Le irregolarità sono emerse anche dalle segnalazioni dell’Anac. Il mancato avvio di opere pubbliche fondamentali, come la rete idrica di Agrigento o il centro di raccolta dei rifiuti di Ravanusa (opere finanziate per decine e decine di milioni di euro), hanno reso indispensabile un’attività investigativa mirata che è stata portata avanti dalla squadra mobile. Poliziotti che si sono basati su attività tecniche (intercettazioni ndr) e di acquisizione di atti da fonti cosiddette aperte. Ed ecco perché ieri, anche in fretta e in furia, sono state messe a segno tante perquisizioni nei confronti di indagati e società coinvolte in un complesso, presunto, sistema di spartizione di lavori pubblici.
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Trovati soldi, l’accusa: servivano per le “bustarelle”
Quanto acquisito con le perquisizioni, disposte dalla procura a carico di alcuni imprenditori di Favara, sarà la base per gli approfondimenti investigativi dei prossimi mesi. Polizia e procura hanno acquisito un “patrimonio” documentale e informatico importante, molto importante. In un’azienda favarese e a casa del titolare, i poliziotti hanno trovato oltre 200.000 euro, che secondo quanto ascoltato in esito delle attività di intercettazione, erano fondi destinati alla “compensazione” per alcuni pubblici ufficiali per i loro servigi. Altre somme sono state rinvenute in possesso dell’attuale dirigente dell’Utc del Comune di Licata, ritenute indirizzate a favorire in cambio di denaro o altre utilità, procedure, finanziamenti e nomine. Costante – ricostruisce la questura di Agrigento – è stato il ricorso spartitorio ai subappalti non autorizzati. Il rinvenimento di tali somme in possesso degli indagati, per le modalità di conservazione e la presunta destinazione finale, sono state ritenute traccia evidente del commesso reato di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e di turbativa d’asta.
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Altri elementi – acquisiti da polizia e procura – depongono per la permanente messa a disposizione delle funzioni pubbliche e la connessa flagranza del reato, da parte del dirigente dell’Utc, che nel tempo ha svolto e svolge le funzioni di responsabile unico dei procedimenti o di commissario di gara in numerose procedure ad evidenza pubblica su tutto il territorio regionale.
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Sequestrati documenti che confermano: appalti pubblici manovrati
Agli atti dell’inchiesta sono stati acquisiti documenti che riguardano la comunicazione di offerte tecniche, bandi di gara, disciplinari e contratti che hanno permesso di alterare il regolare corso delle gare d’appalto di importanti opere pubbliche. E proprio questo ha indotto la polizia, con il benestare della procura della Repubblica di Agrigento, ad interrompere l’attività criminosa dando esecuzione a cinque arresti, il tutto naturalmente in attesa del vaglio del giudice sul materiale indiziario raccolto fin’ora.
Ecco chi sono i 13 indagati
Le perquisizioni sono state fatte ai destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere e ai domiciliari. In carcere sono finiti gli imprenditori favaresi: Diego Caramazza, conosciuto come “Dino”, di 44 anni e Luigi Sutera Sardo di 58 anni, ex consigliere provinciale eletto nel giugno del 2008 e consigliere comunale di Favara dal 1993 al 2007 ed ex assessore. Ai domiciliari sono stati invece posti il 67enne licatese Sebastiano Alesci, ex dirigente dell’Utc di Ravanusa; Carmela Moscato, 65 anni, e Federica Caramazza, 36 anni, rispettivamente mamma e figlia.
Perquisizioni, e contestuale avviso di garanzia, anche per gli altri indagati a piede libero: Maurizio Giuseppe Domenico Savio, 63 anni, nato a Licata ma residente a Campobello di Mazara, dirigente del settore Lavori pubblici, Viabilità, Edilizia, Patrimonio, Protezione civile del Libero consorzio comunale di Trapani, nonché presidente di commissione giudicatrice per gara d’appalto. Ma anche per C. M., 65 anni, di Favara; A. D. A., 56 anni, residente a Nardò (Lecce); A. V., 45 anni, di Favara; R. B., 68 anni, di Catania; A. B., 38 anni, residente a San Gregorio di Catania; per Giuseppe Capizzi, 38 anni, sindaco di Maletto, nel Catanese;
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