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L’impresa in Italia tra entusiasmo e carenze formative


Roma, 9 Lug. – Il tessuto imprenditoriale italiano caratterizzato dalle microimprese, che rappresentano il 78,9% del totale, secondo gli ultimi dati Istat. Sono oltre 4,2 milioni le realt con meno di 10 dipendenti, ma spesso mancano delle competenze necessarie per crescere in modo sostenibile. Il risultato? Difficolt ad accedere ai fondi pubblici e un’elevata mortalit aziendale, con effetti negativi sull’economia del Paese.

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Sebbene negli ultimi anni si sia registrata una leggera flessione – dal 79,5% nel 2019 al 77,6% nel 2021 – questo non si traduce automaticamente in un consolidamento del sistema. Molte microimprese continuano a operare senza una strategia strutturata.

“Il problema principale l’assenza di pianificazione strategica”, spiega Francesca Sperzagni, tributarista ed esperta di finanza agevolata, nonch presidente di Sportello Impresa. “Molti vedono i bandi di finanziamento come una lotteria. Ma la finanza agevolata richiede progetti concreti, chiari e misurabili”.

Secondo Sperzagni, aprire una partita IVA o una SRL semplificata diventato facile, ma ci non garantisce competenze gestionali adeguate. Da qui la sua provocazione: “Gli imprenditori dovrebbero sostenere un esame di base quando si iscrivono alla Camera di Commercio. So che non sar una proposta popolare, ma serve una formazione minima per fare impresa”.

La finanza agevolata resta una grande opportunit per le imprese, ma spesso sprecata per mancanza di preparazione. I fondi sono disponibili e spesso rifinanziati, ma molte aziende arrivano impreparate o fuori tempo massimo. “Non si conoscono le scadenze dei bandi o si impiega troppo a predisporre la documentazione”, denuncia Sperzagni. “Se un bando chiude in due mesi, non puoi metterci un mese solo per chiedere due preventivi”.

Altro nodo cruciale la cantierabilit del progetto: non basta avere un’idea, serve che sia realizzabile subito e con tutte le autorizzazioni in regola. “Hai il locale giusto? Hai la canna fumaria? Sembrano domande banali, ma spesso scopriamo che mancano elementi fondamentali”, racconta. La scarsa cultura d’impresa emerge anche nella gestione finanziaria. Molti imprenditori non conoscono bene i propri flussi di cassa o non sono disposti a investire nel proprio progetto. “Quando chiedo: ‘Quanti soldi sei disposto a metterci tu?’, spesso cala il silenzio. Eppure, nessuna banca o ente finanziatore crede in un’idea pi del suo stesso promotore”.

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Tra i giovani, il problema assume una forma diversa. L’imprenditorialit viene vista come un modo per ottenere maggiore libert personale, piuttosto che come una sfida complessa che richiede impegno, sacrifici e presenza costante.Tuttavia, segnali incoraggianti non mancano. “Sto incontrando anche giovani preparati, con numeri alla mano realistici e progetti concreti”, osserva Sperzagni. Il vero cambiamento, per, dovrebbe partire dall’educazione scolastica. In Italia manca una formazione imprenditoriale di base, a differenza degli Stati Uniti, dove anche i bambini sono incentivati a sviluppare una mentalit imprenditoriale attraverso attivit pratiche. Da noi, esperienze formative di questo tipo restano rare.

In definitiva, l’Italia resta un paese di piccoli imprenditori, ma con un grande bisogno di cultura d’impresa. Per far crescere le attivit, non basta l’entusiasmo iniziale: servono competenze strategiche, finanziarie e gestionali. Solo cos l’imprenditoria italiana potr diventare davvero competitiva.

Sperzagni ha pubblicato “Pionieri di del Domani” un breve manuale ricco di esempi e di storie di successo (e di insuccesso) dedicato a chi aveva in mente un’idea imprenditoriale. Il libro si rivolge principalmente ai giovani che si approcciano al mondo imprenditoriale e fornisce in modo semplice e chiaro le informazioni su come affrontare il mondo del business.



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