L’élite si blinda in bunker di lusso mentre il mondo brucia e lascia noi, gli altri, ad affrontare catastrofi climatiche e non solo. I bunker dei ricchi non sono affatto una teoria del complotto, ma una realtà sempre meno “segreta”. Sì, non è fantascienza: super ricchi si stanno davvero preparando alla fine del mondo.
E mentre Elon Musk sogna Marte e Jeff Bezos si sposa a Venezia, l’élite mondiale non pensa a come salvare l’intero globo, ma solo sé stessa. Come? Acquistando bunker con piscine interne e luce artificiale, come quelli progettati dalla società statunitense SAFE (Strategically Armored & Fortified Environments), che sta costruendo in Virginia un complesso da 300 milioni di dollari con spa, ristoranti gourmet, IA per l’assistenza sanitaria e una parete da arrampicata. Il progetto, chiamato Aerie, aprirà nel 2026 nei pressi della Casa Bianca e richiederà una quota d’ingresso di 20 milioni di dollari.
L’orologio dell’apocalisse è vicino alla Mezzanotte, per noi. Ma per i fortunati è appena ora di cena. L’immagine di un banchetto carico di cibo e bevande non è una metafora campata in aria: è ciò che chi ha investito in questi bunker deve proteggere. I fondatori di aziende tech e fondi speculativi, come ha raccontato Douglas Rushkoff, si incontrano davvero per chiedere consiglio su quale località sia migliore per la sopravvivenza. Alaska o Nuova Zelanda?
Bunker di lusso, ben oltre l’ansia da fine del mondo
Se pensiamo a un bunker, immaginiamo un vault: una struttura sotterranea spoglia, con luce artificiale e cibo in scatola. Siamo influenzati da narrazioni post-apocalittiche di film, videogiochi e libri, ma l’immaginario è stato già superato dalla realtà. I bunker di oggi hanno suite, piscine tropicali con illuminazione solare simulata (come nel bunker Oppidum in Repubblica Ceca), caveau per il vino, palestre e stanze da gioco.
Tutto questo per isolarsi. Ma la vera domanda non è come si vive dentro, bensì si mantiene il controllo dopo il collasso. Rushkoff racconta che i miliardari gli chiedono come mantenere il controllo delle loro guardie armate quando il denaro non avrà più valore. Alcuni pensano a collari disciplinari, altri a codici di accesso al cibo o all’impiego di robot da difesa. Uno di loro avrebbe arruolato una dozzina di Navy Seal pronti a intervenire nel momento giusto.
Dal progresso alla fuga dall’umanità
Un tempo immaginavamo la tecnologia come capace di migliorare l’umanità. Oggi, per molti super ricchi, serve a fuggire dall’umanità stessa. Douglas Rushkoff lo definisce “The Mindset”, una visione in cui vincere significa isolarsi dai danni che si sono causati, non risolverli. È l’ideologia che porta Elon Musk su Marte, Sam Altman a investire nell’upload della coscienza e Zuckerberg nel suo metaverso.
Quello che dà fastidio, e genera rabbia, è che proprio coloro che si preparano alla fuga (gli uomini più ricchi al mondo) sono spesso i responsabili della crisi climatica o geopolitica. Hanno i mezzi per cambiare il corso degli eventi, ma li usano per garantirsi un’uscita di emergenza. Un ex presidente della Camera di commercio americana in Lettonia, JC Cole, ha costruito fattorie-bunker nei pressi di New York e nel Poconos, con difese multilivello e addestramento tattico. Dice:
Onestamente, mi preoccupano meno le bande armate che la donna in fondo al vialetto che tiene in braccio un bambino e chiede cibo. Non voglio trovarmi in quel dilemma morale.
I bunker che ci servono davvero
Se la fine è davvero vicina, servono altri tipi di bunker. Non rifugi blindati per pochi eletti, ma reti locali di resilienza. Cole, ad esempio, sogna fattorie sostenibili cooperative, con medici, dentisti, allevamento, agricoltura rigenerativa e sicurezza condivisa. Non per isolarsi, ma per prevenire la catastrofe e offrire alternative al modello dei bunker di lusso che alimentano la disuguaglianza.
Star come Kim Kardashian, Tom Cruise e Mark Zuckerberg hanno già i loro rifugi, ma a cosa servono se non ad aspettare la fine, quella con la “f” maiuscola?
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