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Difesa, ecco come i paesi Ue si sono accordati su fondo comune Safe


I rappresentanti permanenti degli Stati membri dell’Ue hanno raggiunto un’intesa preliminare sul programma di prestiti per la difesa Safe da 150 miliardi di euro. Tutti i dettagli

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Via libera (preliminare) dai 27 paesi Ue all’iniziativa Safe per finanziare la difesa europea.

Ieri i rappresentanti permanenti degli Stati membri dell’Ue hanno raggiunto un’intesa preliminare sul programma di prestiti per la difesa Safe da 150 miliardi di euro.

Secondo quanto riferiscono fonti stampa, il testo del regolamento proposto dalla presidenza di turno polacca del Consiglio dell’Ue potrebbe essere approvato ufficialmente mercoledì, dopodiché sarà sottoposto alla riunione dei ministri per gli Affari europei in programma la prossima settimana.

Il dispositivo Safe (Security action for Europe) è un’iniziativa lanciata dall’Ue nel 2025 che prevede la concessione di prestiti fino a 150 miliardi di euro per finanziare dotazioni militari come munizioni, droni e sistemi di difesa missilistica.

Potranno partecipare anche Paesi extra-Ue, come il Regno Unito. Proprio ieri Londra e Bruxelles hanno firmato un accordo post-Brexit su sicurezza, pesca ed energia.  Sul fronte della difesa, il Regno Unito aderirà a un partenariato di sicurezza con l’Ue, partecipando anche ai programmi europei di riarmo.

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Tuttavia, come precisa Politico, un ulteriore accordo che consenta alle aziende britanniche di beneficiare del piano Ue per aumentare la spesa per la difesa deve ancora essere concordato.

Tutti i dettagli.

COSA PREVEDE IL PROGRAMMA SAFE PER LA DIFESA UE

L’iniziativa Safe si inserisce nel più ampio programma Readiness 2030 annunciato dalla Commissione europea che punta a mobilitare 800 miliardi di euro per rafforzare la sicurezza europea. Secondo una dichiarazione della Commissione, prevede la raccolta di nuovi finanziamenti attraverso i “mercati dei capitali” e la loro successiva ridistribuzione agli Stati membri attraverso prestiti basati sulla domanda e sui piani nazionali per gli equipaggiamenti.

STRUMENTO SIMILE A QUELLO DURANTE COVID

Come ricorda Bloomberg, il nuovo strumento di prestito sarebbe simile a quello istituito durante la pandemia di Covid per sostenere i programmi di cassa integrazione e misure simili degli Stati membri.

La base giuridica scelta dalla Commissione europea – considerata non appropriata da Parlamento europeo –  è infatti l’articolo 122 del trattato che permette di bypassare la procedura legislativa ordinaria per ragioni d’urgenza, già utilizzato dall’esecutivo Ue per reagire alla pandemia di Covid-19 nel 2020 e alla crisi energetica nel 2022.

GLI APPALTI COMUNI

L’accordo prevede procedure comuni di appalto semplificate e accelerate per due categorie di prodotti ammissibili, segnala Mattinale Europeo precisando che “la prima comprende le munizioni e i missili, i sistemi di artiglieria, le capacità di combattimento terrestre e i relativi sistemi di supporto, i piccoli droni e sistemi anti-drone associati, la protezione delle infrastrutture critiche, la cibernetica e la mobilità militare. La seconda include i sistemi di difesa aerea e missilistica, le capacità marittime di superficie e sottomarine, i droni diversi da quelli di piccole dimensioni, gli strumenti strategici quali il trasporto aereo, i servizi spaziali, l’intelligenza artificiale, e la guerra elettronica”.

LA CLAUSOLA DEL “BUY EUROPEAN”

Dopodiché, una delle questioni maggiormente su Safe riguarda la quota di business europeo prevista per i progetti. La Commissione ha proposto che almeno il 65% della produzione finanziata sia a beneficio di imprese Ue.

Per poter contribuire a coprire almeno il 65% del costo di un prodotto, le aziende devono essere stabilite nell’Ue, in un paese dello Spazio economico europeo (See) o in uno dei paesi dell’Associazione europea di libero scambio (EFTA) o in Ucraina e non essere controllate da un altro paese.

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Inoltre, il contributo di ogni singolo subappaltatore extra-Ue a qualsiasi progetto finanziato è limitato al 15%, rileva il Financial Times. Tale percentuale può salire al 35% se esiste un rapporto preesistente con il principale contraente Ue coinvolto o se il contraente Ue “si impegna a studiare, entro due anni, la fattibilità di sostituirlo” con un’alternativa Ue, come affermano i termini dell’accordo.

Questo “consente flessibilità” per i contraenti extra-Ue, ha affermato uno dei funzionari al Ft.

ENTRA IL REGNO UNITO, MA…

Dunque aziende produttrici di armi di paesi terzi, come la britannica Bae Systems, possono rappresentare un massimo del 35% del valore di acquisto, a meno che il loro paese non firmi un patto di difesa bilaterale con l’Ue e successivamente un accordo tecnico separato che definisca i dettagli specifici di tale rapporto, ricorda il quotidiano britannico.

E proprio ieri il Regno Unito e l’Ue hanno firmato una nuova intesa post-Brexit e Londra aderirà al partenariato per la sicurezza e la difesa.

Entrambe le parti hanno espresso aspettative circa la possibilità di raggiungere a breve un ulteriore accordo sull’ammissione delle aziende britanniche al programma, con la presidente della commissione europea Ursula von der Leyen che ha specificato che potrebbe arrivare “solo entro poche settimane”.

E GLI USA?

E per quanto riguarda gli Stati Uniti?

L’amministrazione Trump ha già lanciato un monito circa la possibile esclusione delle aziende Usa dagli appalti comuni per la difesa europea.

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La scorsa settimana l’ambasciatore Usa presso la Nato Matthew Whitaker ha insistito sul fatto che “le capacità dell’industria della difesa devono includere anche il trattamento equo per le imprese tecnologiche di difesa americane”. Dal momento “in cui lavoriamo insieme per rafforzare la cooperazione transatlantica sulla base industriale della difesa”.

Pertanto, “escludere industrie di membri non Ue dalle iniziative di difesa dell’Ue minerebbe l’interoperabilità della Nato, rallenterebbe il riarmo dell’Europa, aumenterebbe i costi e soffocherebbe l’innovazione”, aveva avvertito Whitaker.

Ma, come rileva Mattinale Europeo, “Nel testo finale sono stati aggiunti alcuni elementi sugli Stati Uniti per dare risalto alla dimensione della relazione transatlantica e garantire la complementarietà con la Nato”.



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