Venticinque miliardi di euro. Tanto vale oggi il business delle agromafie in Italia. In poco più di dieci anni, la criminalità organizzata ha raddoppiato il giro d’affari nel settore agroalimentare, recuperando in fretta il terreno perso con la pandemia e allargando il proprio controllo su ogni segmento della filiera. È quanto emerge dal nuovo Rapporto Agromafie presentato a Roma da Coldiretti, Eurispes e Fondazione Osservatorio Agromafie, che traccia un’evoluzione inquietante e metodica delle mafie in uno dei comparti più simbolici e vitali dell’economia italiana.
Nel mirino non c’è più solo il prodotto finito, ma la terra stessa, la produzione primaria, le aziende agricole in difficoltà, soprattutto in un contesto sempre più fragile, segnato da crisi internazionali, cambiamenti climatici, rincari e disequilibri strutturali. «La filiera è sbilanciata a favore della distribuzione e penalizza i produttori, che faticano a reggere l’aumento dei costi, la riduzione delle rese, i prezzi imposti dalla Gdo e l’accesso al credito», denuncia Gian Maria Fara, presidente di Eurispes. È in questo vuoto che si infilano le mafie, con una strategia che Fara definisce simile al land grabbing: offrono liquidità, acquistano aziende o erogano prestiti usurari, impossessandosi così di campi, raccolti, strutture, contributi pubblici e forza lavoro.
Il rapporto evidenzia anche l’espansione del caporalato transnazionale, gestito da vere e proprie reti criminali, spesso mascherate da cooperative o imprese “senza terra”, e lo sfruttamento della manodopera migrante, elemento strutturale del nuovo modello mafioso. A ciò si aggiungono frodi alimentari, falsificazioni di etichette, sofisticazioni chimiche, furti di mezzi agricoli, estorsioni e cybercrime, con attacchi informatici mirati a sistemi logistici e dati aziendali per sottrarre fondi pubblici e dati sensibili.
Coldiretti, da anni in prima linea nella denuncia del fenomeno, rilancia la necessità di strumenti normativi all’altezza. «Erano dieci anni che aspettavamo l’approvazione della proposta di legge elaborata dal procuratore Caselli, e finalmente questo governo ha avuto il coraggio politico di concretizzarla», afferma Vincenzo Gesmundo, segretario generale di Coldiretti. Ma l’appello ora è rivolto al Parlamento: «Servono tempi rapidi per l’approvazione definitiva e bisogna superare le resistenze trasversali che arrivano da pezzi della grande industria in mano alle multinazionali e da segmenti della grande distribuzione organizzata».
Chiude con fermezza Ettore Prandini, presidente nazionale di Coldiretti e dell’Osservatorio Agromafie: «Siamo da sempre in prima linea contro questo sistema e denunciamo lo sfruttamento ovunque nel mondo, perché le agromafie non sono solo italiane. Sono globali. E vanno combattute con leggi, controlli e una consapevolezza collettiva che ancora manca».
In gioco non c’è solo l’economia di un settore. C’è la sovranità alimentare, il lavoro onesto, la qualità dei prodotti e la dignità della terra italiana. E ora più che mai, l’urgenza è mettere argini veri prima che le radici marce diventino l’unico sistema possibile.
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