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la guerra fredda delle crypto e della blockchain


Da quando si è insediata l’Amministrazione Trump, si è resa piuttosto evidente la differente visione che a oggi gli Stati Uniti hanno, rispetto all’Europa, riguardo a un ampio novero di temi economici e geopolitici – basti pensare alle discussioni sui dazi recentemente imposti dal governo statunitense anche alle produzioni europee.

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In questa differenza di vedute strategiche ed economiche, rientra a buon titolo anche il diverso approccio in merito alle tematiche crypto e blockchain. USA ed Europa sono infatti portatori di posizioni molto diverse in questo ambito, e con ogni probabilità difficilmente conciliabili.

L‘euro digitale come risposta europea alle sfide crypto

Partiamo dall’Europa. È noto – ed è stato descritto anche in precedenti contributi[1] – come l’Unione Europea e la BCE siano da tempo alle prese con il progetto dell’Euro digitale, ovverosia una CBDC (Central Bank Digital Currency) europea che si prefigge, in sostanza, di contribuire a garantire l’integrità dei pagamenti digitali, promuovere l’inclusione finanziaria e agire come catalizzatore dell’innovazione nella finanza e nel commercio.

Questo progetto inoltre si inserisce in un contesto di “competizione” proprio con gli Stati Uniti: recentemente Piero Cipollone, membro del Comitato esecutivo della Bce, ha osservato che l’emergere delle stablecoin potrebbe condurre ad una “dollarizzazione digitale”, alla luce del fatto che il 99% delle stablecoin è denominata in dollari, e ciò da un lato comprometterebbe l’efficacia della politica monetaria interna, e dall’altro lato aumenterebbe i rischi per la stabilità finanziaria, amplificando i deflussi di capitale in risposta a shock negativi[2].

Il futuro dell’euro digitale tra opportunità e criticità

Al riguardo, la presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, ha affermato che la BCE intende terminare la fase di preparazione dell’euro digitale entro ottobre 2025. Ciò nonostante, ci sono diversi legislatori che hanno sollevato dubbi sulla CBDC europea: alcuni legislatori sono infatti titubanti nell’affidare alla BCE la gestione di un euro digitale dopo che il mese scorso vi è stata un’interruzione con il sistema di pagamento Target 2 (T2), che gestisce grandi transazioni, il quale non è riuscito a regolare le transazioni per un giorno[3].

L’introduzione dell’Euro digitale, a ogni modo, di per sé può essere certamente giudicata positivamente, quantomeno da un’ampia platea di operatori, a patto che la struttura di questa CBDC sia ovviamente in grado di superare le perplessità che accompagnano il progetto – tra tutte, la questione della privacy, e il fatto che l’Euro digitale possa rappresentare, secondo alcuni commentatori. un fattore di “controllo sociale”. 

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L‘atteggiamento critico della BCE verso il mondo blockchain

Più in generale, occorre riconoscere che in effetti l’approccio dell’Unione Europea e della Banca Centrale Europea nei confronti del mondo blockchain non è stato certo incoraggiante negli ultimi anni: le posizioni della BCE sulle criptovalute e su Bitcoin – di cui si è dato conto in precedenti contributi[4] – sono state non solo critiche, ma anche ben poco lungimiranti: si ricordi ad esempio come nel novembre 2022, con un articolo intitolato Bitcoin’s Last Stand (cioè, L’ultima resistenza di Bitcoin), due esponenti di primo piano della BCE avevano criticato Bitcoin con toni durissimi, affermando che l’allora (apparente) stabilizzazione del prezzo di questa criptovaluta intorno ai 20.000 dollari fosse probabilmente da interpretarsi come un “ultimo sussulto indotto artificialmente prima della strada verso l’irrilevanza” – e sappiamo poi “che fine ha fatto” il prezzo di Bitcoin nell’ultimo anno, peraltro.

A questo approccio piuttosto critico (per usare un eufemismo) verso il mondo crypto, si è poi accompagnata una regolamentazione che non pochi nel settore ritengono sì utile negli scopi e negli obiettivi (segnatamente, la tutela del consumatore e la stabilità del sistema finanziario) ma sproporzionata ed eccessiva nella quantità e nella “qualità” degli obblighi posti in capo agli operatori.

Il caso Tether e le conseguenze della regolamentazione mica

Questo è stato molto evidente nello “scontro” che vi è stato tra Tether, l’emittente della più grande stablecoin del mondo (USDT), e l’Unione Europea. Secondo Paolo Ardoino, CEO di Tether, il regolamento MiCA introdurrà significativi problemi bancari per gli emittenti di stablecoin che potrebbero minacciare la stabilità del più ampio spazio crypto: secondo Ardoino “se hai 10 miliardi di euro in gestione, devi mettere 6 miliardi di euro in depositi di liquidità. Si tratta del 60% di 10 miliardi di euro. Sappiamo che le banche possono prestare il 90% del loro bilancio. Quindi dei 6 miliardi di euro, ne prestano 5,4 ai cittadini […] 600 milioni di euro rimarranno nel bilancio della banca”[5]. Non sono ovviamente mancate le conseguenze: Tether si è infatti rifiutata di divenire MiCA compliant, e USDT (che, si ricorda, ha una capitalizzazione di mercato pari a ben 139,4 miliardi di dollari) è stata delistata da tutti gli exchange operanti nell’Unione Europea[6].

La strategia Usa: Trump e l’abbraccio alle criptovalute

Dall’altro lato invece gli Stati Uniti stanno adottando una politica radicalmente differente. È notizia di qualche giorno fa che il Presidente Trump (dopo aver lanciato la “sua” coin, nonché quella della moglie Melania) ha annunciato la sua stablecoin, che si chiamerà USD1 e sarà introdotta sul mercato dalla World Liberty Financial, società peraltro fondata anche dallo stesso Trump e dalla sua famiglia[7].

Di fatto quindi l’attuale amministrazione statunitense sta continuando a concretizzare il programma di rendere gli USA la capitale mondiale delle crypto. Questo lo conferma anche un secondo importante commitment di Trump nel mondo crypto: Trump Media & Technology Group (Tmtg) ha annunciato una partnership con Crypto.com per il lancio entro la fine dell’anno di ETF dedicati agli investitori interessati alle criptovalute, ETF che – pare – comprenderanno un paniere diversificato di criptovalute e titoli legati all’economia americana, con un focus particolare su settori strategici come l’energia[8].

Si vede quindi chiaramente come la strategia degli USA in materia di cripto-attività sia radicalmente diversa rispetto all’Unione Europea, e c’è chi, come il ministro dell’Economia Giorgetti, vede nelle mosse pro-crypto dell’amministrazione statunitense non solo un tentativo di attrarre nuovi investitori ma anche di utilizzare un’arma, assai più sottile e insidiosa anche dei dazi, per riaffermare il predominio del Dollaro a livello mondiale[9].

Note


[1] A. Franco, Euro digitale: quali mosse per evitare il flop contro bitcoin e stablecoin, Agenda Digitale, 10 maggio 2024

[2] Euro digitale, come sarà e perché contrasterà il dominio del dollaro, Qui Finanza, 1 aprile 2025

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[3] C. Shumba, La BCE punta a ottobre per concludere la fase di preparazione all’euro digitale, Coindesk, 10 marzo 2025

[4] A. Franco, op. cit., Agenda Digitale, 10 maggio 2024

[5] Z. Vardai, La normativa MiCA dell’UE comporta rischi bancari “sistemici” per le stablecoin — CEO di Tether, Cointelegraph Italia, 28 ottobre 2024

[6] M. Bussi, Tether delistata dalle borse cripto Ue, Milano Finanza, 30 gennaio 2025

[7] V. Eboli, Trump lancia la stablecoin ancorata al dollaro: USD1. Ecco cos’è, Sky TG 24, 26 marzo 2025

[8] A. Boeris, Donald Trump lancia USD1: la stablecoin ancorata al dollaro. Ecco quanto ci guadagna il presidente Usa, Milano Finanza, 26 marzo 2025

[9] V. Eboli, Trump lancia la stablecoin ancorata al dollaro: USD1. Ecco cos’è, Sky TG 24, 26 marzo 2025

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