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Cna: le banche si allontano dalle imprese lombarde (-14 miliardi) 


“E’ sempre più difficile per aziende di piccole dimensioni trovare il giusto ascolto se dall’altra parte ci sono funzionari troppo distanti dai contesti locali”. Il consolidamento bancario non è un problema, se nascono realtà capaci di mantenere vivi i rapporti con il sistema produttivo. Colloquio con Giovanni Bozzini, presidente della Cna Lombardia

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La Lombardia è un’economia tra crescita e stagnazione con un pil previsto per il 2025 dello 0,7 per cento, giusto un po’ sopra la media nazionale. Sulle dinamiche di investimento delle imprese pesa l’incertezza geopolitica e commerciale, “ma avvertiamo – dice al Foglio il presidente della Cna Lombardia, Giovanni Bozzini – che il sistema bancario si sta allontanando dal mondo delle imprese per avvicinarsi a quello del risparmio”. Una denuncia, quella della Confederazione degli artigiani imprenditori italiani, che arriva in un momento di grande trasformazione del settore del credito in Lombardia (e non solo). Sotto traccia delle grandi operazioni in corso dilaga il timore degli imprenditori che tutto questo processo che avviene ai piani alti della finanza non farà che rendere ancora più complicato l’accesso alla liquidità se dall’altra parte ci sono istituti che stanno concentrando la loro attenzione sulle più redditizie gestioni patrimoniali. “Da tempo segnaliamo una certa contrazione del credito nella regione, ma nel 2024 questo trend si è consolidato – prosegue Boggini – con un calo del valore medio dei finanziamenti alle aziende di 2 punti percentuali che ha colpito soprattutto le piccole imprese (meno 7,7 per cento) e che si avverte soprattutto nei settori delle costruzioni e dei servizi”. In termini reali, secondo l’indagine della Cna che viene presentata oggi, negli ultimi due anni ci sono stati quasi 14 miliardi di finanziamenti bancari in meno.

Come si spiega? “In parte – prosegue il numero uno della Cna – è dovuto alla lunga fase di incertezza che stiamo vivendo, dopo il Covid c’è stata una forte ripresa ma poi sono cominciate tutta una serie di tensioni internazionali che scoraggiano le imprese dal fare investimenti, ma in parte è dovuto al fatto che le banche hanno adottato un approccio più restrittivo. In particolare, i criteri di sostenibilità adottati rendono sempre più difficile l’accesso alla liquidità da parte di migliaia di piccole realtà, che lavorano nell’indotto di grandi gruppi e rappresentano l’ossatura di interi sistemi manifatturieri”. A livello provinciale, l’unica eccezione positiva è Lodi, con più 16,8 per cento. Tutte le altre province registrano cali nei prestiti bancari: Pavia (-9 per cento), Sondrio (-6,8 per cento), Varese (-6,4 per cento), Como (-5,4 per cento), Bergamo (-4,8 per cento), Lecco (-4,7 per cento), Cremona (-3,7 per cento), Monza e Brianza (-3,6 per cento), Milano (-1,6 per cento), Mantova (-1,3 per cento) e Brescia (-0,1 per cento).

“Sulla base di questi dati abbiamo protestato in modo franco con le banche cercando di avviare un confronto con alcune di loro, tra cui il gruppo Unicredit con il quale abbiamo sottoscritto un accordo per creare un nuovo canale di relazione per le nostre 22 mila pmi basato sulla prossimità territoriale. Unicredit ha accettato questo nostro approccio e ci fa piacere, spero altri seguano questo esempio”. Ha ragione, dunque, chi sostiene che con le grandi banche si fa fatica a dialogare? “E’ sempre più difficile per aziende di piccole dimensioni trovare il giusto ascolto se dall’altra parte ci sono funzionari troppo distanti dai contesti locali e che non tengono conto del ruolo svolto all’interno di determinate filiere produttive strategiche per l’economia di una regione che è motore economico dell’Italia ma ha rapporti di fornitura con tutta Europa”. Insomma, per Boggini il consolidamento bancario non è un problema se però dalle aggregazioni nascono realtà capaci di mantenere vivi i rapporti con il sistema produttivo.
 

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