Il governo presta la massima attenzione “alle aree interne” per “dotarle di maggiori servizi”. Lo ha detto il ministro per gli Affari europei e le Politiche di coesione, Tommaso Foti, in un’intervista a “Il Mattino”. “Dal Covid in poi abbiamo assistito a un fenomeno di rientro dalle aree a nord del Paese verso il sud e dalle grandi città alle aree interne. Sono il primo io a credere come ci siano tre elementi che ci fanno sperare in una ripresa delle aree interne, altro che processo irreversibile. Anzitutto gli investimenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, quelli dei fondi Coesione e un’inversione dei numeri contenuti già negli ultimi studi che concordano su un trend in cambiamento. E non ci si basa solo sui coefficienti di denatalità ma su indicatori economici oggettivi”. Per le migrazioni verso il nord, ad esempio, ci si basa su proiezioni degli anni prima del Covid ma l’onda è cambiata: “Appunto. Basta vedere cosa accade per vivere nelle grandi città del nord: prima il peso di una locazione incideva al massimo 25-30 per cento dello stipendio, adesso è del 50-60 per cento. È evidente, quindi, che il nord del Paese non è più un fattore di attrazione come un tempo. Pensi anche al personale alberghiero e della ristorazione che d’estate andava nelle località del nord a lavorare: ebbene oggi se non viene offerto l’alloggio non ci va più nessuno perché non è conveniente. Tanto che – ha aggiunto Foti – il ministero del Turismo sta pensando di prevedere forme di co-housing per questo tipo di personale. Sulle previsioni sono convinto quindi che si possano trovare ragioni di modifica in corso d’opera”.
Intanto, il governo ha presentato un piano per le aree marginali: “La rotta si può invertire e alcuni dati vanno già in questa direzione. Si pensi anche agli indici di crescita: in questo momento al sud sono positivi più del nord e iniziamo ad assistere ad una migrazione di ritorno. Non a caso questo piano è stato votato all’unanimità dalla Conferenza delle regioni, dall’Anci e dall’Unione delle province italiane e dall’Uncen”. Per i comuni “i fondi ci sono perché la programmazione 2014/2020, faccio presente che siamo nel 2025, non è mai stata conclusa e ci sono anche per la programmazione 2021-2027. Ovviamente c’è un’impostazione diversa perché vedendo com’è andata la prima programmazione si è pensato innanzitutto di responsabilizzare in questa attività le regioni, anche come coordinamento, ma soprattutto di individuare per ogni area interna un ente capofila che sia responsabile del progetto d’area”. Il ministro non intende “prendere lezioni da chi abita in un appartamento a Cortina e soprattutto so bene cosa significa non avere una farmacia, una scuola, uno sportello bancario ed un ufficio postale aperto almeno due giorni la settimana. Se vogliamo rilanciare le aree interne, bisogna pensare anche al digitale: non a caso stiamo investendo sulla banda larga nelle zone bianche prevalentemente quelle delle aree interne. Inoltre, ci sono 100 milioni del Pnrr per le farmacie rurali e oltre un miliardo per i borghi. Infine, con fondi statali finanziamo per 800 milioni il progetto Polis di Poste Italiane, volto a favorire la coesione economica, sociale e territoriale del Paese e il superamento del digital divide nei piccoli centri e nelle aree interne”, ha concluso Foti.
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