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“Accogliamo un bisogno per trasformarlo in diritto”


C’è chi descrive la malattia come un “doppelgänger”, un sosia maligno che vive accanto a te, neanche troppo in silenzio, e ti costringe a continue rinunce. C’è chi, ogni giorno, convive con una stanchezza che non si può spiegare e con sintomi difficili da raccontare. Una persona su due affetta da Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI) afferma di avere limitazioni fisiche e sociali. Eppure, per troppo tempo, queste patologie sono rimaste sullo sfondo, invisibili agli occhi delle Istituzioni, della scuola, del lavoro e, talvolta, perfino della medicina. La seconda edizione della campagna “Voci di pancia. Dalle emozioni alle azioni” (www.vocidipancia.it.) promossa da Lilly con il patrocinio di AMICI Italia, IG-IBD e IFCCA, nasce per accendere i riflettori su questi bisogni, per trasformare le emozioni in diritti. Il progetto prende forma a partire dal racconto diretto dei pazienti raccolto nella prima edizione, e oggi diventa un piano d’azione concreto rivolto alle Istituzioni, alla comunità scientifica, alle imprese e alla società tutta.

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Dalle emozioni alle azioni

Sul fronte del lavoro e dello studio, si propone l’introduzione di incentivi fiscali e sgravi per le aziende che offrono modalità lavorative flessibili, il riconoscimento della disabilità ai sensi della Legge 104 e la promozione di percorsi formativi dedicati al personale scolastico e universitario. Per quanto riguarda sessualità e genitorialità, si auspica che medici e operatori sanitari siano formati per affrontare in modo empatico questi temi, spesso lasciati ai margini della relazione di cura. Sul piano dell’alimentazione e della convivialità, si chiede invece l’elaborazione, da parte del Ministero della Salute, di linee guida nutrizionali che possano aiutare i pazienti a gestire le diverse fasi della patologia.

Le MICI

“Le MICI sono malattie caratterizzate da un’infiammazione cronica della parete intestinale che provoca diarrea, dolore, debolezza e perdita di peso. Queste patologie colpiscono in Italia oltre 250mila persone, con un’incidenza in costante aumento, e hanno un esordio soprattutto in età giovanile, tra i 15 e i 40 anni”, spiega Alessandro Armuzzi, responsabile UO IBD dell’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano e Professore Ordinario di Gastroenterologia alla Humanitas University. Armuzzi ricorda come queste malattie, che comprendono colite ulcerosa e malattia di Crohn, possano presentare un andamento medio-grave nel 50% dei casi, incidendo profondamente sulla qualità della vita quotidiana. La diagnosi precoce, sottolinea, è cruciale: “Sono malattie che se non diagnosticate tempestivamente tendono a progredire, con danni intestinali e disabilità. È necessario andare oltre la gestione medica e affrontare anche gli aspetti sociali, perché questi pazienti hanno una qualità della vita fortemente compromessa. Serve un team multidisciplinare, capace di occuparsi anche di alimentazione, sessualità, gravidanza e ritorno al lavoro”.

I sintomi che non si vedono ma si ‘sentono’

Massimo Claudio Fantini, Segretario Generale di IG-IBD e Direttore della Gastroenterologia dell’AOU di Cagliari, sottolinea che nella colite ulcerosa il colon sviluppa ulcere della mucosa che provocano sintomi debilitanti come dolore addominale, urgenza evacuativa e affaticamento cronico. Nella malattia di Crohn, invece, l’infiammazione interessa l’intero spessore della parete intestinale e può causare ferite profonde. “Le MICI non hanno solo un impatto fisico – evidenzia – ma generano un peso psicologico e sociale significativo, troppo spesso sottovalutato”. Un peso invisibile, che però condiziona ogni aspetto della vita. “Le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali non si vedono. E proprio perché invisibili, spesso non vengono capite. Ma dietro a ogni paziente c’è una battaglia silenziosa, fatta di dolore, urgenza, stanchezza, solitudine che spesso colpisce non solo la persona ma tutto il nucleo familiare – sottolinea Salvo Leone, Direttore Generale di AMICI Italia e Chairman della IFCCA -. Oggi vogliamo rompere questo silenzio. Non è solo una questione medica: è una questione di diritti, di dignità, di qualità della vita. Con il Manifesto delle Azioni chiediamo un cambiamento reale, concreto, che parta dalle Istituzioni e arrivi nella vita di tutti i giorni. E ci rivolgiamo anche ai pazienti: non siete soli. La vostra voce conta. Le vostre emozioni sono la forza da cui partire per costruire un futuro più giusto e più umano”.

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Oltre lo stigma

Leone insiste sulla necessità di superare lo stigma, alimentato dal ‘non detto’: “Queste malattie sono caratterizzate da una disabilità non visibile e sintomi difficili da raccontare, per cui spesso il paziente non dice di avere la malattia e viene stigmatizzato. Noi siamo convinti che lo stigma sia frutto del silenzio, e che il ruolo delle associazioni sia fondamentale per raccogliere le voci di chi non ne ha e trasformarle in tutele e diritti. ‘Voci di pancia’ – aggiunge – vuole affermare che le persone con MICI non sono definite dai loro limiti, ma dai loro desideri, dalla loro dignità, dai loro diritti. Per questo affronta temi troppo spesso esclusi dalla narrazione clinica della malattia: scuola, lavoro, genitorialità, sessualità, alimentazione”.

Il sostegno dell’industria farmaceutica

A sostenere la campagna, anche il mondo dell’industria farmaceutica. “Il nostro impegno è quello di migliorare la vita delle persone, non solo grazie all’innovazione farmacologica. La campagna ‘Voci di Pancia’ è un esempio di come interpretiamo questo ruolo: essere al fianco dei pazienti e delle Società scientifiche per ascoltare e raccogliere le loro necessità e, insieme, provare a costruire un mondo migliore – afferma Federico Villa, Associate VP Corporate Affairs e Patient Access Italy Hub di Lilly -. Le MICI sono patologie spesso invisibili ma con un impatto molto importante sulla vita di chi ne è colpito. Vogliamo aiutare le persone e le loro famiglie ad alleggerire il carico di queste patologie nel quotidiano. Abbiamo il dovere di contribuire a quel cambio culturale che può realmente migliorare la qualità di vita, in sinergia con associazioni pazienti e società scientifiche”.

Il contributo delle Istituzioni

Le proposte del Manifesto sono state accolte con interesse anche dalle Istituzioni. Gian Antonio Girelli, membro della Commissione Affari sociali della Camera, sottolinea come prendersi cura delle persone significhi anche occuparsi dell’impatto della malattia nelle relazioni, nel lavoro, nella vita quotidiana: “Questo manifesto è di particolare interesse perché obbliga tutti a riflettere: fare sanità significa soprattutto prendersi cura di una persona, che è molto di più che curare una malattia”. Dello stesso avviso Ilenia Malavasi, membro della stessa Commissione, che richiama l’urgenza di combattere lo stigma soprattutto nel contesto scolastico: “Spesso ci concentriamo sul diritto alla cura, ma quando si è di fronte a malattie così è necessario farsi carico anche della qualità della vita e delle relazioni. La discriminazione all’interno delle scuole è uno stigma troppo grande per un bambino. Il ruolo delle scuole e delle università è fondamentale anche per formare il corpo docente affinché abbia gli strumenti necessari per promuovere l’inclusione”. Il Ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli aggiunge che “iniziative come queste sono importanti perché è necessario che le persone che soffrono di malattie come le MICI, che impattano sulla qualità di vita, siano sostenute anche attraverso azioni pratiche come quelle oggi proposte”.

Ogni bisogno è un diritto

“Accogliere un bisogno di un malato per trasformarlo in un diritto: è questa la nostra mission”, dice Salvo Leone. È la direzione di marcia di una campagna che oggi si articola in strumenti concreti: un Manifesto firmato da associazioni, clinici, istituzioni e industria, tre guide pratiche per orientarsi tra lavoro, alimentazione, sessualità e genitorialità e una serie di vodcast per promuovere il dialogo. Ma, soprattutto, è un invito a uscire dall’ombra. A raccontare, comprendere, agire. Perché la sofferenza non rimanga solo una voce interiore, ma diventi una voce pubblica, collettiva.

 

 

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