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Regno Unito in ReArm Europe, la Francia frena mentre l’Italia è più favorevole


Il recente accordo tra Regno Unito e Unione Europea segna un punto di svolta significativo nelle relazioni post-Brexit, in particolare nel settore della difesa.

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Questo nuovo patto consente alle aziende britanniche di partecipare al programma europeo di riarmo da 150 miliardi di euro, noto come “ReArm Europe” o “Readiness 2030”, che fa parte di un’iniziativa più ampia da 800 miliardi di euro mirata a rafforzare le capacità militari dell’UE in risposta alle crescenti minacce geopolitiche, come la guerra in Ucraina e l’incertezza sul sostegno militare degli Stati Uniti.

Il programma “ReArm Europe” punta a rafforzare la capacità militare dell’Unione attraverso un pacchetto di misure straordinarie. Tra le principali iniziative vi è la sospensione temporanea delle regole fiscali comunitarie, che consentirà agli Stati membri di aumentare la spesa per la difesa fino all’1,5% del PIL, sbloccando così circa 650 miliardi di euro nel corso di quattro anni. A sostegno di questo sforzo, è stato istituito lo strumento finanziario “Security Action for Europe” (SAFE), che prevede l’erogazione di prestiti per un totale di 150 miliardi di euro da destinare a progetti congiunti, in particolare nel campo della difesa aerea e missilistica.

Parallelamente, è prevista una profonda riorganizzazione del bilancio dell’Unione, con il reindirizzamento di fondi esistenti – come quelli della politica di coesione – verso investimenti nel comparto difesa. Inoltre, la Banca Europea per gli Investimenti vedrà rimosse le attuali restrizioni sui prestiti al settore militare, facilitando così il finanziamento diretto alle imprese attive nel campo della sicurezza. A completamento del quadro, sarà creato un meccanismo dedicato alla mobilitazione di capitali privati, con l’obiettivo di incentivare nuovi investimenti e stimolare una base industriale della difesa più ampia e resiliente.

L’accordo tra Regno Unito e UE prevede che le aziende britanniche possano partecipare a progetti finanziati dal programma SAFE, a condizione che almeno il 65% del valore dei componenti provenga da paesi dell’UE o associati, come Ucraina, Islanda, Liechtenstein, Norvegia o Svizzera. La partecipazione di aziende di paesi terzi, come quelle britanniche, è limitata al 35% del valore del progetto, a meno che non venga firmato un accordo bilaterale di difesa con l’UE, come quello recentemente concluso tra Londra e Bruxelles .

Tuttavia, la partecipazione britannica al programma ha suscitato dibattiti all’interno dell’UE. La Francia, in particolare, ha spinto per limitare l’accesso del Regno Unito al fondo, sostenendo una politica di “autonomia strategica” europea che privilegia le aziende dell’UE. Altri paesi, come Italia, Germania e Polonia, hanno invece sostenuto una soglia più inclusiva del 35% per i partecipanti britannici.

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L’accordo rappresenta un passo significativo verso una maggiore cooperazione tra Regno Unito e Unione Europea nel settore della difesa, offrendo nuove opportunità per le aziende britanniche e contribuendo al rafforzamento della sicurezza europea in un contesto geopolitico sempre più complesso.



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