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Divieto di compensazione tra credito IVA preconcorsuali e debito IVA concorsuale


La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7512/2025 dello scorso 21 marzo 2025, ha ribadito che il curatore della liquidazione giudiziale non può compensare il credito IVA maturato dall’impresa prima dell’apertura della procedura con i debiti sorti durante la procedura, a causa della suddivisione in 2 segmenti temporali dell’anno in cui viene dichiarato il fallimento. Viene, pertanto, confermato l’orientamento già espresso con le sentenze n. 3096/2019 e n. 14620/2019 e, dall’Agenzia delle Entrate, in 2 documenti di prassi. L’Associazione italiana dottori commercialisti ed esperti contabili (AIDC) ritiene, invece, possibile l’operazione, come da nota di comportamento n. 230 dello scorso 29 maggio 2025.

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La posizione dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate, già con la risoluzione n. 279/E/2002 e la circolare n. 13/E/2011, aveva precisato come «non possa operare la compensazione fra crediti o debiti verso il fallito e, rispettivamente, fra debiti o crediti verso la massa fallimentare», poiché le «posizioni del rapporto debitorio e del rapporto creditorio sono relative a soggetti diversi (fallito e massa fallimentare) e a momenti diversi rispetto alla dichiarazione di fallimento, con conseguente illegittimità della eventuale compensazione, fatta eccezione per l’ipotesi in cui gli importi in questione derivino, per effetto del trascinamento, nella procedura concorsuale, dall’attività del fallito precedente all’apertura della procedura stessa».

Con la conseguenza che, a parere dell’Agenzia delle Entrate, la compensazione fra crediti o debiti verso il fallito e, fra debiti o crediti verso la massa fallimentare, non è possibile perché le posizioni del rapporto debitorio e del rapporto creditorio sono relative a soggetti e a momenti diversi.

 

La posizione della Cassazione

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Sulla stessa linea si è espressa la recentissima sentenza n. 7512/2025 della Cassazione, ove i giudici di legittimità hanno ribadito che il curatore non può compensare il credito maturato prima dell’apertura della procedura con il debito sorto durante la procedura concorsuale.

La sentenza sottolinea che «sebbene dopo la dichiarazione di fallimento il curatore fallimentare conservi la stessa partita Iva della società fallita, in nessun caso il credito Iva sorto antecedentemente alla dichiarazione di fallimento può essere compensato con Iva a debito generata in esercizi successivi. Invero, le due posizioni Iva – quella antecedente e quella successiva al fallimento – sebbene riferite ad un’unica partita Iva sono fra loro distinte e divaricate e detta diversità è testimoniata, sul piano strutturale, dalla circostanza per cui, al momento della sentenza d’apertura della procedura di concorso, il curatore è tenuto a redigere due dichiarazioni Iva, la prima avente ad oggetto le operazioni effettuate dall’imprenditore dichiarato fallito, la seconda riferita alle operazioni successive alla dichiarazione di fallimento».

Di conseguenza, il credito IVA maturato in data anteriore al fallimento ha autonomia giuridica rispetto alle operazioni poste in essere post fallimento.

Peraltro, la circostanza che entro 4 mesi dalla declaratoria di fallimento il curatore debba presentare il modello 74-bis con indicazione delle operazione ante apertura procedura e che la dichiarazione IVA dell’anno di fallimento si componga di 2 quadri il primo riferito al periodo ante e il secondo al periodo post, denotano che le 2 posizione debbono essere mantenute distinte, con possibilità per il curatore di richiedere il rimborso dei versamenti eseguiti in eccedenza, ai sensi dell’art. 30, D.P.R. n. 633/1972.

L’indirizzo previsto dalla prassi e dal giudici di legittimità pare confliggere con la norma di comportamento n. 230 dall’Associazione italiana dottori commercialisti ed esperti contabili (AIDC) del 29 maggio 2025 che, al contrario, ha affermato che il credito IVA generato anteriormente all’avvio della liquidazione giudiziale (o del concordato preventivo) è compensabile, sia in senso verticale sia in senso orizzontale, con il debito tributario che si genera nel corso della procedura concorsuale, in quanto tali compensazioni non lederebbero le regole del concorso o in alternativa alla compensazione, il medesimo credito Iva può essere comunque chiesto a rimborso a decorrere dalla dichiarazione presentata ai sensi dell’art. 74-bis, D.P.R. n. 633/1972.

Sulla base delle considerazione sopra esposte, si ritiene di poter condividere la posizione espressa dalla giurisprudenza di legittimità e dalla prassi dell’Agenzia delle Entrate, che risulta conforme al dettato di cui all’art. 155, CCII, sulla base del quale i «creditori possono opporre in compensazione dei loro debiti verso il debitore il cui patrimonio è sottoposto alla liquidazione giudiziale i propri crediti verso quest’ultimo, ancorché non scaduti prima dell’apertura della procedura concorsuale».



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