Da sabato 28 giugno 2025 è entrato in vigore l’European Accessibility Act (Atto Europeo sull’Accessibilità). Stefano Lombardi (Aused): «La direttiva impone alle aziende di sviluppare prodotti e servizi utilizzabili da tutti, comprese le persone con disabilità»
Da sabato 28 giugno 2025, l’accessibilità in Europa smette di essere solo un principio e diventa obbligo. E’ entrato, infatti, in vigore l’European Accessibility Act (Atto Europeo sull’Accessibilità), direttiva ambiziosa e necessaria che impone alle imprese e agli enti di sviluppare prodotti e servizi utilizzabili da tutti, comprese le persone con disabilità.
Non si tratta di un’attenzione marginale, ma di un cambiamento strutturale che riguarda la vita quotidiana di milioni di cittadini italiani ed europei. «Siti web, sportelli automatici, terminali per il pagamento, e-book, servizi di trasporto, e-commerce: tutto dovrà essere più leggibile, utilizzabile, accessibile», spiega al Corriere Stefano Lombardi, consigliere Aused (l’Associazione tra Utenti di Sistemi e Tecnologie dell’Informazione). Il principio guida è semplice e potente: l’inclusione non è una concessione, ma un diritto. L’Unione Europea, con questo atto, lancia un messaggio forte: il futuro sarà davvero comune solo se sarà davvero accessibile. E da oggi, non è più solo un auspicio. È legge.
Stefano Lombardi, cosa prevede la direttiva Ue 2019/88 sull’accessibilità e quali sono i suoi obiettivi principali?
La direttiva impone a tutte le aziende, compresi gli enti pubblici, di progettare e realizzare prodotti e servizi accessibili anche alle persone con disabilità. Questo significa che, per esempio, un’interfaccia web o un software dovranno essere compatibili con tecnologie assistive, come i lettori di schermo utilizzati da ipovedenti e non vedenti.
C’è un problema diffuso con le tecnologie attuali?
Se una pagina web non è strutturata correttamente, anche uno screen reader non riesce a leggerla in modo utile. È un limite serio all’accessibilità, che oggi questa direttiva vuole superare.
Da quando è effettiva la normativa?
Dal 28 giugno 2025 tutti i nuovi prodotti immessi sul mercato dovranno rispettare i criteri di accessibilità. Esiste poi una seconda scadenza, fissata al 28 giugno 2030: da quella data, anche i prodotti e servizi già esistenti, come siti e app, dovranno essere adeguati. Quindi, se ora le aziende si devono porre il problema solo per i nuovi prodotti, tra quattro anni tutto l’esistente dovrà essere adeguato alla normativa.
In Italia chi garantisce l’applicazione della direttiva?
Il recepimento è affidato all’AGID, l’Agenzia per l’Italia Digitale, che ha reso i requisiti della direttiva vincolanti per le aziende italiane.
Le imprese sono pronte a questo cambiamento?
No, molte aziende italiane non sono ancora pronte. Come consigliere Aused, un’associazione che rappresenta Cio e responsabili It, posso dire che il tema è passato un po’ in secondo piano, anche perché un’altra direttiva molto impattante – la Nis 2, sulla sicurezza informatica – ha monopolizzato l’attenzione.
Ci sono categorie di aziende esentate?
Sì, le micro imprese (con pochi dipendenti e basso fatturato) sono esentate. Le imprese di medie dimensioni hanno obblighi più leggeri, mentre le grandi imprese devono essere conformi da subito.
Sono previste sanzioni per chi non si adegua?
Sì, e saranno rilevanti. Anche se non è ancora chiarissimo quale autorità nazionale le applicherà, ora le aziende sono formalmente sanzionabili, come accadde con l’introduzione del Gdpr, il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati europeo.
Cosa deve fare un responsabile It ora?
Quattro cose: progettare prodotti accessibili; svilupparli secondo linee guida precise; garantire l’interoperabilità con tecnologie assistive (come gli screen reader); e documentare la conformità.
Ci sono benefici, oltre alla conformità normativa?
Certo. L’accessibilità migliora l’esperienza utente per tutti, non solo per le persone con disabilità. Anche gli anziani, per esempio, trarranno vantaggio da interfacce più semplici e leggibili.
Quale è l’impatto economico per le imprese?
Per i nuovi prodotti, oggi, l’impatto è modesto: si tratta di progettare diversamente. Il vero costo arriverà nel 2030, quando si dovranno adeguare prodotti già esistenti, magari ancora funzionanti, ma non conformi.
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