).
Variazione % del fatturato e del numero dei dipendenti delle medie imprese nel periodo 2014-2023
Fonte: elaborazione Centro Studi Tagliacarne su dati Area Studi Mediobanca e Moody’s
Chi non cresce resta indietro
In risposta a un contesto economico complesso e in evoluzione, le medie imprese italiane mostrano una chiara volontà di crescita: il 69,6% di esse intende espandersi verso nuovi mercati oltreconfine. Una propensione leggermente inferiore si registra tra le medio-grandi (63,2%), già fortemente internazionalizzate. Anche sul fronte dimensionale, l’orientamento è verso l’ampliamento: 3 Mid-Cap su 10 valutano un incremento strutturale, quota che sale a circa 4 su 10 tra le aziende di taglia superiore.
Gli investimenti rappresentano un altro asse strategico. Il 55% delle medie imprese ha in programma un potenziamento della tecnologia, mentre il 52,8% punta sullo sviluppo di nuovi prodotti e servizi. Cresce anche l’attenzione alla sostenibilità: il 29,1% prevede un’accelerazione degli investimenti green, in linea con il 28,5% delle medio-grandi.
Capitale umano in aumento, ma resta il gap su DE&I e competenze
L’incremento occupazionale che ha interessato le medie imprese nel decennio 2014-2023 le ha portate a impiegare quasi 540mila risorse, ma si scontra con alcune fragilità strutturali. La presenza femminile si ragguaglia a poco meno del 25% del totale degli occupati e quella degli under 30 al 18,3%, indice di una persistente difficoltà nel raggiungimento di una parità di genere e nel rinnovamento generazionale. A pesare maggiormente è però il mismatch tra domanda e offerta di competenze. La carenza sul mercato del lavoro di skill adeguate (soprattutto tecnico-specifiche) colpisce 8 medie imprese su 10. Per far fronte a questa criticità, il 40,4% di esse è pronto a correre ai ripari investendo nella formazione e il 37% aumentando l’automazione dei processi produttivi, anche perché le difficoltà di reperimento delle skill richieste comporta per il 47,5% di esse un aggravio del carico lavorativo sui dipendenti e per il 37,4% un aumento dei costi di gestione.
Effetto shock energetico, forte calo dei margini per 1 media impresa su 5
Quasi il 60% delle medie imprese ha dichiarato un aumento dei costi energetici, per il 20,7% l’incremento è stato molto forte e per il 20,5% l’impatto sui margini è risultato significativo. Per questo, il 44,1% delle medie imprese ha programmato investimenti in impianti di energia rinnovabile quale principale strategia per contrastare l’impennata della bolletta elettrica.
Dazi, un terzo delle medie imprese punta sull’aumento dei prezzi di vendita
L’aumento delle tariffe doganali introdotte o minacciate dagli USA impatta su oltre la metà delle medie imprese: per il 30% circa in maniera significativa, per un ulteriore 21,3% contenuta. Più in particolare, per il 53,4% di queste realtà imprenditoriali l’introduzione di possibili dazi avrà una ricaduta diretta rilevante sull’export, una quota che sale a oltre il 60% per quelle che esportano negli USA. Nel complesso, quasi 2 medie imprese su 3 vendono negli States, un mercato che vale il 10% del loro export. Tra le principali strategie messe in campo per sopportare il rincaro delle tariffe, il 33,2% delle medie imprese ha programmato un aumento dei prezzi di vendita dei beni venduti negli USA, il 25,3% punta maggiormente al mercato UE e il 18,1% alla ricerca di mercati alternativi.
ESG e transazione sostenibile: un percorso in evoluzione
L’80,4% delle medie imprese ha avviato iniziative ESG soprattutto ambientali, spinte da obblighi normativi, reputazione e visione imprenditoriale.
Sul fronte operativo, il 67,3% delle imprese è impegnato nella riduzione dell’uso di fonti fossili e nella transizione verso le rinnovabili, mentre il 62% adotta pratiche virtuose nella gestione dei rifiuti e nel riciclo e il 43% organizza formazione green per i propri dipendenti.
Principali iniziative di sostenibilità ambientale (in % delle rispondenti)
Fonte: Indagine Area Studi Mediobanca, 2025 (domanda a risposta multipla)
La misurazione delle emissioni di gas resta tuttavia una sfida aperta: il 62,3% delle medie imprese non è attualmente in grado di quantificare le proprie emissioni, un limite che ostacola la definizione di strategie efficaci per la transizione ecologica. A ciò si aggiunge che solo il 40,9% delle medie imprese ritiene realistico l’obiettivo “Emissioni Zero” entro il 2050.
Politica energetica UE: quasi la metà delle imprese l’approva, ma pesa la burocrazia
Il quadro attuale conferma, ancora una volta, quanto sia urgente dotare le imprese di strumenti tecnici adeguati, incentivi mirati e competenze diffuse per accompagnarle efficacemente nel percorso di cambiamento e innovazione.
In questo ambito, l’Unione Europea potrebbe ricoprire un ruolo strategico. Infatti, la politica energetica comunitaria rappresenta per il 48,6% delle medie imprese un’opportunità per migliorare l’efficienza energetica. Tuttavia, rimangono alcuni nodi da risolvere: per più di un terzo di esse l’adesione ai programmi UE sul green comporta un appesantimento burocratico e un aggravio dei costi. Anche per questo il 33% delle medie imprese dichiara di poter subire un impatto molto o abbastanza elevato dal rischio di transizione legato alla perdita di competitività connesso al processo di aggiustamento dell’economia (e delle regole), sempre più basato su criteri di sostenibilità ambientale.



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