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Ordinanza per emergenza caldo 2025: Regioni che hanno aderito


In questa estate 2025, l’Italia e gran parte dell’Europa stanno affrontando una prolungata ondata di caldo che, per intensità e durata, sta diventando una vera e propria emergenza: ecco quali sono le Regioni che, con un’ordinanza apposita, stanno emanado provvedimenti per tutelare i lavoratori.

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Le temperature eccezionali stanno mettendo a dura prova la tenuta dei servizi sanitari, l’organizzazione del lavoro e, soprattutto, la salute delle persone più esposte. In assenza di una regia unitaria da parte del governo centrale, le Regioni si stanno muovendo autonomamente, adottando misure diversificate per contrastare gli effetti dell’afa estrema, con particolare attenzione alla tutela dei lavoratori all’aperto.

Ordinanza per emergenza caldo 2025: in quali Regioni è stata adottata?

In risposta all’ondata di caldo che sta investendo l’Italia, tredici Regioni hanno scelto di adottare misure straordinarie per tutelare i lavoratori esposti alle alte temperature. L’intervento, richiesto a gran voce anche dalle sigle sindacali, ha preso forma in ordinanze locali che stabiliscono limiti e sospensioni alle attività più faticose svolte all’aperto durante le ore centrali della giornata.

Tra le amministrazioni che hanno già emanato provvedimenti figurano Lombardia, Lazio, Emilia-Romagna, Toscana, Abruzzo, Campania, Puglia, Calabria, Basilicata, Liguria, Sicilia e Sardegna. Tutte, con leggere differenze, hanno introdotto un principio comune: nei giorni in cui le condizioni meteo raggiungono livelli di rischio elevato – identificati dal cosiddetto bollino rosso – i lavori manuali all’esterno devono fermarsi tra le 12:30 e le 16:00. Si tratta della fascia oraria considerata più pericolosa per l’esposizione prolungata al sole e al caldo torrido.

Durata e ambito di apllicazione delle ordinanze

La durata e l’ambito di applicazione delle ordinanze variano da Regione a Regione. Nel Lazio, ad esempio, lo stop ai lavori all’aperto sarà in vigore fino al 31 agosto e riguarderà specificamente cantieri, cave, campi agricoli e vivai. In Lombardia, le stesse categorie sono interessate da analoghi limiti orari, ma la finestra temporale è più ampia: le restrizioni saranno valide fino al 15 settembre. Entrambe le Regioni condividono quindi un impianto normativo simile, ma divergono per quanto riguarda la copertura temporale delle misure.

Non mancano le eccezioni. La Lombardia, ad esempio, esclude dai divieti le amministrazioni pubbliche, i concessionari di servizi di pubblica utilità e tutte le attività legate alla protezione civile e alla sicurezza collettiva. In sostanza, i lavori ritenuti “essenziali” possono proseguire anche in condizioni climatiche estreme.

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Anche altre Regioni, pur adottando ordinanze con contenuti analoghi, introducono deroghe per esigenze improrogabili o settori strategici. Questo mosaico di norme riflette l’assenza di una regia nazionale che garantisca un’azione uniforme, ma mostra anche una crescente consapevolezza a livello territoriale dei pericoli connessi al riscaldamento climatico e al suo impatto sul mondo del lavoro.

Le fonti istituzionali per monitorare il rischio

A supporto delle decisioni locali, esistono strumenti sviluppati a livello nazionale per monitorare e prevedere i rischi legati alle temperature elevate. Tra questi, un ruolo centrale è svolto dal progetto Worklimate 2.0, promosso dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) attraverso l’Istituto per la BioEconomia, in collaborazione con l’INAIL e altri partner. Il progetto, attivo dal maggio 2023, punta a fornire strumenti pratici per ridurre i danni alla salute e alla produttività derivanti dalle ondate di calore, rivolgendosi direttamente a imprese, datori di lavoro e figure della sicurezza aziendale.

Una delle innovazioni principali è la piattaforma previsionale Worklimate 2.0, pensata per offrire un orientamento tempestivo a chi si occupa di prevenzione nei luoghi di lavoro e alle autorità sanitarie, aiutando a individuare con precisione i momenti più critici per l’esposizione al caldo.

Il sistema di allerta del Ministero della Salute

Anche il Ministero della Salute è in prima linea nel fornire strumenti informativi e operativi per affrontare l’emergenza caldo. Con il proprio sistema nazionale di prevenzione degli effetti negativi del caldo sulla salute, il Ministero diffonde quotidianamente un bollettino sulle ondate di calore, differenziato per città e disponibile online fino a metà settembre. I dati sono elaborati dal Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale del Lazio.

Il bollettino distingue quattro livelli di rischio:

  • Livello 0: nessuna allerta
  • Livello 1: rischio moderato previsto entro 24-72 ore
  • Livello 2: rischio elevato previsto entro 24-72 ore
  • Livello 3: condizioni critiche persistenti per almeno tre giorni consecutivi

Sono 27 le città italiane monitorate da questo sistema, tra cui Roma, Milano, Napoli, Palermo, Bologna e Venezia. I dati sono essenziali per attivare interventi socio-sanitari mirati, in particolare per le categorie più vulnerabili: anziani, persone con malattie croniche, bambini piccoli e donne in gravidanza.

Monitoraggio sanitario e informazione pubblica

Per garantire un controllo continuo dell’impatto sanitario dell’afa, il Ministero si avvale anche del Sistema di Sorveglianza della Mortalità Giornaliera (SiSMG), attivo in 55 città italiane. Questo sistema monitora in tempo reale i decessi e gli accessi in pronto soccorso legati a condizioni meteo estreme, permettendo l’attivazione tempestiva di misure di prevenzione sanitaria.

Parallelamente, sul portale ministeriale è disponibile un’ampia gamma di materiali informativi, destinati sia alla popolazione generale che agli operatori del settore sanitario e socio-assistenziale. Opuscoli, linee guida e raccomandazioni aiutano a diffondere buone pratiche e a riconoscere i segnali di rischio.

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Il nodo del coordinamento nazionale

Nonostante l’intensità e la diffusione del fenomeno, il governo non ha ancora predisposto un piano di intervento centralizzato, lasciando così alle Regioni la responsabilità di agire in autonomia. Questa mancanza di regia unitaria ha generato un quadro frammentato, in cui le tutele per i lavoratori variano da un territorio all’altro, con possibili disuguaglianze nell’efficacia delle misure.

In un contesto segnato dall’aggravarsi della crisi climatica e da estati sempre più torride, la necessità di una strategia nazionale di prevenzione e gestione del rischio appare ormai urgente. L’ondata di caldo in corso, con i suoi effetti sulla salute, sul lavoro e sui servizi pubblici, rappresenta solo l’ennesimo segnale d’allarme che non può più essere ignorato.



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