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Livolsi e il paradosso italiano sul lavoro, cresce la domanda ma mancano le competenze


L’analisi di Ubaldo Livolsi, professore di Corporate Finance e fondatore della Livolsi & Partners S.p.A.

Pubblicato:28-05-2025 09:54

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Ultimo aggiornamento:28-05-2025 09:56


ROMA – “In un Paese che continua a interrogarsi sul futuro del lavoro, i dati diffusi da Unioncamere-Excelsior sono l’ennesimo campanello d’allarme, ma anche lo specchio di un sistema che da troppi anni si muove senza una bussola. A maggio, il 47% delle posizioni aperte nelle aziende italiane risulta difficile da coprire: quasi un posto su due resta vacante o viene assegnato con fatica. E non stiamo parlando di impieghi marginali, ma di figure tecniche, ingegneristiche, artigianali qualificate, centrali per la competitività del nostro sistema produttivo“. L’analisi di Ubaldo Livolsi, professore di Corporate Finance e fondatore della Livolsi & Partners S.p.A., nel nuovo appuntamento della sua rubrica con l’agenzia Dire, curata da Angelica Bianco.

LIVOLSI: “MISMATCH TRA DOMANDA E OFFERTA ASSUME CONNOTATI PIÙ GRAVI”

“Il cosiddetto ‘mismatch’ tra domanda e offerta- continua- non è una novità, ma oggi assume connotati ancora più gravi. Le imprese cercano 528.000 lavoratori solo a maggio, e stimano quasi 1,7 milioni di assunzioni da qui a luglio. Eppure, per il 70% dei tecnici e per oltre il 60% di ingegneri e responsabili di processo, semplicemente non si trovano candidati. È come se il mercato del lavoro italiano parlasse due lingue diverse: da un lato imprese che hanno bisogno urgente di competenze, dall’altro una forza lavoro che non le possiede o non è disposta ad accettare le condizioni offerte. Perché? Le spiegazioni non mancano. La formazione professionale è inadeguata, incapace di stare al passo con le trasformazioni della tecnologia e dell’organizzazione del lavoro”.

LIVOLSI: “STIAMO PREMIANDO LAVORI STAGIONALI E POCO QUALIFICATI”

(DIRE) Roma, 28 mag. – “Ma c’è anche un tema di attrattività- riprende Livolsi- Gli stipendi italiani, soprattutto per le figure specializzate, restano tra i più bassi d’Europa: il salario medio in Italia è fermo a 24.000 euro, contro i 27.000 della media Ue e i 36.000 dell’Olanda. In queste condizioni, i profili migliori – quelli più aggiornati, quelli più flessibili – guardano altrove. Nel frattempo, è il settore dei servizi e del turismo a trainare l’occupazione, complice l’avvio della stagione estiva. La manifattura, cuore dell’economia italiana, invece rallenta. Anche questo è un segnale da non sottovalutare: stiamo premiando lavori stagionali e poco qualificati, mentre perdiamo terreno su quelli ad alto valore aggiunto“. “Con l’approssimarsi dei referendum dell’8 e 9 giugno – quattro dei cinque quesiti riguardano proprio il mondo del lavoro – serve un dibattito serio, concreto, che vada oltre slogan e ideologie. Il Paese- conclude- ha bisogno di un nuovo patto tra scuola, imprese e istituzioni, capace di ricostruire la cinghia di trasmissione tra formazione e occupazione, tra crescita e diritti”.

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