È un grido d’allarme e, insieme, una chiamata all’azione quella che si leva dalla Quarta Conferenza internazionale sul finanziamento allo sviluppo (Ffd4), in programma a Siviglia dal 30 giugno al 3 luglio. Un appuntamento cruciale che vede riuniti governi, istituzioni finanziarie internazionali, rappresentanti della società civile e delle Nazioni Unite per affrontare la crisi del debito che minaccia la stabilità sociale, economica e politica di intere aree del mondo.
«L’attuale sistema del debito è al servizio dei mercati finanziari, non delle persone. È giunto il momento di agire in modo responsabile». Con queste parole nette, pronunciate lo scorso 20 giugno, il premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz ha presentato il rapporto elaborato dalla Commissione del Giubileo, istituita dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali in collaborazione con la Columbia University. Il documento rappresenta la base concettuale e operativa della Conferenza di Siviglia: un programma ambizioso per riformare l’architettura finanziaria globale e rendere l’economia uno strumento a servizio delle persone.
Il ritorno del debito come minaccia globale
La posta in gioco è alta. Nei Paesi in via di sviluppo, il peso degli interessi sul debito ha raggiunto livelli insostenibili. Secondo i dati più recenti, 54 Stati spendono oltre il 10% delle loro entrate fiscali solo per pagare gli interessi. Una situazione che, di fatto, toglie risorse vitali a settori chiave come la sanità, l’istruzione, le infrastrutture e la resilienza climatica. In altre parole, il debito ostacola la possibilità concreta di uscire dalla povertà e compromettere i già fragili equilibri sociali.
A distanza di un quarto di secolo dalla storica campagna per la remissione del debito lanciata in occasione del Giubileo del 2000, la realtà impone un nuovo slancio. Allora, l’intervento delle istituzioni finanziarie internazionali aveva permesso a molti Paesi di liberarsi dal giogo del debito. Ma la mancanza di regole comuni sul prestito responsabile ha riportato molte economie sull’orlo del baratro.
Una questione di giustizia (e di pace)
Oggi, il debito non è solo una questione economica. È un problema etico e politico che alimenta le diseguaglianze e aggrava le ingiustizie. Le guerre in corso monopolizzano l’attenzione dei media, ma dietro molti conflitti si nascondono decenni di miseria e di saccheggio. Lo ha spiegato con lucidità lo scrittore Suketu Mehta nel suo saggio Questa terra è la nostra terra: «Dopo averci saccheggiato per secoli, i Paesi ricchi se ne sono andati lasciandoci confini tracciati per alimentare guerre permanenti». Il colonialismo economico non è finito: si è solo trasformato. La remissione del debito diventa così non soltanto un atto di giustizia, ma un vero e proprio investimento per la pace. Modificare le politiche adottate dalle istituzioni multilaterali, migliorare i meccanismi di ristrutturazione del debito, evitare piani di austerità insostenibili e favorire riforme strutturali a lungo termine: questi i punti chiave del rapporto presentato alla conferenza.
Un’occasione da non perdere
Siviglia offre un’occasione storica per cambiare rotta. I governi hanno la responsabilità – e gli strumenti – per farlo. Come ha scritto per i media vaticani l’economista Riccardo Moro, «l’attesa è grande» e la speranza è che la politica sappia essere all’altezza. Non è il momento dei compromessi al ribasso. Se davvero si vuole raggiungere la Agenda 2030 con i suoi Obiettivi di sviluppo sostenibile, occorre liberare risorse, correggere storture, immaginare un’economia che non si limiti a misurare il PIL, ma sappia garantire dignità, diritti e futuro.
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