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BeBeez Magazine n. 33 – Flexible capital e venture: quando il rischio è un’opportunità


di Stefania Peveraro
direttore di BeBeez
chairman & founder di EdiBeez srl

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Cari lettori,

in un mondo sempre più complesso, dove le sfide e i rischi della geopolitica impattano sulle filiere e sulla logistica e si incrociano con le opportunità di adottare nuove tecnologie, che però richiedono investimenti e know-how adeguato, il tutto mentre nascono nuovi bisogni da soddisfare, le aziende si trovano spesso nel mezzo di cosiddette situazioni speciali, che devono affrontare con gli strumenti adeguati, mentre magari tutte le discontinuità di mercato di cui sopra si vanno a innestare in un quadro aziendale di transizione, come passaggi generazionali. Tutte situazioni che creano tensioni di liquidità anche gravi. Ed è lì che interviene il cosiddetto flexible capital: non si tratta di capitalizzare imprese in crisi conclamata, ma di dare ossigeno a business sostenibili in difficoltà transitorie.

Secondo l’ultimo report di Withintelligence dedicato al private credit, che riferisce anche i risultati di un sondaggio condotto tra numerosi investitori (LPs) internazionali, più del 40% degli intervistati già investiti in fondi di credito opportunistico e di specialty finance hanno dichiarato che aumenteranno la loro esposizione, mentre tra il 105 e il 15% degli intervistati che ancora non erano investiti in questo tipo di fondi, quest’anno vi investiranno. Di pari passo gli asset manager lanciano nuovi fondi di questo tipo: lo scorso anno le strategie di finanza specializzata e di credito opportunistico hanno rappresentato oltre un terzo di tutti i nuovi fondi in fase di sviluppo nel 2024, e la percentuale è aumentata costantemente nel corso dell’anno, dal 23% di gennaio al 38% di dicembre. E il trend continua: lo scorso febbraio, tanto per fare un esempio,  Oaktree ha chiuso la raccolta del suo Oaktree Opportunities Fund XII a quota 16 miliardi di dollari. Operatori come Oaktree, Apollo, Ares, ICG, CVC che hanno raccolto miliardi proprio su questa tesi: cogliere valore dove altri vedono rischio non governabile. In Europa, il fenomeno è più contenuto ma in crescita, complici la stretta creditizia delle banche tradizionali e l’emergere di piattaforme ibride in grado di operare lungo l’intera struttura del capitale.

Proprio da queste considerazioni ha preso avvio l’inchiesta di copertina di questo numero, dedicata al Patrimonio Rilancio e, in particolare, al Fondo Ristrutturazione Imprese, strumento creato nel 2021 dal MEF per sostenere imprese “meritevoli ma in affanno”. Un progetto ambizioso, in teoria: finanza di mercato al servizio della ripresa, gestita da sgr private con criteri di performance, e con la CDP nel ruolo di anchor investor fino al 49% delle risorse. Eppure, a distanza di quattro anni, il quadro è sorprendentemente bifronte: da un lato, pochissimi fondi operativi, con fundraising lunghi e faticosi. Dall’altro, proprio quei pochi veicoli partiti, da Nextalia a Ver Capital, da Anthilia a Muzinich/Azimut, stanno macinando operazioni con una certa vivacità. La verità? Questa non è un’asset class per tutti, né per tutti i capitali.

Il mercato italiano resta ancora troppo piccolo, poco liquido, e culturalmente restio ad abbracciare strategie ibride. Gli investitori istituzionali faticano a inquadrarne i rischi, i family office si muovono a geometria variabile, le assicurazioni si scontrano con limiti regolamentari. E così, mentre in altri Paesi il capitale flessibile si afferma come leva strategica di intervento anti-ciclico, in Italia fatica a trovare piena cittadinanza, pur dimostrando, nei casi giusti, con i team giusti, di poter funzionare. Ce lo raccontano i protagonisti della nostra inchiesta. E i dati parlano chiaro: il rilancio, per ora, è affare per pochi. Ma forse, proprio per questo, ancora più interessante.

Microcredito

per le aziende

 

Considerazioni che valgono anche per chi investe in venture capital. La raccolta su questo fronte in Italia è sempre piuttosto difficile, ma i veicoli di investimento guidati da bravi team sono in grado di individuare e accompagnare dei progetti imprenditoriali di grande valore, soprattutto nel settore tech e biotech. Ne abbiamo parlato in questo numero di BeBeez Magazine direttamente con un paio di founder che abbiamo intervistato: Luca d’Alessandro di Phononic Vibes e Vittorio Pellegrini di BeDimensional. E ne abbiamo parlato anche in occasione del nostro Caffè di BeBeez Web del 26 giugno, dedicato al biotech, di cui vi raccontiamo in questo numero di BeBeez Magazine.

Buona lettura!

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