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Economia Emilia Romagna sempre più incerta


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Economia Emilia Romagna sempre più incerta. Tra gennaio e marzo 2025, il volume della produzione delle piccole e medie imprese dell’industria in senso stretto dell’Emilia Romagna è sceso rapidamente (-3,2%), come nell’ultimo trimestre del 2024. Stesso andamento per il fatturato complessivo (-3%), mentre quello estero ha registrato un nuovo lieve incremento (+0,7%). In flessione gli ordini (-2,5%), con quelli dall’estero senza variazioni di rilievo (-0,2%). Il grado di utilizzo degli impianti è sceso al 72,8%, il periodo di produzione assicurato dal portafoglio ordini è inferiore ai tre mesi (11,6 settimane).

L’economia Emilia Romagna ha visto la contrazione dell’industria regionale che ha interessato quasi tutti i settori, anche se con intensità diverse. Solo l’industria alimentare e delle bevande è cresciuta, anche se ad un ritmo inferiore rispetto agli ultimi mesi del 2024 (fatturato +1,3%, produzione +0,9%, ordini +0,6%).

Nell’inverno ha trovato ulteriore conferma la recessione delle industrie del sistema moda (fatturato -6,6%, produzione -5,9%, ordini -3,4%). Si è confermata anche la profonda fase di recessione dell’industria metallurgica e delle lavorazioni metalliche dove il fatturato complessivo è diminuito del -4,7%, quello dall’estero del -3%, la produzione ha rallentato del -5,6%.

Preoccupano gli ordini complessivi scesi del -6,4%, con quelli dall’estero a -3,8%. Andamento simile nel raggruppamento delle industrie meccaniche, elettriche e dei mezzi di trasporto dove la produzione è scesa del -3,1%. Flessione leggermente inferiore, -2,3%, per l’industria del legno e del mobile. Le “altre industrie”, che comprendono le industrie della chimica, farmaceutica, plastica e gomma e quelle della trasformazione dei minerali non metalliferi, cioè ceramica e vetro, hanno rallentato la produzione del -2,4%, ma sono anche riuscite a mettere a segno un aumento degli ordini esteri +0,6%.

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Le imprese minori hanno subito un calo dell’attività medio del -4,3%, ma si è accentuata la recessione delle imprese medio grandi, che è stata mediamente del -3,4%.

L’economia Emilia Romagna vede un saldo leggermente negativo nella registrazione di nuove imprese, -175, (dato da iscrizioni, cessazioni dichiarate e variazioni di attività), valore più contenuto della media delle variazioni registrate nel primo trimestre degli ultimi dieci anni.

Nell’industria alimentare e delle bevande, un settore conosciuto in passato per la sua stabilità, il saldo delle dichiarazioni delle imprese è risultato negativo (-34, -0,7%), con una incidenza superiore alla media dell’industria regionale. Segno negativo molto più contenuto rispetto a quello dello stesso periodo dello scorso anno per le industrie della moda (-38, -0,7%). Diminuite anche le industrie del legno e del mobile (-33, -1%). Sostanzialmente stabile il numero delle imprese della ceramica, del vetro e dei materiali refrattari (-8, -0,5%), nell’importante comparto della metallurgia e dell’industria dei prodotti in metallo (-5), e nell’ampio aggregato delle industrie elettroniche, delle apparecchiature elettriche, dei macchinari e apparecchiature, degli autoveicoli e rimorchi, degli altri mezzi di trasporto e della riparazione, manutenzione ed installazione di macchine ed apparecchiature (-23, -0,2%).

Questo risultato è stato determinato da un lato dall’aumento nel numero delle industrie della riparazione e manutenzione di macchine (+26, +0,5%) e dall’altro dai contributi negativi degli altri sottosettori, con la sola eccezione della fabbricazione di altri mezzi di trasporto, tra cui i principali provengono dal fondamentale e ampio settore della fabbricazione di macchinari e apparecchiature Nca (-31 imprese, -0,8%) e dalla rilevante base delle imprese della fabbricazione di apparecchiature elettriche ed apparecchiature per uso domestico non elettriche (-14, -1,2%).

Secondo i dati delle esportazioni delle regioni italiane di fonte Istat, nell’inverno 2025 il valore delle esportazioni manifatturiere emiliano-romagnole ha subito una nuova flessione del -1,5% rispetto allo stesso periodo del 2024, più contenuta di quella più pesante sofferta nell’ultimo quarto dello scorso anno. L’export manifatturiero è sceso a circa 20 miliardi di euro, corrispondenti al 13,2% dell’export nazionale della manifattura. L’andamento negativo delle esportazioni regionali è apparso in controtendenza rispetto all’accelerazione della ripresa del complesso dell’export manifatturiero nazionale (+3%).

Secondo le stime elaborate a metà aprile da Prometeia in “Scenari per le economie locali”, nel 2025, con una tenuta della domanda estera e una lieve accelerazione dei consumi il valore aggiunto reale prodotto dall’industria in senso stretto regionale potrebbe riprendersi del +0,8%.

«I dati mostrano un clima di incertezza che non si abbassa ma sta diventando costante. La difficoltà per le imprese è programmare gli investimenti, che guardano sempre al lungo periodo – dice Valerio Veronesi, presidente di Unioncamere Emilia Romagna -. È in questo sfasamento temporale –  fra notizie che cambiano lo scenario di settimana in settimana e la necessità di strategie di impresa di medio lungo periodo – che devono essere innestati con rapidità stimoli e incentivi. Cioè fiducia per correre sul cronometro dei tempi attuali della competizione internazionale. Per questo abbassare i costi dell’energia, rendere più facile e veloce investire, trasformare le piccole imprese in grandi pionieri dell’autoimprenditorialità, trattenere i giovani e trasformare la loro formazione nelle nostre future filiere, è ora urgente quanto forse mai prima dal dopoguerra».

«L’industria della regione – sottolinea il presidente di Confindustria Emilia Romagna, Annalisa Sassirisente dell’incertezza crescente. Per sostenere la fiducia di imprese e consumatori dobbiamo mettere al centro la manifattura e la nostra capacità del fare, l’eccellenza delle nostre produzioni, la spinta propulsiva del digitale, e rilanciare investimenti ed esportazioni, che sono la vera leva della crescita economica. Occorre investire nelle nostre città, per renderle più attrattive non solo per il turismo ma anche per i lavoratori. Ribadiamo la centralità delle infrastrutture, a partire dal Passante di Bologna la cui rilevanza non può essere messa in discussione a progetto approvato».

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