Conviene davvero alle PMI industriali investire nel fotovoltaico?
A giudicare dai numeri, dalle opportunità di finanziamento e dai risparmi concreti che si possono ottenere, la risposta sembra essere sì. Ma attenzione: dietro ai benefici economici ed energetici si nascondono anche insidie tecniche spesso sottovalutate. Interferenze, armoniche e problemi di qualità della rete possono trasformare un investimento virtuoso in una fonte di problemi, se non viene gestito con la dovuta attenzione.
Vediamo dunque cosa offre oggi il mercato, quali incentivi sono disponibili, quali vantaggi aspettarsi e quali costi occulti è bene mettere in conto fin da subito.
Incentivi: dal PNRR al credito d’imposta 5.0
Il 2025 è un anno favorevole per le PMI industriali che intendono installare impianti fotovoltaici per l’autoproduzione dell’energia (e sono tante). Tra le opportunità più interessanti c’è il bando “Autoproduzione nelle PMI”, finanziato dal PNRR, che mette a disposizione contributi a fondo perduto fino al 40% della spesa per impianti solari destinati all’autoconsumo.
L’incentivo aumenta se si aggiungono batterie di accumulo o se si realizza una diagnosi energetica.
A questo si affianca il credito d’imposta del piano Transizione 5.0, rivolto alle imprese che migliorano l’efficienza energetica dei propri processi produttivi. In questo caso, l’impianto fotovoltaico è finanziabile se inserito in un progetto più ampio, capace di ridurre i consumi energetici di almeno il 3%. Le aliquote del credito d’imposta sono variabili ma possono arrivare fino al 45% per le aziende più virtuose.
A completare il quadro ci sono le comunità energetiche rinnovabili (CER), che consente a più soggetti, anche industriali, di condividere l’energia prodotta localmente beneficiando di una tariffa incentivante garantita per 20 anni. In alternativa, si può ancora accedere al ritiro dedicato dell’energia immessa in rete.
Lo scambio sul posto è invece destinato a scomparire, con una finestra temporale che si chiuderà definitivamente a fine 2025.
Risparmi in bolletta e vantaggi ambientali
Per una PMI energivora, il fotovoltaico può significare decine di migliaia di euro di risparmio annuo. Un impianto da 120 kW, ad esempio, è in grado di coprire una buona parte dei consumi elettrici, riducendo il prelievo dalla rete e quindi il costo dell’energia acquistata. Il payback medio, in funzione della zona geografica e degli incentivi ricevuti, può scendere sotto i 4 anni. Con una vita utile dell’impianto di almeno 20-25 anni, il risparmio netto nel tempo diventa considerevole.
Oltre al beneficio economico, c’è anche quello ambientale: ogni MWh di elettricità solare prodotta evita l’immissione in atmosfera di centinaia di chili di CO2.
Per le aziende che devono rendicontare le proprie emissioni o che lavorano con clienti sensibili ai temi ESG, il fotovoltaico è anche uno strumento di marketing e di compliance.
I costi nascosti: armoniche, interferenze e rifasamento
Fin qui il quadro sembra idilliaco, ma è sul fronte tecnico che emergono le prime criticità. I principali problemi riguardano la compatibilità tra l’impianto fotovoltaico e la rete elettrica interna dello stabilimento. Gli inverter, che trasformano la corrente continua dei pannelli in corrente alternata, possono generare interferenze elettromagnetiche ad alta frequenza. Queste, se non opportunamente schermate, possono disturbare altri dispositivi elettronici presenti in azienda e inficiare la power quality.
Un altro rischio è rappresentato dalle armoniche: componenti indesiderate della corrente che deformano la forma d’onda ideale e possono creare surriscaldamenti, malfunzionamenti e riduzione dell’efficienza energetica. In particolare, se sono presenti rifasatori non filtrati, c’è il rischio che si inneschino fenomeni di risonanza, con conseguenze anche gravi per gli impianti.
Proprio il rifasamento è un punto spesso trascurato. Il fotovoltaico modifica il rapporto tra potenza attiva e reattiva assorbita dalla rete, peggiorando il fattore di potenza apparente. Se non si interviene adeguatamente, si rischiano problematiche o consumi extra.
Infine, l’immissione in rete di energia solare può causare innalzamenti di tensione nei quadri elettrici aziendali, specialmente in condizioni di basso carico e alta produzione. Ciò può far scattare le protezioni o provocare distacchi degli inverter. Anche in questo caso, una progettazione attenta può prevedere l’utilizzo di trasformatori, stabilizzatori o inverter programmati per compensare in parte la tensione.
Serve progettazione, non improvvisazione
I casi reali di PMI che hanno installato il fotovoltaico confermano che i problemi tecnici possono essere superati, ma solo se affrontati in fase di progettazione. Analisi preliminari di power quality, rifasamento su misura, scelta di componenti elettrici compatibili e sistemi di monitoraggio sono investimenti necessari per garantire l’efficienza e la sicurezza dell’impianto.
Molte aziende si affidano a fornitori “chiavi in mano” o a ESCo, ma è importante che l’energy manager o il responsabile tecnico dell’impresa sia coinvolto in tutte le fasi. In alternativa, modelli come il leasing operativo o i PPA (Power Purchase Agreement) permettono di delegare l’investimento a terzi, mantenendo comunque un vantaggio economico.
In definitiva, il fotovoltaico per le PMI industriali non è solo una scelta green: è un’opportunità strategica per ridurre i costi, migliorare l’efficienza e rafforzare la competitività. Ma come ogni investimento industriale, richiede competenze, pianificazione e attenzione ai dettagli.
Il sole è gratuito, ma integrare un impianto solare in una rete elettrica industriale non lo è affatto.
Meglio saperlo prima!
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