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«Il lavoro che vogliamo? Sicuro e ben retribuito. Basta con il precariato»


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Marco Ferracuti, segretario generale della Cisl Marche che oggi ad Ancona chiude il XIV congresso: quali sono le sfide che il sindacato oggi è chiamato ad affrontare?

«C’è un tema che va affrontato: da anni ormai le Marche stanno scivolando su un piano inclinato. Tanti indicatori sociali ed economici da tempo avevano evidenziato questa tendenza da noi sempre denunciata. Un grido d’allarme rimasto ignorato finché l’Ue non ci ha declassato a regione in transizione. Non c’è una sola sfida: è una disfunzione atavica del sistema Marche».

Come si risale la china?

«Serve un nuovo modello di sviluppo che ci permetta di tornare ad essere una regione sviluppata: occorre creare le condizioni per aumentare la competitività delle nostre imprese – perché ovviamente se non c’è competitività non c’è lavoro – ma contemporaneamente il lavoro che si crea deve essere ben retribuito, stabile e sicuro».

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Come?

«Usando intelligentemente i fondi europei, mettendo in campo un sofisticato sistema di incentivi. Una spinta gentile, per fare in modo che il sistema produttivo si avvii in un percorso indicato e concertato da giunta e parti sociali».

Un modello di sviluppo partecipativo, insomma.

«In un’epoca segnata da una sfiducia diffusa, spingere sulla partecipazione diventa ancora più importante. Un atto rivoluzionario. Noi siamo il sindacato della partecipazione perché crediamo nella democrazia sostanziale, quella che deve nascere nei luoghi di lavoro».

Eppure, troppo spesso si muore o ci si ammala di lavoro.

«È inaccettabile. Nel 2024 avevamo registrato una lieve – però apprezzabile – riduzione degli infortuni, ma oramai sono anni che nelle Marche crescono le malattie professionali, su cui è ora di accendere un faro. Non ci si può indignare a corrente alternata. La sicurezza sul lavoro deve diventare la priorità assoluta: oltre ai fondi, serve una rivoluzione culturale su questo».

Nel concreto: cosa si può fare?

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«La prima questione è educare alla sicurezza fin dalla scuola, perché poi è importante che quando si entra nel mondo del lavoro ci sia consapevolezza delle implicazioni e dei rischi. Poi, premiare le imprese virtuose anche utilizzando i fondi europei: se riduci gli infortuni, ti premio».

In un mondo del lavoro in chiaroscuro, le donne subiscono ancora di più le contraddizioni del sistema: qual è la situazione nelle Marche?

«Un dato su tutti: le donne nelle Marche guadagnano mediamente 22 euro al giorno in meno degli uomini. E in generale, sta aumentando la povertà lavorativa. Tradotto: cresce l’occupazione, ma aumentano le povertà, cosa che sembra un ossimoro».

A cosa è dovuto questo paradosso?

«Il nostro sistema produttivo è concentrato prevalentemente su settori maturi, a bassa incidenza di innovazione e quindi con qualifiche basse. Poi alla frammentazione delle imprese: l’80% sono a conduzione familiare nelle Marche».

Questo si traduce anche in un aumento della precarietà.

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«Cinque anni fa, 10mila assunzioni erano state fatte con contratti intermittenti. E già ci eravamo scandalizzati. Nel 2024, sono state 46mila. Dobbiamo aumentare la contrattazione».

Dopo tanti anni di impegno sindacale, si è mai chiesto: ma chi me lo fa fare?

«C’è tanta motivazione. Ho iniziato come operaio alla Indesit, poi come delegato sindacale, 25 anni fa. E lì ho capito i valori della rappresentanza, della solidarietà, dell’impegno concreto in azienda per migliorare le condizioni di vita di chi lavora. In questo trovavo soddisfazione e ancora oggi è così».





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