Con il convegno tenutosi ieri, lunedì 19 maggio, presso la sede della Camera di Commercio di Verona si è chiuso un biennio intenso di attività nell’ambito del progetto Consulta della Legalità, promosso dalla stessa Camera di Commercio e da Avviso Pubblico. Un percorso che ha coinvolto imprese, enti locali, forze dell’ordine e magistratura in un lavoro sistematico di prevenzione, formazione e sensibilizzazione per contrastare la penetrazione mafiosa nell’economia veronese. Il progetto, considerato ormai una buona pratica a livello nazionale da Unioncamere, è stato già adottato da altre Camere di Commercio in città come Torino, Modena e Aosta.
Ad aprire i lavori i saluti istituzionali di Michelangelo Dalla Riva (Camera di Commercio di Verona), Pierpaolo Romani (Avviso Pubblico) e Wanda Ferro (Sottosegretario all’Interno), che hanno sottolineato come la costruzione di una rete territoriale contro la criminalità organizzata sia oggi una priorità strategica per la tutela dell’economia sana.
Il ruolo delle mafie nell’economia: analisi e strumenti
Il professor Antonio Parbonetti, docente di Economia aziendale dell’Università di Padova e direttore del CRIME – Centro di Ricerca su Imprese Mafia Economia, ha spiegato come le organizzazioni criminali operino per accumulare risorse economiche, riciclarle e trasformarle in potere economico e politico. “Le mafie non cercano solo denaro – ha dichiarato – ma potere, e in questo senso l’impatto delle droghe, ad esempio, è ancora più destabilizzante di quanto si creda per la democrazia”.
Parbonetti ha mostrato come il mercato delle criptovalute consenta alle mafie di accumulare e trasferire ingenti somme verso il dark web, ma ha anche chiarito che queste organizzazioni hanno bisogno di liquidità reale per penetrare e dominare i mercati legali, con particolare attenzione ai settori della finanza, dei trasporti e dei servizi. Le mafie creano veri e propri ecosistemi aziendali, dove operano contemporaneamente aziende “star” – con performance e produttività apparentemente eccellenti – e “cartiere”, usate per riciclare denaro attraverso false fatturazioni.
Uno studio del CRIME ha inoltre evidenziato l’effetto positivo sul territorio della rimozione di aziende mafiose: a seguito del sequestro di un’impresa criminale, le aziende competitor mostrano miglioramenti del 15% nelle performance, con più assunzioni, maggior gettito fiscale e salari più alti. “Nessun altro intervento pubblico ha un impatto così duraturo sul tessuto produttivo”, ha affermato.
Analisi dei dati, strumenti digitali e interoperabilità
Giuseppe Del Medico, responsabile legalità nell’economia di Unioncamere, ha illustrato gli strumenti digitali che consentono oggi di identificare le dinamiche distorsive del mercato in tempo reale. L’analisi di indicatori come l’eccesso di liquidità, il sovraindebitamento e la presenza di operazioni anomale consente di mappare aziende a rischio.
Del Medico ha sottolineato l’importanza della composizione negoziata come strumento di prevenzione: può aiutare le imprese in difficoltà a evitare il ricorso all’usura mafiosa. Ha poi ribadito l’urgenza di rendere operative le banche dati interoperabili, come il collegamento tra il registro delle imprese e l’Agenzia dei beni confiscati, per facilitare lo scambio di informazioni tra sistema camerale e forze dell’ordine.
Una minaccia subdola: fiscalità, appalti e silenzi
Nel successivo dibattito moderato dal giornalista Mario Portanova (Il Fatto Quotidiano), Alessandra Dolci, magistrato della DDA di Milano, ha denunciato il fenomeno della “fiscalizzazione della mazzetta”, molto diffuso in Lombardia e Veneto, dove le tangenti vengono mascherate come spese aziendali, rendendo difficile la denuncia da parte degli imprenditori. Ha inoltre evidenziato che i reati “spia” (minacce, incendi, estorsioni) sono sempre più rari, mentre sono le false fatturazioni e le anomalie fiscali a rivelare la presenza mafiosa.
Dolci ha infine messo in guardia sul sistema degli appalti pubblici: “L’attuale normativa consente all’azienda di iniziare i lavori anche se la verifica antimafia non è ancora arrivata. In caso di interdittiva successiva, ci troviamo a dover scegliere tra il blocco dell’opera o il pagamento a soggetti potenzialmente mafiosi”.
Verona, territorio a rischio: la richiesta di una DDA
Raffaele Tito, Procuratore Capo della Repubblica di Verona, ha ricordato che le mafie agiscono anche in assenza di reati visibili: “Non dobbiamo aspettare incendi o minacce per accorgerci della loro presenza. Un’impresa che si finanzia con capitali illeciti danneggia l’economia locale, anche se non compie reati in apparenza”. Tito ha anche evidenziato il ruolo delle mafie straniere, spesso strutturate su legami familiari che sfuggono ai modelli investigativi tradizionali.
Il procuratore ha infine rilanciato la richiesta di istituire una sede della Direzione Distrettuale Antimafia a Verona o almeno in Veneto, evidenziando la sottovalutazione storica del fenomeno mafioso nel Nordest e la necessità di rafforzare la presenza della magistratura specializzata.
Il convegno ha concluso un percorso che ha visto, dal 2023 a oggi, l’organizzazione di oltre 20 incontri tematici, due eventi pubblici presso beni confiscati, la produzione di un vademecum pratico per le imprese, e la creazione di una rete territoriale di prevenzione. Un’esperienza che ha dimostrato quanto la legalità sia una leva fondamentale per lo sviluppo economico sano, e che Verona intende continuare a promuovere anche nei prossimi anni.
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