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Le scelte per il futuro: l’esatto contrario del “Not In My Backyard” (non nel mio cortile)


TARANTO – Purtroppo un pensiero conformista continua a imperversare non solo in Italia.

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Più che una lotta concreta contro il cambiamento climatico, fatta di innovazione, tecnologia e tutela delle imprese dell’ambiente e della salute, esprime uno schema ideologico, propagandistico, che non considera le conseguenze economiche delle misure assunte e che ha come obiettivo quello di colpire l’industria facendole perdere competitività, fatturato, posti di lavoro.

Il mainstream ti impone di dire quello che dicono tutti e se non lo fai non sei dalla parte che viene ritenuta giusta. Un pensiero totalitario imposto che non analizza il rapporto costi/benefici e condiziona le opinioni pubbliche pur rappresentandone una scatola vuota. Una contraddizione che Taranto vive sulla sua pelle.

Non nego la necessità di decarbonizzare le nostre economie, ma contesto il pensiero unico del green deal con tutte le sue contraddizioni e forzature. I sistemi produttivi hanno necessità di avere dei riferimenti precisi ai quali attenersi per essere in regola. Ma il cambiamento procede per gradi sulla base di regole uniformi che diventano di volta in volta non l’indicatore di una sicurezza assoluta, ma uno standard sostenibile e progressivo a cui attenersi in un quadro di certezza del diritto.

E’ questo il punto sul quale fare chiarezza. Avere una visione del territorio e perseguirla con determinazione, aprendosi alla collaborazione delle Istituzioni ad ogni livello.

Una volta l’abbiamo vissuta come “vertenza Taranto”. Il sindacato ne è ben consapevole. Torna ad essere attuale e ne dobbiamo essere interpreti e protagonisti.

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A Taranto è mancato il pensiero strategico attento alla economia e alla sicurezza, attento agli equilibri competitivi globali dell’acciaio. Per la siderurgia tarantina deve aprirsi oggi un nuovo capitolo, nel processo attualmente in corso nel quale il Comune deve riacquistare una sua soggettività, da anni mortificata.

Si rende necessaria un’operazione di sistema che, come tutti i grandi progetti industriali che attengono a interessi strategici nazionali, deve vedere coinvolti plurimi attori, pubblici e privati, sulla base di un progetto di politica industriale condiviso, per avviare un processo di pacificazione della nostra comunità territoriale.

Purtroppo si continua a fare confusione tra ambientalizzazione e decarbonizzazione che sono due cose completamente diverse. Si dica chiaramente se si vuole l’impianto o la sua morte definitiva. Se lo si vuole, bisogna consentire che funzioni come funzionano tutti gli impianti in Europa, secondo le stesse regole degli altri. Se non lo si vuole, lo si dica chiaramente assumendo la responsabilità di chiuderlo.

Spetta al Governo innanzitutto fare chiarezza.

Il Mimit, Ministero delle Imprese e del Made in Italy, ha precisato che il documento attualmente all’esame delle autorità competenti è un Accordo di Programma interistituzionale, previsto dal comma 15 dell’articolo 29-quater del decreto legislativo n. 152 del 2006 e riguarda la fase preliminare di un investimento industriale, distinto per natura e finalità da quello previsto dall’articolo 252-bis dello stesso decreto.

Si tratta quindi di un atto esclusivamente tra enti istituzionali e locali, destinato a coordinare il rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) per impianti di rilevanza nazionale. Non costituisce pertanto un progetto industriale.

Il testo predisposto da Mimit e Mase, Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, a seguito del confronto con la Regione Puglia, mira a garantire una valutazione congiunta e coerente per il rilascio della nuova AIA, indispensabile per assicurare la continuità produttiva dello stabilimento tarantino. L’accordo formalizza l’intesa tra le istituzioni per avviare il processo di decarbonizzazione dell’impianto, che dovrà svilupparsi tra il 2026 e il 2039, con la progressiva dismissione degli altoforni e la sostituzione con forni elettrici a basse emissioni.

Una scelta che sarà parte integrante e vincolante dell’AIA, e di chiunque dovesse assumere la gestione del sito produttivo nel rispetto delle condizioni ambientali e di transizione industriale stabilite dagli enti firmatari.

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Altra cosa è quindi l’Accordo di programma ex art. 252-bis, da definirsi quando sarà individuato un soggetto industriale titolare di un concreto progetto di riconversione o sviluppo. Solo allora sarà possibile definire un piano vincolante con obiettivi produttivi, ambientali e occupazionali, condivisi tra imprese, governo ed enti locali.

Il Sindaco Bitetti “con spirito di collaborazione e nel pieno rispetto del ruolo istituzionale che il Comune riveste”, ha giustamente rappresentato al Ministro Adolfo Urso la necessità di una profonda revisione del Programma interistituzionale che garantisca alla Città e al nostro territorio la tutela ambientale, la salvaguardia della salute pubblica e il mantenimento dei livelli occupazionali.

In tal senso ha affermato la necessità di confrontarsi non solo con la sua maggioranza ma anche con la minoranza. Una scelta opportuna e doverosa di responsabilità politica alla quale è altrettanto politicamente doveroso rispondere con un civismo collaborativo che sta sui problemi e ne indica la soluzione, l’esatto contrario del “Not In My Backyard” (non nel mio cortile), tipico del populismo.





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