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IMPRESE: COMPENSI AD CRESCIUTI DEL 50% IN 5 ANNI


A livello globale, negli ultimi 5 anni, la retribuzione mediana degli amministratori delegati d’impresa è cresciuta del 50%, in termini reali, passando da 2,9 milioni di dollari nel 2019 a 4,3 milioni nel 2024. Un aumento che supera di ben 56 volte la modesta crescita del salario medio reale (+0,9%), registrata nello stesso periodo nei Paesi per cui sono pubblicamente disponibili le informazioni sui compensi degli AD. A rivelarlo è una nuova analisi di Oxfam diffusa in occasione del Primo maggio. Una ricerca che ha preso in esame le retribuzioni annue totali (comprensive di compensi corrisposti a titolo di bonus e stock option) degli amministratori delegati di quasi 2.000 imprese in 35 Paesi, tra cui l’Italia, che l’anno scorso hanno percepito emolumenti superiori a 1 milione di dollari. Nel dettaglio, tra i Paesi in cui il campione di imprese analizzate è sufficientemente ampio, emerge che Irlanda e Germania vantano alcuni tra gli AD più pagati con una retribuzione annua mediana rispettivamente di 6,7 milioni e 4,7 milioni di dollari nel 2024; in Sudafrica il compenso annuo mediano degli AD era di 1,6 milioni di dollari nel 2024, mentre in India ha raggiunto i 2 milioni di dollari. “Anno dopo anno assistiamo allo stesso spettacolo a dir poco grottesco: i compensi degli AD crescono vertiginosamente, mentre i salari dei lavoratori in molti Paesi restano fermi o salgono di pochi decimali. – spiega Mikhail Maslennikov, policy advisor su giustizia economica di Oxfam Italia –. La dinamica appare ancor più incresciosa in un periodo di elevata inflazione, come il biennio 2022-23 che ci siamo lasciati alle spalle, in cui il potere d’acquisto delle retribuzioni si è drasticamente ridotto per milioni di lavoratori a basso salario, che hanno faticato a sostenere le spese per l’affitto, il cibo e l’assistenza sanitaria”.

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Il 2024 si è caratterizzato, su scala globale, per un processo di disinflazione pronunciato e una dinamica salariale positiva con una crescita annua del salario medio reale del 2,7% secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL). Tuttavia molti lavoratori, già soggetti a un’accentuata perdita cumulata di salario reale tra il 2019 e il 2023, hanno continuato a vedere le proprie retribuzioni stagnare. É il caso di Paesi come la Francia, il Sudafrica e la Spagna, in cui i salari reali sono cresciuti in media di appena lo 0,6% tra il 2023 e il 2024. L’impennata inflazionistica è oggi sostituita da una nuova minaccia: i dazi statunitensi. “Ci sono rischi significativi per i lavoratori di tutto il mondo. – aggiunge Maslennikov – Potremmo assistere infatti ad un consistente calo occupazionale e a un aumento del costo dei beni di prima necessità, forieri di un potenziale aumento delle disuguaglianze in molti Paesi”.  L’analisi di Oxfam si è concentrata inoltre sui divari salariali di genere a livello d’impresa. Esaminando 11.366 imprese di 82 Paesi, che pubblicano informazioni sul gender pay gap aziendale, si evince che il divario retributivo di genere a livello di impresa si sia, in media, ridotto tra il 2022 e il 2023, passando dal 27% al 22%.

 

Le lavoratrici occupate in tali imprese continuano tuttavia a svolgere l’attività lavorativa come se, in media, non venissero retribuite per un giorno alla settimana, mentre i loro colleghi maschi vengono pagati per l’intera settimana. Le imprese giapponesi e sudcoreane riportavano nel 2023 valori più elevati del divario retributivo di genere a livello aziendale (circa il 40%). Nelle imprese dell’America Latina il gap si attestava, in media, al 36%, in aumento rispetto al 34% dell’anno precedente. Le aziende in Canada, Danimarca, Irlanda e Regno Unito registravano invece divari retributivi medi più contenuti (circa il 16%). L’analisi di Oxfam ha inoltre rilevato come tra le 45.501 imprese di 168 Paesi con un fatturato annuo superiore a 10 milioni di dollari e che riportano il genere del proprio AD, meno del 7% aveva una donna nella posizione apicale dell’organigramma aziendale. Per quanto riguarda la dinamica dei salari reali, l’Italia è caratterizzata da un andamento negativo di lungo corso che colloca il nostro Paese nelle ultime posizioni, tra le economie avanzate. Dopo il biennio di alta inflazione (2022-2023), il 2024 ha visto i salari reali italiani tornare a crescere (+2,3% su base annua), secondo le ultime stime dell’OIL. Un incremento insufficiente tuttavia a colmare la perdita del potere d’acquisto delle retribuzioni, ampiamente eroso negli anni passati: il salario medio reale si è infatti contratto in Italia dell’8,7% tra il 2008 e il 2024. (2 mag – red)

 

(© 9Colonne – citare la fonte)

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