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Sanità digitale, la salute in un’app


Ci sono però anche altri ambiti importanti di investimento, come lo sviluppo di App per la salute e sensori per raccogliere dati clinici, ritenuto prioritario per il 48% delle aziende, e lo sviluppo di Terapie Digitali (DTx, soluzioni digitali validate clinicamente per integrare o sostituire le terapie tradizionali), che è prioritario per il 38%. Attraverso la ricerca svolta sui pazienti, coinvolti grazie alla collaborazione con AMR, APMARR, FAND, FederASMA e Onconauti, e sui cittadini, grazie alla collaborazione con BVA Doxa, è emerso che le App più diffuse sono quelle per migliorare lo stile di vita (utilizzate dal 39% dei pazienti e 18% dei cittadini), quelle per tenere sotto controllo i parametri clinici (30% e 16%) e quelle per aumentare l’aderenza terapeutica (14% e 10%). Quattro medici di medicina generale su dieci – coinvolti nella ricerca in collaborazione con la FIMMG – e un terzo dei medici specialisti – coinvolti nella ricerca svolta in collaborazione con AMD, AME, FADOI, Homnya e SIMFER – hanno già consigliato App per tenere sotto controllo i parametri clinici, mentre un medico di medicina generale su quattro e un terzo degli specialisti hanno già promosso App per migliorare lo stile di vita.
E proprio l’esperienza maturata con le App per la salute è il punto di partenza per l’introduzione di soluzioni digitali più avanzate, come le Terapie Digitali, un ambito per il quale in Italia non esiste ancora una normativa di riferimento, nonostante diverse proposte di legge che stanno cercando di regolamentarne l’uso: il 45% dei medici specialisti italiani sarebbe disposto a prescriverle, se fosse possibile. A livello internazionale si contano oggi 112 Terapie Digitali attive, applicate soprattutto nella salute mentale (35%), nell’endocrinologia (22%), nella reumatologia (9%) e nella neurologia (9%).
Sono alcuni dei risultati della ricerca dell’Osservatorio Life Science Innovation del Politecnico di Milano*, presentata oggi durante il convegno “Life Science: costruire il futuro tra digitale, algoritmi e nuove competenze”. Uno degli oltre 50 differenti filoni di ricerca degli Osservatori Digital Innovation della POLIMI School of Management (www.osservatori.net) che affrontano tutti i temi chiave dell’Innovazione Digitale nelle imprese e nella Pubblica Amministrazione.“L’evoluzione del quadro normativo, a livello sia nazionale sia europeo, sta contribuendo a delineare con maggiore chiarezza le condizioni abilitanti per l’adozione di innovazioni digitali nell’ecosistema Life Science – afferma Emanuele Lettieri, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Life Science Innovation -. In uno scenario sempre più plasmato da tecnologie digitali, dati e algoritmi, diventa essenziale investire in nuove competenze, aggiornare i modelli organizzativi e promuovere una cultura dell’innovazione consapevole, sostenibile e responsabile”.

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Il ruolo dell’AI. L’Intelligenza Artificiale si diffonde nella ricerca clinica. Nella fase di drug discovery si contano ben 152 startup su oltre 180 attive a livello internazionale, che catalizzano investimenti elevati (quasi il doppio rispetto alla media, 28,4 milioni di dollari vs 16,3 mln). Grazie all’AI Generativa è possibile individuare nuovi target terapeutici e creare molecole innovative, con un risparmio di tempi, costi e maggiore personalizzazione della terapia. Nella fase di sperimentazione clinica, tra le aziende farmaceutiche sono diffuse soluzioni di AI per la progettazione degli studi e la pianificazione e nel monitoraggio delle attività (52%). Nella fase di approvazione del farmaco, l’AI facilita la redazione automatizzata di documenti amministrativi (soluzione presente nel 59% delle aziende). Nel post-marketing consente il monitoraggio continuo e tempestivo della sicurezza del farmaco con l’analisi di dati real-world, adottata dal 30% delle aziende.

Nella relazione tra aziende farmaceutiche e professionisti sanitari, invece, l’AI è utilizzata per la profilazione e segmentazione dei professionisti (68%), per l’analisi e la sintesi dei medical insights emersi dalle interazioni tra Informatore Scientifico del Farmaco (ISF) o Medical Science Liaison (MSL) e i professionisti sanitari (58%) e per la generazione di contenuti personalizzati (50%). Sono meno diffuse le soluzioni di AI per la Next Best Action (43%), che suggeriscono a ISF e MSL contenuti e azioni successive, sulla base dei comportamenti e delle preferenze.

Le soluzioni di Intelligenza Artificiale più diffuse (78%) sono dedicate alla ricerca e analisi di articoli scientifici e documentazione, come l’analisi automatizzata della letteratura e la sintesi di contenuti scientifici, utilizzate sia nella fase di ricerca clinica, supportando l’identificazione di evidenze, target terapeutici e razionali degli studi, sia nel customer engagement, per generare contenuti rilevanti e aggiornati.

Nel 60% dei casi le aziende utilizzano soluzioni di AI generativa generaliste – come ChatGPT, Copilot e strumenti analoghi – già disponibili sul mercato e facilmente accessibili. Tuttavia, il 36% ha sviluppato soluzioni di AI generativa ad hoc, costruite su dati proprietari e integrate nei propri processi. “Nonostante l’AI generativa rappresenti un trend relativamente recente, emergono segnali di una crescente maturità – afferma Gabriele Dubini, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Life Science Innovation-. Le aziende iniziano infatti a considerare l’AI non più solo come uno strumento operativo, ma come una leva strategica per la trasformazione e il vantaggio competitivo”.

App per la Salute. Le App per la salute si diffondono nella prevenzione e cura dei cittadini-pazienti e rappresentano ormai una componente strategica nell’offerta delle aziende dell’ecosistema Life Science. Le più diffuse sono quelle per migliorare lo stile di vita (utilizzate dal 39% dei pazienti e 18% dei cittadini), per tenere sotto controllo i parametri clinici (30% e 16%) e per aumentare l’aderenza terapeutica (14% e 10%). Proprio il supporto a seguire con maggior costanza le terapie prescritte è uno dei principali benefici percepiti (51% dei pazienti e 29% dei cittadini), insieme alla maggior consapevolezza e informazione sullo stato di salute (56% e 31%). Tuttavia, due pazienti su dieci esprimono dubbi sull’efficacia delle soluzioni e preoccupazioni sull’affidabilità dei dati raccolti, in particolare tra i pazienti over 65, per i quali tali riserve risultano più accentuate.

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In questo scenario, i professionisti sanitari stanno già contribuendo attivamente alla diffusione. Il 41% dei Medici di Medicina Generale (MMG) e il 33% dei medici specialisti hanno già consigliato App per tenere sotto controllo i parametri clinici e rispettivamente il 24% e il 31% hanno promosso App per migliorare lo stile di vita. Dalla ricerca svolta in collaborazione con Federfarma, emerge che anche i farmacisti possono giocare un ruolo rilevante nell’educare i pazienti a un utilizzo corretto delle App per evitare interpretazioni errate (secondo il 43% dei farmacisti) e nel consigliare le App più affidabili per la gestione della salute (38%).

Le Terapie Digitali. Il 45% dei medici specialisti è propenso a prescrivere Terapie Digitali quando sarà possibile farlo in Italia, percentuale in linea con lo scorso anno e che sale al 60% tra coloro già a conoscenza delle differenze tra DTx e le tradizionali App per la salute. Un dato che evidenzia come la maggior consapevolezza influenzi positivamente l’intenzione di prescriverle e che sottolinea l’importanza di percorsi formativi dedicati, per i quali circa il 70% dei medici specialisti ha già manifestato interesse.
Per le aziende dell’ecosistema Life Science, le Terapie Digitali rappresentano un’opportunità concreta per supportare i pazienti (65%) e i professionisti sanitari (58%), oltre che per raccogliere dati rilevanti per la ricerca (46%). Tuttavia, sono numerose le criticità segnalate, tra cui la necessità di un radicale upskilling delle figure aziendali coinvolte (62%), la difficoltà di valutare il ritorno sull’investimento (54%), ma soprattutto la mancanza di un contesto normativo definito (69%). In Italia, infatti, non esiste ancora una normativa di riferimento specifica per le Terapie Digitali, nonostante sia stato recentemente fatto un importante passo avanti in questa direzione. Lo scorso 2 luglio 2025 è stato adottato, da parte della Commissione Affari Sociali della Camera, un testo base unificato dalla che integra le tre proposte di legge precedentemente presentate e che fornisce una definizione delle DTx e ne disciplina le modalità di valutazione.

A livello internazionale, il mercato delle Terapie Digitali è dinamico: sono 112 le DTx attualmente attive, con 24 nuove soluzioni immesse rispetto allo scorso anno, 5 uscite dal mercato. Le Terapie Digitali si applicano a diverse aree terapeutiche, con una prevalenza nell’ambito della salute mentale (35%), seguita da endocrinologia (22%), reumatologia (9%) e neurologia (9%). Un’evoluzione significativa riguarda le modalità di impiego: si riduce al 29% (14 punti in meno dello scorso anno) la quota di DTx utilizzate in modalità stand-alone, cioè indipendenti da farmaci, mentre cresce al 37% l’uso combinato con un’altra terapia (8 punti in più), che segnala un crescente interesse verso modelli integrati di trattamento.

“L’analisi delle funzioni attualmente offerte dalle DTx a livello internazionale rivela una copertura solo parziale delle aspettative dei pazienti, evidenziando la necessità di un maggiore allineamento tra offerta e bisogni reali – rileva Chiara Sgarbossa, Direttrice dell’Osservatorio Life Science Innovation -. Il monitoraggio dei progressi, richiesta dal 64% dei pazienti risulta ben coperta dall’offerta, ma altre aree sono meno sviluppate. Ad esempio, la possibilità di comunicare con il medico, prioritaria per tre pazienti su quattro, è presente solo nel 46% delle DTx. La possibilità di ricevere notifiche, ad esempio per ricordare di prendere un farmaco, è desiderata dal 65% dei pazienti, ma disponibile in meno della metà delle soluzioni. Mentre la possibilità di connettere la DTx con sensori e dispositivi wearable, ritenuta utile da metà dei pazienti, è offerta da tutte le soluzioni sul mercato, perché fondamentale per poter raccogliere in modo automatico i dati real-world da parte dei pazienti”.

Le barriere all’innovazione digitale. Il principale freno all’innovazione digitale nell’ecosistema Life Science per le aziende è la complessità normativa legata all’innovazione digitale (46%), per regolamentazioni stringenti e in continua evoluzione, spesso non allineati con il ritmo dell’innovazione tecnologica. Ma emergono anche altre barriere, tra cui la mancanza di risorse economiche e di competenze digitali, nonché la difficoltà a quantificare i benefici degli investimenti (39%).
“Più della metà delle aziende ha istituito funzioni o ruoli dedicati all’innovazione digitale, mentre circa un quarto ha creato team di progetto specifici per seguire singoli ambiti tecnologici – spiega Alberto Redaelli, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Life Science Innovation -. Tuttavia, solo nel 38% dei casi viene definito un budget per l’innovazione digitale a livello centrale, segno che la gestione resta ancora in molti casi poco strutturata”.

Per lo sviluppo di nuove competenze, la quasi totalità delle aziende coinvolte nella ricerca ha organizzato corsi di formazione per i propri dipendenti sui temi riguardanti l’innovazione digitale. In particolare, il 78% delle aziende ha formato i dipendenti sul ruolo dell’AI nel settore e il 63% ha previsto corsi specifici per la scrittura di prompt per l’AI generativa. Coerentemente con le priorità di investimento delle aziende, sono stati organizzati anche corsi sulle Terapie Digitali (33%) e sui temi legati alle App per la salute (30%).





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