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Lombardi: Non è vero pagamenti in 30 giorni


La Pubblica amministrazione paga i lavori alle imprese entro 30 giorni? Ma quando? Ma dove?”. È ironico e al tempo stesso sarcastico – ma anche amareggiato – il presidente di Federcepicostruzioni, Antonio Lombardi, parlando degli ultimi dati riportati qualche giorno fa da Il Sole 24 Ore (e allegati alla rendicontazione per riscuotere l’ottava rata del Pnrr). Finalmente, dice in sostanza il documento, uno degli obiettivi più rilevanti imposti dall’Europa, è stato raggiunto. Le imprese vengono pagate entro 30 giorni.

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“Forse è successo in una Repubblica parallela, una sorta di Pubblica Amministrazione di Narnia, dove i funzionari lavorano col cronometro in mano, i protocolli volano digitalmente da un ufficio all’altro, e i mandati di pagamento escono puntuali come gli stipendi dei parlamentari. Peccato che nel mondo reale – quello delle imprese, dei cantieri e dei creditori lasciati appesi – questi famosi 30 giorni siano ancora una leggenda metropolitana”.

Qual è, presidente, lo stato dell’arte e la verità dei fatti?

“Nel Paese in cui viviamo noi, che rappresentiamo migliaia di imprenditori edili, il tempo medio reale di pagamento della Pubblica Amministrazione spesso supera i 90 giorni, se va bene. Si avvicina ai 180, se c’è di mezzo qualche ente locale in difficoltà. Se poi si tratta di lavori legati a fondi PNRR arriviamo a 12 mesi tra certificazioni, validazioni, riti arcaici o autorizzazioni incrociate tra enti che si parlano tramite piccioni viaggiatori. Altro che digitalizzazione, per toccare un altro asset strategico del PNRR”.

A suo avviso quindi questo obiettivo non è stato raggiunto? Nessuna svolta?

“Altro che svolta. Forse si tratta di una svolta comunicativa, non certo operativa. Un modo per strappare un titolo da campagna elettorale, non certo degno di una severa e realistica rendicontazione pubblica”.

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Da dove viene fuori, allora, questo dato?

“Non ne ho idea. Ma se davvero la pubblica amministrazione avesse iniziato a pagare in 30 giorni, noi imprese ce ne saremmo accorti”

Invece?

“Invece siamo costretti quotidianamente a finanziare lo Stato lavorando a credito; siamo costretti ad assistere impotenti a centinaia di fallimenti di imprese sane strangolate da ritardi nei pagamenti. Sarà anche vero che qualche media nazionale ha letto un dato aggregato ottimistico di Eurostat o di qualche osservatorio ministeriale. Ma noi, che i cantieri li apriamo davvero, sappiamo bene dove finisce la narrazione e inizia la realtà. Lo Stato che paga in 30 giorni? È come la semplificazione burocratica o la sburocratizzazione: se ne parla tanto, ma nessuno l’ha mai vista. Ma siamo fiduciosi e attendiamo con ansia che qualcuno ci presenti questo miracolo”.

Nel frattempo?

“Nel frattempo, ci tocca sollecitare, protocollare, diffidare. E, ovviamente, lavorare. Nonostante tutto”.

Nei giorni scorsi lei ha avuto modo di ironizzare anche su un duro attacco che il senatore Carlo Calenda ha rivolto al Superbonus 110%. Cattiva comunicazione anche in quel caso?

“Assolutamente sì. Ridurre il Superbonus, come ha fatto il senatore Calenda a una “spesa” senza analizzarne gli effetti economici, occupazionali e ambientali è una semplificazione ingiustificata, utile solo alla polemica, non certo al Paese. E sorprenda che venga da un politico con una grande esperienza manageriale”.

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Qual è la realtà dei fatti e dove sbaglia, a suo avviso, il senatore Calenda?

“Il Superbonus non è stato una spesa netta di 126 miliardi, ma un investimento che ha sostenuto il PIL per oltre 2,5 punti all’anno in piena crisi post-Covid; ha creato quasi un milione di posti di lavoro tra diretti e indiretti (sono dati certificati non solo dai costruttori ma anche dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri e dall’Istat); ha portato a maggiori entrate fiscali e contributive stimate in oltre 43 miliardi (dati MEF); ha migliorato la sicurezza e l’efficienza energetica del patrimonio edilizio; ha ridotto i consumi e le emissioni, contribuendo agli obiettivi climatici europei. Dire che i soldi del Superbonus “potevano essere spesi in sanità e scuola” è una contrapposizione strumentale. Anche gli investimenti edilizi hanno effetti sociali”.

In che senso?

“Rendere più sicure ed energeticamente sostenibili le case è una misura di welfare concreto; inoltre, il Superbonus ha sostenuto centinaia di migliaia di PMI e famiglie che vivono di edilizia, non solo benestanti, come strumentalmente spesso si sostiene. Il vero tema è quello di correggere gli abusi, rendere strutturali gli incentivi e selettivi i beneficiari, non smantellare del tutto una misura che ha dato risultati tangibili. Serve sicuramente investire in scuola e sanità, ma senza negare che il rilancio dell’edilizia è stato decisivo per la tenuta economica del Paese”.

Qualcosa però, col Superbonus 110% non ha funzionato.

“Il Superbonus non è stato perfetto. Ma ha fatto quello che in Italia non succede quasi mai: ha messo in moto cantieri, l’economia e il lavoro. I problemi si correggono. Le ipocrisie, invece, no”.

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