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ITALIA ECONOMY – Le imprese del IV Capitalismo italiano


Il IV Capitalismo italiano si conferma pilastro strategico del manifatturiero, tra performance moderate, vocazione all’export e attenzione crescente ai criteri ESG

Nel panorama industriale italiano esiste una fascia d’imprese che, pur non appartenendo ai grandi gruppi, svolge un ruolo cruciale nella tenuta economica e nella proiezione internazionale del Paese. Stiamo parlando delle aziende del cosiddetto “IV Capitalismo”: realtà familiari a capitale italiano che si collocano tra le PMI e i colossi industriali. A raccontarne stato di salute, sfide e strategie è l’indagine 2025 dell’Area Studi Mediobanca, che ha coinvolto oltre 4.300 aziende manifatturiere, con un focus particolare su 642 imprese rappresentative del 21% del fatturato complessivo del comparto.

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Un’identità forte e ben radicata

Il IV Capitalismo include le medie imprese (tra 50 e 499 dipendenti, fatturato tra 19 e 415 milioni di euro) e le medio-grandi (oltre 499 addetti e ricavi fino a 3 miliardi). Il baricentro geografico è chiaramente settentrionale: quasi il 75% delle aziende rispondenti si trova tra Nord Ovest (39,2%) e Nord Est (35,7%), con Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna in testa. Ma la loro presenza è significativa anche in Centro (14,9%) e Sud e Isole (10,2%). Più di un’impresa su tre opera all’interno di un distretto produttivo, confermando il legame con i territori e le filiere locali.

2024: un anno di tenuta grazie all’export

Nel 2024 il fatturato complessivo delle imprese del IV Capitalismo ha registrato un lieve incremento (+0,6%), trainato in larga parte dalle vendite oltreconfine (+3,3%). Il mercato domestico, invece, ha segnato una contrazione dell’1,8%. A livello territoriale spiccano le performance del Centro Italia (+11,2% di fatturato totale, +15,7% di export), mentre il Nord Ovest ha sofferto (-3,2% di vendite totali, -1,4% di export). Il Sud ha mostrato segnali positivi (+4,9% complessivo, +15,5% export), suggerendo un potenziale ancora da valorizzare.

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Guardando al 2025, le imprese mantengono un atteggiamento positivo ma prudente. Il 58% prevede una crescita, il 20% stabilità, mentre il 22% teme una contrazione. Le aspettative si concentrano soprattutto sull’export, che dovrebbe salire del 4%, mentre il mercato interno potrebbe crescere del 2%. Tuttavia, l’incertezza geopolitica e i timori per l’inasprimento delle politiche protezionistiche rimangono sullo sfondo, insieme ai costi dell’energia e alla concorrenza sul prezzo (citata dal 67,8% delle aziende come minaccia principale).

Tecnologia, mercati e green economy: le leve per competere

Per rafforzare la propria posizione competitiva, le aziende del IV Capitalismo puntano su tre direttrici principali: espansione in nuovi mercati (68,2%), aumento degli investimenti in tecnologia (56,1%) e sviluppo di nuovi prodotti/servizi (54,1%). Cresce anche l’attenzione alla sostenibilità: quasi il 29% prevede un incremento degli investimenti green. Ancora poco diffusa invece l’apertura del capitale a soci esterni, con appena il 7,2% delle imprese che si sta muovendo in questa direzione.

Credito accessibile e governance familiare

Il 69,4% delle imprese non ha difficoltà di accesso al credito, e la principale fonte di finanziamento resta l’autofinanziamento (77%), seguito dai prestiti bancari (71,5%). Solo il 5,8% ha beneficiato di fondi pubblici. A livello organizzativo, il 74% delle aziende continua ad affidare la gestione operativa a membri della famiglia proprietaria, e solo nel 26% dei casi ci si affida a manager esterni. Le donne rappresentano il 29% della forza lavoro, ma solo il 4,2% ricopre ruoli manageriali.

ESG: oltre l’80% ha già avviato un percorso

Il tema ESG è ormai all’ordine del giorno: l’82,5% delle aziende dichiara di aver intrapreso attività in tal senso, principalmente per adeguarsi alla normativa ambientale (68,5%), migliorare la reputazione (52,9%) e per convinzione dell’imprenditore (48,9%). La maggior parte degli investimenti ESG è autofinanziata (91,4%). Tuttavia, il 35,9% delle imprese non comunica ancora all’esterno i propri risultati in materia di sostenibilità.

Le iniziative più diffuse riguardano l’efficienza energetica (68,7% usa rinnovabili o riduce le fonti fossili), la gestione dei rifiuti (63,2%) e la formazione ambientale (44,8%). Ancora indietro, invece, le azioni per la mobilità sostenibile e la misurazione delle emissioni di gas serra, che il 55,8% delle aziende non è in grado di quantificare.

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Transizione ecologica: luci e ombre

Segnali positivi arrivano dalla riduzione dei rifiuti pericolosi (-9%) e dall’aumento dell’uso di materiali riciclati (+8%). Tuttavia, solo il 6,4% delle imprese copre oltre il 60% del fabbisogno energetico con fonti rinnovabili, e l’autoproduzione resta marginale. Inoltre, meno della metà delle aziende è convinta che l’obiettivo “net-zero 2050” sia davvero raggiungibile.

Il IV Capitalismo italiano continua a rappresentare un segmento fondamentale del tessuto industriale nazionale, capace di affrontare con pragmatismo le sfide globali e di contribuire in modo significativo alla crescita del Paese. Se da un lato la solidità finanziaria, la propensione all’export e l’attenzione alla sostenibilità ne delineano i punti di forza, dall’altro emergono aree di miglioramento legate alla governance, all’inclusione e alla piena attuazione della transizione ecologica. La partita del futuro si giocherà proprio sulla capacità di trasformare queste sfide in nuove opportunità.

Fonte: Area Studi Mediobanca, “Indagine congiunturale e strutturale sulle imprese manifatturiere del IV Capitalismo italiano”, giugno 2025

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