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I soldi per l’Alta velocità nell’Ennese in Liguria, l’Anci denuncia la politica nordista


La Sicilia, con una rete stradale terzomondista ed una infrastruttura ferroviaria risalente ai primi anni del Novecento, basti pensare che da Siracusa e Trapani servono non meno di 11 ore di treno, rischia di rimanere davvero all’età del Bronzo.

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I soldi persi

La notizia, peraltro rilanciata dall’europarlamentare di Forza Italia, Marco Falcone, della perdita di 900 milioni di euro di Pnrr che saranno dirottati per opere del Nord Italia, è di quelle che stanno mandando in tilt i piani delle imprese e degli enti locali, perché il ridimensionamento, seppur contestato dall’assessore regionale alle Infrastrutture Aricò e dal senatore leghista Nino Germanà, può davvero di incidere sul futuro di un pezzo importante dell’isola.

La rete ferroviaria del Siracusa e l’Alta velocità

Tra le opere a rischio ci sono il bypass di Augusta: il progetto prevede la realizzazione di due interventi nell’area di Augusta, il primo riguarda una bretella ferroviaria che collega il nuovo parco ferroviario situato nel Porto di Augusta alla rete ferroviaria nazionale mentre il secondo è una variante di tracciato della Linea Messina – Siracusa che bypassa il centro urbano di Augusta. L’altro intervento è quello legato all’Alta velocità ferroviaria tra Palermo e Catania, i cui principali insistono nell’Ennese.

Il presidente dell’Anci a Talk Sicilia

L’allarme lo ha lanciato il presidente dell’Anci Sicilia, Paolo Amenta, intervenuto a Talk Sicilia, la trasmissione di approfondimento di BlogSicilia. “Il porto di Augusta deve diventare l’hub sul Mediterraneo, per cui  la rete ferroviaria non può e non deve essere toccata, altrimenti come è possibile procedere con il trasferimento delle merci provenienti dal porto o dirette verso la rada?  Invece si taglia quest’opera come quella dell’Alta velocità fra Catania e Palermo”.

I soldi della Sicilia in Liguria

Il presidente dell’Anci mette in chiaro dove andranno le risorse: “I soldi per la Sicilia sono destinati al finanziamento del Terzo Valico in Liguria. E come ha raccontato il presidente dell’Ance se sommiamo i 900 milioni agli altri investimenti previsti per la Sicilia salteranno 3 miliardi. Qualcuno racconta che questi soldi verranno sostituiti da altri finanziamenti ma ancora non abbiamo capito da dove verranno”.

La Sicilia che non spende

Ma c’è anche una Sicilia che non riesce a spendere, rallentata da una macchina amministrativa, regionale e locale, spesso al centro delle ire del Governo regionale. Il presidente della Regione, Renato Schifani, ne ha parlato di recente in un convegno a Noto ma gli esempi sono sotto gli occhi di tutti, basta percorrere, e lo fanno in migliaia ogni giorno, la Palermo-Catania, costellata da cambi corsia per lavori interminabili. E pensare che è l’arteria stradale più importante della Sicilia.

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Per il presidente dell’Anci, il problema è di carattere nazionale,  di una precisa volontà politica a forte trazione nordista, di non tenere conto delle esigenze del Mezzogiorno e della Sicilia, di essere finalmente competitivi con le aree europee più ricche.

“Io credo che sia un problema italiano: non c’è la volontà affrontare le problematiche del Sud, come le infrastrutture ed i servizi”. Per Amenta il Sud e la Sicilia scontano carenze “di risorse umane e di sistemi organizzativi”, e cita due esempi: “Cas ed Anas”.

I Comuni siciliani con i conti in rosso

Pure i Comuni siciliani non se la passano bene: 130 Municipi dell’isola sono in fase critica, tra dissesto e pre dissesto. Tra i motivi della crisi, la mancata riscossione dei tributi locali, che secondo i dati di Amenta si aggira intorno al 60%.

“Mancano le coperture per garantire i servizi”

“La Regione siciliana – dice il presidente di Anci Sicilia, Paolo Amenta – ha commissariato 179 comuni perché non avevano approvato i bilanci di previsione ma senza chiedersi le ragioni  che hanno portato a questo risultato: mancano le coperture finanziarie per garantire i servizi i servizi essenziali. Esiste un caso Sicilia ma bisogna trovare una soluzione, magari con un nuovo sistema contabile e con la cosiddetta armonizzazione dei bilanci, di certo il 50% dei Comuni siciliani va in predissesto in dissesto creando condizioni veramente drammatiche per i cittadini e per le imprese”.



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