Contributi e agevolazioni

per le imprese

 

G. Amarelli | Il decreto sicurezza e la riforma degli effetti delle interdittive antimafia: un fiore nel deserto in attesa di essere emendato | Sistema Penale


1. Nell’ambito del decreto-legge n. 48/2025 – meglio noto come decreto sicurezza –,  attualmente al centro di accesissime critiche giuridiche, tanto per i suoi contenuti, caratterizzati in molti punti penalistici da un inusitato e non ragionevole rigore repressivo[1], quanto per la sua veste formale, tramutatasi all’improvviso da disegno di legge in decreto-legge immediatamente in vigore, con conseguenti problemi di conoscibilità per i consociati delle modifiche in malam partem[2], è prevista una novità meno appariscente e di segno opposto sul versante della prevenzione amministrativa antimafia che, invece, appare di notevole rilevanza e pienamente legittima sotto entrambi i piani, sostanziale e formale.

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 

Nel disorganico alternarsi delle innovazioni contenute nel provvedimento varato lo scorso 12 aprile dal Governo, tra loro profondamente eterogenee e legate solo dal vacuo concetto omnibus ‘sicurezza pubblica’, il negletto art. 3, lett. b), inframmezzato tra le disposizioni che introducono nuovi delitti in materia di terrorismo, ordine pubblico, sicurezza urbana ecc., contempla, infatti, un importante e attesissimo intervento modificativo della draconiana disciplina in materia di interdittive antimafia[3], inserendo, dopo l’art. 94 d.lgs. n. 159/2011, il nuovo art. 94.1 con cui si conferisce al Prefetto che adotta un’informazione antimafia interdittiva il potere discrezionale di escludere per un anno, prorogabile eventualmente laddove permangano i presupposti accertati, uno o più divieti e decadenze previsti all’articolo 67, comma 1, d.lgs. n. 159/2011, nel caso in cui accerti che per effetto della medesima informazione antimafia interdittiva verrebbero a mancare i mezzi di sostentamento al titolare dellimpresa individuale e alla sua famiglia. Tale possibilità è, però, preclusa nei confronti delle persone condannate con sentenza definitiva o, ancorché non definitiva, confermata in grado di appello, per uno dei delitti di cui all’articolo 67, comma 8, d.lgs. n. 159/2011.

Nel comma 2 dell’articolo del codice antimafia di recentissima introduzione si disciplinano anche le modalità di accertamento della mancanza dei mezzi di sostentamento del destinatario e della famiglia, prevedendo che questa debba essere appurata, su documentata istanza del titolare dell’impresa individuale interessato dal provvedimento, all’esito di verifiche effettuate dal gruppo interforze istituito presso la Prefettura territorialmente competente ai sensi dell’articolo 90 d.lgs. n. 159/2011.

Inoltre, si precisa che qualora il Prefetto disponga l’esclusione dei divieti e delle decadenze può, però, prescrivere al destinatario l’osservanza di una o più delle misure di collaborazione preventiva indicate nell’articolo 94-bis, commi 1 e 2, d.lgs. n. 159/2011, assicurando così un’opportuna vigilanza continuativa sulle attività ‘salvate’.

 

2. Come si accennava, già sotto il profilo contenutistico la previsione della possibilità di graduare gli effetti giuridici temporaneamente incapacitanti di un’informativa antimafia, che altrimenti scaturiscono in blocco, in via automatica, dalla sua adozione da parte del Prefetto, risulta sicuramente apprezzabile, poiché rimuove un elemento rigido e anelastico che connotava negativamente la pregressa disciplina in materia, enfatizzandone i suoi effetti afflittivo-punitivi e impedendo di temperarne le tante e gravosissime conseguenze inabilitanti, diversamente da quanto, invece, era, ed è, possibile fare per le misure di prevenzione personali da parte dell’autorità giudiziaria.

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

Di norma, infatti, dalle informative negative delle Unità territoriali di Governo scaturiscono immediati e (teoricamente) temporanei effetti inibitori dei rapporti del destinatario con la pubblica amministrazione che possono risultare drastici e sproporzionati rispetto alla vaghezza delle situazioni accertate (è bene ricordare che tra queste ci sono anche quelle c.d. generiche di dubbia legittimità costituzionale e convenzionale descritte dall’art. 84, comma 4, lett. d) ed e), d.lgs. n. 159/2011, rappresentate in modo assolutamente indeterminato da ogni elemento ravvisato dal Prefetto[4]), determinando spesso nel lungo periodo l’estinzione dell’impresa, con conseguenze negative a cascata sui lavoratori dipendenti, gli interessi dei creditori, l’interesse collettivo alla realizzazione di opere o alla prestazione di servizi di rilievo pubblico e i livelli occupazionali di certe aree territoriali.

Ai sensi dell’art. 92 d.lgs. n. 159/2011, infatti, le persone destinatarie di un’interdittiva antimafia, così come quelle attinte da una misura di prevenzione giurisdizionale, sottostanno a tutti i divieti e decadenze di cui all’art. 67, comma 1, d.lgs. n. 159/2011 e, quindi, non possono ottenere: a) licenze o autorizzazioni di polizia e di commercio; b) concessioni di acque pubbliche e diritti ad esse inerenti, nonché concessioni di beni demaniali allorché siano richieste per l’esercizio di attività imprenditoriali; c) concessioni di costruzione e gestione di opere riguardanti la pubblica amministrazione e concessioni di servizi pubblici; d) iscrizioni negli elenchi di appaltatori o di fornitori di opere, beni e servizi riguardanti la pubblica amministrazione, nei registri della camera di commercio per l’esercizio del commercio all’ingrosso e nei registri di commissionari astatori presso i mercati annonari all’ingrosso; e) attestazioni di qualificazione per eseguire lavori pubblici; f) altre iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio, o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati; g) contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali; h) licenze per detenzione e porto d’armi, fabbricazione, deposito, vendita e trasporto di materie esplodenti.

Ciò implica che, ad esempio, nel caso di un’attività commerciale, in caso di informativa negativa il suo titolare si vedrà revocata la licenza di commercio e, quindi, sarà immediatamente costretto a chiudere temporaneamente i battenti; dovendo, però, continuare a corrispondere i canoni di locazione dell’eventuale contratto di affitto, nonché a pagare le utenze, le rate dei mutui o fidi eventualmente accesi, l’IVA e i contributi previdenziali, gli stipendi dei lavoratori dipendenti ecc., sussistono elevate probabilità che finisca con il dovere cessare quella attività definitivamente. E quando l’esercizio economico estinto costituisce l’unica fonte di reddito del proposto e del suo nucleo familiare ben si capisce come l’interdittiva finisca per snaturarsi, assumendo di fatto, una natura definitiva e non temporanea e producendo effetti più afflittivi che preventivi.

Ora, per quanto attiene alle sole misure di prevenzione personali giurisdizionali, in particolare la sorveglianza speciale semplice o con prescrizioni[5], che sono applicate nei confronti di soggetti che sovente non esercitano attività di impresa e, anzi, sono privi di un’occupazione stabile e vivono di proventi di presumibile provenienza illecita, l’art. 67, comma 5, d.lgs. n. 159/2011, prevede la possibilità per il giudice che le adotta di escludere le decadenze e i divieti di cui al comma 1 del medesimo articolo, laddove ritenga che questi possano determinare il venir meno dei mezzi di sostentamento all’interessato e alla famiglia.

Si permette, cioè, all’autorità giudiziaria di individualizzare la portata della misura, tenendo conto delle specificità del destinatario, evitando di conferirle una dimensione standard predefinita e non proporzionata in concreto, con ricadute indirette negative anche su terzi del tutto estranei come i componenti del suo nucleo familiare.

La mancata previsione di una disciplina analoga per le misure di prevenzione antimafia nell’art. 92 d.lgs. n. 159/2011 (che, invece, hanno sempre come destinatario un soggetto che esercita attività di impresa, essendo finalizzate proprio ad impedire i rapporti di queste ultime con la pubblica amministrazione per ragioni preventive), capace di consentire anche all’autorità amministrativa competente l’immediata modulazione degli effetti del provvedimento incapacitante eventualmente adottato sulla base delle capacità economiche del destinatario, aveva sollevato forti dubbi di legittimità costituzionale, per contrasto con il principio di proporzionalità-ragionevolezza ed uguaglianza di cui all’art. 3 Cost. e con il diritto al lavoro e il diritto di difesa di cui agli artt. 4 e 24 Cost., perché determinava una manifesta discriminazione rispetto ad una situazione sostanzialmente identica come quella delle misure di prevenzione giurisdizionali per la quale, invece, era contemplata tale possibilità per il giudice, nonché una compressione del diritto al lavoro del proposto e del diritto di difendersi adeguatamente, deducendo nel contraddittorio endoprocedimentale con l’autorità amministrativa competente gli effetti del provvedimento adottando sulle capacità reddituali e di sostentamento personale e familiare.

La fissità della disciplina pregressa fino a qualche giorno fa in vigore rischiava anche di snaturare radicalmente la natura delle interdittive antimafia, piegandola al perseguimento di finalità di esclusione sociale del soggetto indiziato di infiltrazione mafiosa anche solo passiva o soggiacente e privato di licenze o altri titoli abilitativi per l’esercizio della sua unica attività, piuttosto che, all’opposto, di mera prevenzione della incidenza mediata della criminalità organizzata sugli appalti e sulle attività pubbliche, e conferendo loro un volto punitivo che dovrebbe risultargli estraneo[6].

Si era, inoltre, osservato che in questo modo si dava vita ad uno di quegli automatismi applicativi che non permettono l’adeguamento di una risposta sanzionatoria, o di una misura limitativa di diritti fondamentali, alle specificità del singolo caso storico in contrasto con le indicazioni fornite dalla giurisprudenza costituzionale e convenzionale più recente[7].

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

 

3. Tali criticità erano state segnalate anche dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 180/2022 in cui, però, si era ‘deciso di non decidere’ adottando una declaratoria di inammissibilità contenente al contempo un monito vincolante per il legislatore, seppure senza arrivare ad impiegare la tecnica del rinvio a data fissa impiegata in altre tre note occasioni negli ultimissimi anni in materia di agevolazione al suicidio, pene detentive per la diffamazione a mezzo stampa ed ergastolo ostativo[8].

In quella circostanza, infatti, la Consulta, probabilmente come sempre frenata quando si tratta di esercitare il sindacato di legittimità su disposizioni concernenti la lotta alle mafie, come ad esempio nelle sentenze nn. 57/2020 e 118/2022 sempre relative alla materia delle interdittive[9], ha formulato un ragionamento in cui la protasi iniziale non collima perfettamente con l’apodosi, in quanto ha rilevato l’incompatibilità costituzionale della regola in materia di effetti delle interdittive, ma non l’ha dichiarata.

Ed, invero, la Corte costituzionale aveva convenuto con il giudice rimettente circa “l’esistenza di una ingiustificata disparità di trattamento“ sul punto “che necessita di un rimedio” e, dunque, aveva preso atto della frizione esistente tra la disciplina rigida in materia di interdittive antimafia di cui all’art. 92 Codice antimafia e i principi costituzionali, considerando come tertium comparationis quella più elastica in materia di misure di prevenzione giurisdizionali di cui all’art. 67, comma 5, Codice antimafia. Tuttavia, non aveva ritenuto di dichiararne l’illegittimità costituzionale, ritenendo trattarsi di materia meritevole di un ripensamento più profondo, articolato e meditato di competenza esclusiva del legislatore[10], non spettando alla Corte di «farsi carico – allo scopo di sanare l’accertato vulnus al principio di uguaglianza – dei complessi profili» che la contraddistinguono.

Breve: la Corte aveva deciso temporaneamente di salvare l’asimmetrica disciplina in materia di effetti incapacitanti delle misure di prevenzione amministrativa di cui all’art. 92, d.lgs. n. 159/2011 dai fondati dubbi di costituzionalità ritenuti effettivamente sussistenti, demandando il compito della loro soluzione ad un pronto e ponderato intervento del legislatore.

La riforma in parola, allora, non ha fatto altro che accogliere questo invito (come, peraltro, viene espressamente affermato nella relazione di accompagnamento al d.d.l. prima e al d.l. da convertire poi[11]), riallineando finalmente la disciplina in materia di effetti delle interdittive antimafia alla Costituzione, con l’esito ulteriore e non trascurabile (soprattutto se la novità, come si auspica, sarà resa applicabile non solo alle imprese individuali, ma a tutti i tipi di imprese) di riscrivere l’impianto complessivo della prevenzione amministrativa antimafia.

Se, dopo la riforma del 2021 introduttiva con l’art. 49, comma 1, d.l. 6 novembre 2021, n. 152, convertito con modificazioni dalla l. 29 dicembre 2021, n. 233, dell’art. 94-bis Codice antimafia recante la misura mite della prevenzione collaborativa[12] si era finalmente superata l’originaria impronta monistica di questo ambito giuridico particolare del contrasto all’infiltrazione mafiosa nelle attività pubbliche che tanti dubbi di irragionevolezza generava, degradando l’interdittiva da prima e unica ratio, utilizzabile tanto nel caso di condanna in primo grado del destinatario per partecipazione associativa ex art. 416-bis c.p., quanto di frequentazioni personali risalenti e statiche o, addirittura, di mancata denuncia di estorsioni da parte della vittima, ad extrema ratio da adottare solo nei casi di infiltrazioni stabili[13]; ora, con questa nuova modifica, all’apparenza relativa ai soli effetti delle informative antimafia negative, si è, in realtà, innestata nel sistema una terza e nuova intermedia misura per ora, però, valida solo per l’imprenditore individuale, che ibrida i caratteri delle due preesistenti, in quanto consente al Prefetto che si determini ad adottare l’interdittiva di escludere talune delle sue conseguenze incapacitanti se foriere della privazione dei mezzi di sostentamento per il destinatario e la famiglia, nonché, volendo, di prescrivere per quelle attività ‘salvate’ e non inibite alcune delle misure osservazionali contemplate per la prevenzione collaborativa.

Vuoi acquistare in asta

Consulenza gratuita

 

Grazie a questa novella, il sistema della prevenzione antimafia amministrativa risulta strutturato in modo ancor più confacente con il principio di proporzionalità e ragionevolezza, prevedendo al suo interno tre diverse misure dall’efficacia incapacitante crescente:

  • la prima e meno invasiva è la prevenzione collaborativa di cui all’art. 94-bis d.lgs. n. 159/2011, destinata a contrastare i casi di infiltrazione occasionale e capace di fare salvi tutti i rapporti del destinatario con la pubblica amministrazione;
  • la seconda e mediana, ad oggi applicabile solo all’impresa individuale, è l’interdittiva ‘temperata’ di cui al nuovo art. 94.1 d.lgs. n. 159/2011, destinata a prevenire i casi di tentativi di infiltrazione mafiosa stabile, ma, al contempo, in grado di evitare effetti eccessivamente punitivi per i destinatari, non privandoli di tutte le possibili fonti di sostentamento;
  • la terza ed ultima l’interdittiva antimafia integralmente incapacitante di cui al combinato disposto degli artt. 67 e 92 d.lgs. n. 159/2011, diretta a coprire i casi di tentativi di infiltrazione mafiosa stabili e particolarmente allarmanti per le situazioni sintomatiche da cui sono stati desunti, quando non ci siano problemi di sostentamento per i destinatari e i loro nuclei familiari.

 

4. Proprio per tale ragione, questa novella risulta una delle poche parti del provvedimento appena varato dall’Esecutivo rispetto alla quale sembrano sussistere anche i presupposti costituzionali del decreto-legge della necessità ed urgenza espressamente prescritti, com’è noto, dall’art. 77 Cost.

Se, cioè, rispetto a tanti segmenti che compongono il decreto sussistono fondate riserve circa l’esistenza di reali ragioni a sostegno della improcrastinabilità dell’intervento legislativo con decretazione d’urgenza dell’Esecutivo e, quindi, della improvvisa trasformazione in decreto-legge di un disegno di legge da tempo in discussione nelle aule parlamentari, in questo caso la risposta è decisamente opposta.

Ed invero, la stessa menzionata decisione interlocutoria della Corte costituzionale n. 180/2022, con cui era stata costatata l’illegittimità costituzionale della disciplina degli effetti giuridici delle interdittive antimafia adottate dal Prefetto, senza però dichiararla, lasciando discutibilmente ‘vivere’ ancora nell’ordinamento una disposizione già giudicata illegittima, si chiudeva con un chiaro, espresso e categorico monito al legislatore ad attivarsi prontamente.

Dopo aver  segnalato la necessità di un simile intervento legislativo volto a risolvere gli squilibri tra situazioni analoghe che la disciplina sulle conseguenze giuridiche delle misure preventive antimafia generava, la Corte aveva, infatti, concluso che “deve trovare soddisfazione in tempi rapidi la necessità di accordare tutela alle esigenze di sostentamento dei soggetti che subiscono, insieme alle loro famiglie, a causa delle inibizioni all’attività economica, gli effetti dell’informazione interdittiva”; aggiungendo che “un ulteriore protrarsi dell’inerzia legislativa [dopo il precedente, analogo, ma più blando, invito contenuto similare proveniente dalla sentenza della Corte costituzionale n. 57/2020[14]] non sarebbe tollerabile (…) e la indurrebbe, ove nuovamente investita, a provvedere direttamente, nonostante le difficoltà qui descritte”[15] (il grassetto è nostro).

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

A condizionare la Corte era stata la costatazione della necessità di un ripensamento più articolato della disciplina in parola, implicante scelte di merito che dovevano essere per ragioni ordinamentali affidate all’apprezzamento democratico delle istituzioni parlamentari e alla loro dialettica discorsiva, non essendo possibile per la Consulta farsi carico del compito di decidere se conferire all’autorità amministrativa il potere di graduare gli effetti delle interdittive, alla stessa stregua dell’autorità giudiziaria, e, nel caso di risposta affermativa a tale primo interrogativo, se contemplare tale possibilità per il solo imprenditore individuale, oppure anche per le società di persone, le società di capitali unipersonali o anche pluripersonali.

Essendo decorsi oramai circa tre anni da quella sentenza monito così tranchant ed essendosi protratta colpevolmente l’inerzia del legislatore ordinario, il rischio di una declaratoria di illegittimità costituzionale era elevatissimo laddove fosse stata rimessa nuovamente da un giudice a quo questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 92 per la disparità di trattamento prevista rispetto all’art. 67, comma 5, d.lgs. n. 159/2011, con evidenti ricadute problematiche non secondarie, perché avrebbe finito per consentire ad un organo non legittimato democraticamente eletto come la Consulta di adottare scelte discrezionali su caratteri e ampiezza dei limiti imponibili agli effetti delle interdittive da parte dell’autorità amministrativa competente.

Certo, la via ordinaria per ottemperare ai moniti della Corte avrebbe dovuto essere quella dell’intervento del legislatore ordinario, perché unica in grado di garantire un pieno e penetrante vaglio democratico da parte di tutte le forze politiche della disciplina da varare[16].

Ma avendo il Parlamento resistito in un pervicace immobilismo per un arco temporale così dilatato, lasciando così continuare a vivere nell’ordinamento giuridico una norma ipotecata da evidenti profili di illegittimità costituzionale che continuava a produrre compressioni non necessarie e sproporzionate di diritti fondamentali dei consociati, il Governo è stato legittimato intervenire per cancellarli con necessità ed urgenza ex art. 77 Cost.

Il deficit democratico che un simile decreto-legge sconta come sempre ‘in entrata’, essendo redatto e approvato ovviamente dalla sola maggioranza, può essere in un caso del genere più agevolmente colmato in sede di conversione, dal momento che i margini valutativi sulla disciplina da introdurre erano ridotti sia ab origine per l’Esecutivo, che, successivamente, per il Parlamento, essendo entrambi condizionati dalle vincolanti statuizioni della Corte costituzionale che avevano imposto la previsione di questa novità, lasciando solo spazi di manovra nel quomodo, e, cioè, sulla sua portata soggettiva.

 

5. Nonostante si tratti allora di una delle poche tessere che compongono l’opaco mosaico del decreto-sicurezza ben sagomate dall’Esecutivo, si ritiene, che in sede di conversione in legge, si possa procedere ad una sua ulteriore limatura, per assicurarne una maggiore effettività ed eliminare taluni limiti di sospetta legittimità costituzionale sotto il versante della ragionevolezza e dell’eguaglianza di cui all’art. 3 Cost.

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

Come si è detto in apertura, l’attuale disciplina già entrata immediatamente in vigore e, quindi, sin da oggi applicabile da parte delle singole Prefetture che abbiano deciso di adottare un’interdittiva antimafia, circoscrive la possibilità per l’autorità amministrativa di limitare gli effetti dell’informativa negativa solo nei casi in cui il destinatario sia un imprenditore individuale.

Il Governo, cioè, ha ritenuto che l’esigenza di modulare l’entità incapacitante dei provvedimenti prefettizi antimafia sussista solo rispetto alla peculiare realtà delle imprese individuali, in cui il proposto si identifica totalmente con l’impresa e dove è più probabile che la misura possa privarlo dei mezzi di sostentamento per sé e per la famiglia.

Una simile opzione così rigida appare non convincente, per una pluralità di ragioni.

In primo luogo, il riferimento alle sole ditte individuali pare antistorico e stridente con le tendenze dell’economia contemporanea in cui le imprese individuali con responsabilità illimitata del titolare vanno rarefacendosi, anche perché è oggi prevista la possibilità di costituire società a responsabilità limitata unipersonali e semplificate con capitale sociale minimo, nonché con la legislazione di settore che incentiva l’esercizio delle attività di impresa in forma societaria di capitali per assicurare una maggiore trasparenza sul piano contabile e una più elevata organizzazione interna.

In secondo luogo, tale opzione potrebbe determinare per un’eterogenesi dei fini un effetto involutivo del tessuto economico-imprenditoriale, facendo ritenere più appetibile l’esercizio delle attività economiche con la vetusta veste dell’impresa individuale, sebbene questa presenti regimi semplificati di gestione delle proprie attività che appaiono forieri di maggiori rischi di commissione di reati o altri illeciti e non sia una delle destinatarie della disciplina ex d.lgs. n. 231/2001 che stimola nelle società commerciali l’adozione di modelli di organizzazione e gestione nel tentativo di eliminare o ridurre il rischio di realizzazione di reati al suo interno.

Ma, soprattutto, la limitazione del nuovo regime temperato degli effetti giuridici delle interdittive a questa circoscritta gamma di destinatari rischierebbe di alimentare dubbi di legittimità costituzionale per l’evidente analogia che presentano con realtà societarie a base personale ristretta, in cui l’identificazione tra persona giuridica e imprenditore è sostanzialmente identica come, ad esempio, le menzionate società di capitali unipersonali.

Ben può verificarsi, infatti, che in una società di capitali unipersonale, ma anche a base personale ristretta o a partecipazione sociale allargata, un provvedimento interdittivo possa produrre effetti giuridici tali da privare ugualmente il destinatario dei mezzi di sostentamento necessari per sé e per la famiglia, come, ad esempio, nel caso di un’interdittiva che investa il socio unico ed amministratore di una s.r.l. in cui lavora insieme con la moglie e i due unici figli, inibendogli radicalmente, seppure teoricamente solo in via temporanea, l’esercizio dell’unica attività lecita foriera di redditi per l’intero nucleo familiare a causa dell’automatica revoca della licenza commerciale che ne discende ex artt. 92 e 67, comma 1, Codice antimafia.

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 

Anche in una simile situazione l’impossibilità di graduare gli effetti rischia di produrre gli stessi esiti sproporzionati e irragionevoli che l’odierna riforma ha inteso superare, lasciando senza alcun mezzo di sostentamento il proposto e la sua famiglia, con il potenziale effetto indiretto di indurlo a ricercare fonti di approvvigionamento economico completamente illegali.

Si ritiene, quindi, che quando entro i prossimi sessanta giorni si discuterà nelle aule Parlamentari della conversione di questa disposizione sia opportuno approvarla con emendamenti.

In particolare, sarebbe necessario eliminare i riferimenti ivi contenuti alle sole imprese individuali, potenzialmente foriero di esiti discriminatori tra situazioni sostanzialmente identiche, come le società unipersonali a responsabilità limitata, e concentrare, invece, la disciplina in parola unicamente sul dato oggettivo della mancanza di mezzi di sostentamento accertato nei termini stringenti indicati dal nuovo art. 94.1, comma 3, d.lgs. n. 159/2011.

In questo modo, diventerebbe sempre possibile per i Prefetti limitare gli effetti dell’interdittiva in considerazione dei riflessi pregiudizievoli che essi potrebbero generare sul destinatario e sui familiari all’esito di un giudizio caso per caso, senza sbarramenti normativi inflessibili di carattere generale e astratto, incentrati su presunzioni giuridiche invincibili relative alla forma particolare del tipo di impresa in gioco.

Peraltro, la disposizione già prevede che per evitare esiti di eccessivo favore per il destinatario e per assicurare, altresì, una vigilanza attiva delle U.T.G. anche in relazione agli ambiti rispetto ai quali si è deciso di inibire l’efficacia incapacitante dell’interdittiva, il Prefetto possa impartire alcune delle misure di prevenzione collaborativa di natura terapeutico-osservazionale di cui all’art. 94-bis del Codice antimafia.

Senza trascurare che eliminando tale restrizione soggettiva all’operatività della nuova disciplina si consentirebbe davvero una riscrittura indiretta dell’intero sistema della prevenzione amministrativa nei termini descritti in precedenza e, quindi, in modo maggiormente coerente con i principi di proporzionalità e ragionevolezza che devono guidare non solo la dosimetria differenziata delle sanzioni edittali nel diritto penale sostanziale, ma anche quella di tutte le altre misure che incidono su diritti fondamentali dell’individuo.

Almeno sotto questo specifico versante, allora, l’auspicio è che il decreto-legge in parola sia convertito, ma con la soppressione all’interno del nuovo art. 94.1, comma 1, d.lgs. n. 159/2011 attualmente in vigore del termine “individuale dopo la parola “impresa”.

Assistenza per i sovraindebitati

Saldo e stralcio

 

Nelle more, si confida che le Prefetture territorialmente competenti già inizino tempestivamente ad applicare in modo adeguato il novum legislativo, per mitigare l’entità degli effetti giuridici delle interdittive che intenderanno adottare in casi di extrema ratio nei confronti di imprenditori individuali, vale a dire di tentativi di infiltrazione mafiosa stabili e ancorati a situazioni sintomatiche più consistenti, evitando così di produrre esiti eccessivamente afflittivi e socialmente ostracizzanti per destinatari privi di altre fonti di reddito personale e familiare.

All’opposto, si auspica che non se ne travisi la funzione, finendo per usarlo per erodere gli spazi applicativi della misura della prevenzione collaborativa di cui all’art. 94-bis d.lgs. n. 159/2011, che oggi deve rappresentare, invece, quella sempre preferibile salvo casi limite, in quanto non produce immediati effetti incapacitanti per i destinatari, consente un loro recupero più veloce e meno traumatico all’economia legale, permette alle Prefetture di monitorare e osservare il processo di self cleaning in corso ed acquisire un patrimonio informativo più consistente per valutare il livello reale di infiltrazione mafiosa in un’impresa e, last but not least, evita di frustrare gli interessi della collettività all’esecuzione tempestiva delle opere o alla prestazione continuativa di servizi per essa necessari.

 

 

 

[1] Si vedano le criticità insite in talune opzioni politico-criminali come l’incriminazione di forme di mera resistenza passiva, tradizionalmente considerate sempre penalmente irrilevanti, evidenziate dal comunicato della Associazione Italiana dei Professori di Diritto Penale, Sul “pacchetto sicurezza” varato con decreto-legge e dal comunicato della Associazione Nazionale Magistrati, Nel decreto sicurezza possibili profili di illegittimità costituzionale, pubblicati su questa Rivista nell’aprile 2025.

[2] Evidenzia le criticità sollevate dall’impiego della decretazione d’urgenza in materia penale sul piano intertemporale G.L. Gatta, in questa Rivista, 16 aprile 2025. Per una più approfondita disamina degli argomenti ostativi all’impiego della decretazione d’urgenza come fonte di produzione del diritto penale sostanziale e a favore di una concezione in senso formale del principio di riserva di legge di cui all’art. 25, comma 2, Cost., si veda C. Cupelli, La legalità delegata. Crisi e attualità della riserva di legge nel diritto penale, Napoli, 2012, 130 ss.; G. Marinucci–E. Dolcini-G.L. Gatta, Manuale di diritto penale, Milano, 2024, 49 ss.; F. Palazzo, Corso di diritto penale, Torino, 2012, 118; G. Fiandaca-E. Musco, Diritto penale. Parte generale, Bologna, 2019, 55; V. Maiello, ‘Riserva di codice’ e decreto-legge in materia penale: un (apparente) passo avanti ed uno indietro sulla via del recupero della centralità del codice, in A.M. Stile, a cura di, La riforma della parte generale. La posizione della dottrina sul progetto Grosso, Napoli, 2003, 173 ss.

[3] Per una ricostruzione della disciplina in materia di interdittive antimafia e dei suoi caratteri particolarmente rigorosi sia consentito rinviare a G. Amarelli-S. Sticchi Damiani, Le interdittive antimafia e le altre misure di contrasto all’infiltrazione mafiosa negli appalti pubblici, Torino, 2019; nonché a V. Salamone, Il sistema della documentazione antimafia, Roma, 2018; R. Borsari, Le misure interdittive antimafia, ed A. Corrado-M. Interlandi, Prevenzione amministrativa e interdittive antimafia. Profili di diritto amministrativo, in L. Della Ragione-A. Marandola-A. Zampaglione, Misure di prevenzione interdittive antimafia a procedimento, a cura di, Milano, 2022, 732 ss.; S. Gambacurta, Art. 84, in G. Spangher-A. Marandola, a cura di, Commentario breve al codice antimafia e alle altre procedure di prevenzione, Milano, 2024, 436 ss.

[4] Sul punto, per una disamina dei profili di criticità costituzionale delle c.d. interdittive generiche, o oggi, preferibilmente, situazioni sintomatiche generiche sia consentito rinviare al nostro G. Amarelli, Butterfly effect e interdittive antimafia. L’incostituzionalità di una norma edilizia regionale Può determinare l’illegittimità delle interdittive generiche?, in questa Rivista, 8 luglio 2024.

[5] In argomento, cfr. M.F. Cortesi, Le misure di prevenzione personali applicate dall’autorità giudiziaria, in F. Fiorentin, a cura di, Misure di prevenzione personali e patrimoniali, Torino, 2018, 275 ss.

[6] Evidenzia tali possibili torsioni E. Squillaci, La prevenzione “eventuale” nello specchio delle interdittive antimafia. Note a margine di Corte cost., 19 luglio 2022, n. 180, in Arch. pen., 2023, 3, 39 ss.

[7] T. Guerini, L’ontologica ambiguità delle interdittive antimafia, tra reati associativi, criminalità organizzata e Costituzione, in www.discrimen.it, 1 aprile 2022, 3 ss.

[8] Per un commento alla pronuncia in parola si rinvia ad E. Zuffada, Informazione antimafia: la Consulta dichiara inammissibile una questione relativa alla mancata previsione in capo al prefetto di un potere di modulazione degli effetti dell’informativa interdittiva, in questa Rivista, 6 settembre 2022; A. Davola, La Corte costituzionale apre una fessura nell’interdittiva antimafia e riconosce il rapporto di analogia con le misure di prevenzione, in Cass. pen., 2023, 1598 ss.; E. Squillaci, La prevenzione “eventuale” nello specchio delle interdittive antimafia, cit., 1 ss.

[9] Sul punto si rinvia a I. Giugni, Interdittive antimafia e reati-indice della permeabilità mafiosa: la Corte costituzionale non dirada i dubbi sul traffico organizzato di rifiuti, in Arch. pen., 2023, 3, 1 ss.

[10] In argomento, cfr. I Giugni, Interdittive antimafia e reati-indice della permeabilità mafiosa, cit., 9 ss.

[11] Disegno di legge n. 2355, Conversione in legge del decreto-legge 11 aprile 2025, n. 48, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario, consultabile su questa Rivista, 6.

[12] In argomento, cfr. F. De Tullio, La prevenzione collaborativa. Potenzialità applicative del nuovo strumento di bonifica aziendale ex art. 94-bis Codice Antimafia, Napoli, 2023; G. D’Angelo-G. Varraso, Il decreto-legge n. 152/2021 e le modifiche in tema di documentazione antimafia e prevenzione collaborativa, in questa Rivista, 1 agosto 2022; M. Vulcano, Le modifiche del decreto-legge n. 152/2021 al codice antimafia: il legislatore punta sulla prevenzione amministrativa e sulla compliance 231 ma non risolve i nodi del controllo giudiziario, in Giurisprudenza Penale Web, 2021; D. Albanese, Le modifiche del d.l. 152/2021 al ‘codice antimafia’: maggiori garanzie nel procedimento di rilascio dell’interdittiva antimafia e nuove misure di ‘prevenzione collaborativa’, in questa Rivista, 12 gennaio 2022.

[13] Sul punto, sia consentito rinviare al nostro G. Amarelli, Butterfly effect, cit., 8.

[14] Sul punto cfr. A. Longo, La Corte costituzionale e le informative antimafia. Minime riflessioni a partire dalla

sentenza n. 57 del 2020, in Nomos, 2020.

[15] Obiettava come tale passaggio della Corte si fondasse sulla convinzione che «la semplice “messa in mora” degli organi legislativi e la loro successiva inerzia sia in grado, in quanto tale, di mutare i termini giuridici della problematica in questione», mettendone in dubbio la legittimità e la incompatibilità con il principio di legalità, R. Pinardi, Moniti al legislatore e poteri della Corte costituzionale, in Forum di Quaderni Costituzionali, 2022, 3, 75-76.

[16] Per una disamina delle nuove tecniche decisorie sperimentate negli ultimi anni dalla Corte costituzionale, nel tentativo di preservare il monopolio del legislatore nel particolare comparto del diritto penale, si veda I. Giugni, Potere monitorio della Corte costituzionale e legalità penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 2023, 427 ss.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Vuoi bloccare la procedura esecutiva?

richiedi il saldo e stralcio