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Accademie agricole tra memoria e progresso


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«Le accademie non sono luoghi dove si conservano le reliquie preziose di un tempo. Le accademie sono luoghi vivi, di ricerca, di studio, di applicazione. Non sono luoghi che guardano al passato, ma, mantenendone il ricordo e l’insegnamento, guardano al futuro». Vale anche per l’agricoltura. Anche oggi come ieri. Lo dice con forza Sergio Mattarella, presidente della Repubblica, intervenuto all’inaugurazione del 240° anno di attività dell’Accademia di Agricoltura di Torino. Innovazione, dunque, con forti radici in un passato che non va dimenticato ma, anzi, ricordato e “usato” come fondamento per costruire un futuro migliore. Che per l’agricoltura significa riuscire a produrre più cibo per tutti, rispettando la dignità del lavoro dell’uomo e l’ambiente.
Richiamo importante in un momento in cui anche questo comparto viene scosso dalle bizze di un’economia accelerata, dai capricci di relazioni internazionali esplosive e dagli effetti di un cambiamento climatico che pare stia capovolgendo lo stesso ambiente nel quale proprio l’agricoltura fonda la sua produzione. E tenendo anche conto dei traguardi della scienza che proprio in campo agricolo ha fatto molto ma che, come dice Elena Cattaneo – farmacologa e senatrice a vita intervenuta nella stessa occasione –, pare essere spesso preda di «errori cognitivi» da parte dell’opinione pubblica che ne frena l’applicazione. Senza dire delle manifestazioni quasi oscurantiste, come gli atti vandalici ai campi sperimentali avvenuti ancora recentemente. Innovazione, dunque, che vede proprio l’agricoltura italiana in prima fila. Come ha indicato il V Rapporto AGRIcoltura100 (promosso da Reale Mutua e Confagricoltura e curato da Innovation Team, società di MBS Consulting Gruppo Cerved). «Nonostante le criticità congiunturali, l’agricoltura italiana si conferma un settore orientato all’innovazione», viene spiegato in una nota che sottolinea come la gran parte delle imprese abbia effettuato investimenti nell’ultimo anno, non solo in tecniche e macchinari, ma anche in attività trasformative, infrastrutture, diversificazione. Due esempi: l’agricoltura di precisione (adottata dal 21% delle imprese) e l’autoproduzione di energia (19%). Con un particolare importante: le imprese più sostenibili sono le più innovative: l’83% di quelle con alto livello di sostenibilità generale ha un elevato indice di innovazione.
Innovare, quindi, per produrre meglio. Strada difficile e in salita, ma l’unica realmente da percorrere per guardare avanti. Traguardo, quello della “produzione attenta”, al raggiungimento del quale anche le accademie possono contribuire. «Promuovere a pubblico vantaggio la coltivazione dei terreni», recita d’altra parte il primo statuto dell’Accademia di Torino che precisa: «Secondo le regole opportune e convenevoli». Indicazione valida ancora oggi, che ancora Elena Cattaneo dopo 240 anni traduce così: «Comprendere che ogni tradizione nasce da un’innovazione ci aiuta a guardare con fiducia al futuro dell’agricoltura: un futuro in cui la scienza non sostituisce la terra, ma la protegge e la valorizza. Perché tra memoria e progresso non c’è una contrapposizione ma un dialogo». A ben vedere è proprio questa la modernità.
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