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Allarme Basilea, impatto dazi sul Pil deve ancora venire




Keystone-SDA

La corsa al protezionismo innescata da Donald Trump ha già fatto danni prima dell’effettiva entrata in vigore dei dazi. Ma l’impatto vero sulla crescita economica deve ancora venire.

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(Keystone-ATS) A lanciare l’allarme è il Rapporto economico annuale della Banca dei regolamenti internazionali (Bri), l’istituzione di Basilea che serve da raccordo e coordinamento fra le banche centrali del mondo. Con un documento che arriva proprio mentre, se da una parte sembra abbozzarsi una sorta di accordo fra gli Usa e la Cina, dall’altra è rottura fra Washington e il Canada sulla tassazione delle Big Tech, in quello che suona come un avvertimento all’Unione europea nelle fasi finali del negoziato con Trump.

L’economia globale – avverte la Bri – “risentirà dell’impatto dell’alta incertezza ancor prima del pieno effetto dei dazi”: le imprese stanno ritardando gli investimenti e le famiglie aumentano il risparmio per cautelarsi. Ma la frenata alla crescita deve ancora manifestarsi nei dati: quello che si vede fin d’ora è che “l’alta incertezza e la fiducia in calo di consumatori e imprese segnalano chiaramente un deterioramento in arrivo per l’attività economica”, con la crescita attesa in peggioramento significativo “per diversi Paesi”.

Vulnerabilità preesistenti

Una minaccia che, con due teatri di guerra ai margini d’Europa, nell’uscita dalla pandemia e dallo shock inflazionistico da prezzi energetici, non arriva su economie in piena salute. Tutt’altro: lo shock dei dazi piomba su un mondo già alle prese con vulnerabilità preesistenti – dal debito record in alcuni Paesi alla frammentazione economica già in atto, fino alle istituzioni finanziarie non bancarie meno regolamentate come hedge fund ed emittenti crypto – che “aggravano i rischi” per la stabilità finanziaria e la sostenibilità del debito.

Tutti – governi, istituzioni finanziarie, banche centrali – saranno “fondamentali come forza stabilizzatrice” e dovranno “agire con decisione su più fronti per garantire la stabilità dei prezzi e promuovere una crescita economica sostenibile, preservando al contempo la stabilità economica e finanziaria”, dice il direttore generale della Bri Agustín Carstens.

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Le “sacche di rischiosità” individuate dalla Bri per il sistema finanziario sono in alcuni casi delle vecchie conoscenze: è il caso del debito pubblico “senza precedenti” in alcuni Paesi che richiede di costituire margini di bilancio; dei mercati privati del credito che bypassano il sistema bancario con i suoi vincoli di vigilanza; delle politiche ‘relative value’ degli hedge fund.

Finanza crypto

Poi c’è un rischio emergente dove il ‘faro’ di Basilea da qualche tempo sta puntando l’obiettivo, ed è la finanza crypto e i suoi legami sempre più intrecciati con la finanza tradizionali su impulso degli Usa. In particolare gli stablecoin ancorati ai treasury Usa su cui sembra puntare una parte influente dell’entourage di Trump per finanziare il debito.

“Se continuano a crescere, possono rappresentare rischi incluso quello di una corsa a svendere asset sicuri”. Nonostante una capitalizzazione aggregata relativamente piccola, emittenti di stablecoin come Tether e Circle “hanno riserve significative in treasury Usa e forniscono una parte sostanziale di approvvigionamento ai mercati pronti contro termine”, si legge nel documento di circa 120 pagine. “Il loro peso crescente solleva timori per la stabilità finanziaria, esponendo la finanza tradizionale agli alti e bassi dell’ecosistema crypto”: shock negativo nel mercato crypto “potrebbe portare a crolli significativi che potrebbero destabilizzare il corretto fuzionamento del mercato dei treasury”.



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