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Decreto sicurezza è legge: stop cannabis light, a rischio 350 aziende e 4mila addetti in Veneto


Il decreto sicurezza, approvato oggi 4 giugno al Senato – con il voto di fiducia imposto dal governo Meloni e tra le proteste delle opposizioni –, mette una pietra tombale sul settore della cannabis light e sulla filiera della canapa, un settore che in Veneto conta centinaia di aziende. Sono oltre 350 le imprese attive in Veneto nel settore, per un totale stimato di circa 4mila addetti, in gran parte giovani imprenditori, che coprono circa il 15% della produzione nazionale.

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Tra le norme contenute nel testo c’è infatti il divieto alla coltivazione e alla vendita delle infiorescenze anche di cannabis a basso contenuto di Thc, il principio attivo più noto contenuto nella cannabis. L’articolo 18 del decreto vieta la lavorazione, la distribuzione e la vendita delle infiorescenze della canapa coltivata e dei suoi derivati, parificando la cannabis sativa, o light – fino ad oggi a tutti gli effetti legale – agli stupefacenti.

Cia Veneto: «Affossata eccellenza trainata dai giovani»

«La maggioranza di Governo si prende la responsabilità di affossare in un colpo solo uno dei segmenti di eccellenza del Made in Italy agroindustriale, trainato soprattutto dai giovani». Così Cia Veneto commentava il via libera al Decreto Sicurezza alla Camera il 27 maggio scorso. Secondo l’organizzazione degli agricoltori la filiera interessa in Veneto oltre 100 produttori, per un fatturato annuo di 75 milioni di euro.

«Nonostante i nostri ripetuti appelli e quelli dell’intera filiera – sottolineava il presidente di Cia Padova, Luca Trivellato – viene reso di fatto illegale un comparto dall’enorme potenziale di crescita». Tra le filiere che lavorano la canapa ci sono cosmesi, erboristeria, florovivaismo: tutti impieghi tra l’altro ampiamente riconosciuti dalla legislazione europea. «È una norma ingiustamente punitiva e ideologica – aggiunge Trivellato – Continueremo a sostenere gli agricoltori a tutti i livelli e in tutte le sedi opportune».

La protesta dei Verdi

In Consiglio regionale del Veneto, i Verdi avevano portato il 13 maggio scorso una risoluzione per chiedere al parlamento di stralciare alcune norme del dl. Renzo Masolo, capogruppo di Europa Verde nel Consiglio regionale del Veneto, aveva detto: «Di fatto, una criminalizzazione irragionevole della cannabis light che colpisce, nel quadro di una logica repressiva, un comparto di 3mila aziende, 30mila lavoratori, con oltre 350 imprese attive in Veneto per un totale stimato di circa 4mila addetti, in gran parte giovani imprenditori, che coprono circa il 15% della produzione nazionale».

Per Masolo «non è una battaglia ideologica perché la canapa non rappresenta una minaccia, ma è una risorsa: difenderla significa difendere il futuro del Veneto e dell’Italia, ed è necessario ascoltare soprattutto le parole di chi rischia di pagare le conseguenze e il costo più alto di una scelta ideologica». Niente da fare, il governo ha tirato dritto.

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Gli appelli (inascoltati) della Lega del Veneto

A dimostrazione che la protesta è trasversale, sul tema si è mossa anche la Lega veneta, con nomi di primo piano. Il Presidente del Consiglio regionale del Veneto Roberto Ciambetti si era esposto il 16 aprile con parole molto nette: «Quello della filiera agroindustriale ed agroalimentare della canapa è un comparto che negli ultimi anni, in particolare dal 2014 al 2020 con i progetti di sperimentazione attraverso il PSR e poi con la legge regionale n. 36/2019, ha visto una crescita significativa – affermava Ciambetti –: i dati delle associazioni di categoria parlano, per il Veneto, di un valore di 30 milioni di euro all’anno, con 100 ettari coltivati e una regionale di oltre 12mila quintali, circa il 15% del settore a livello nazionale, in cui l’industria legata alla canapa impiega nel nostro paese circa 30 mila persone, con 3 mila aziende che producono un fatturato annuo intorno ai 500 milioni di euro. Quando parliamo di competitività e multifunzionalità delle imprese agricole e di integrare processi produttivi agricoli e industriali dobbiamo fare attenzione a non procedere in modo pregiudizievole, e soprattutto a non creare confusione normativa. Credo che valga la pena ascoltare i numerosi appelli giunti dal mondo agricolo, che esprimono preoccupazione circa le ricadute sul settore del Decreto Sicurezza approvato dal governo: il rischio è quello di penalizzare e rendere illegale l’attività di quanti, nel corso degli anni, hanno investito in una cultura legale e ad alto valore aggiunto».

Lo stesso Federico Caner, leghista anch’egli, assessore regionale all’agricoltura del Veneto, qualche giorno dopo, il 29 aprile, aveva fatto appello al governo a nome della Commissione politiche agricole della Conferenza delle Regioni, di cui è coordinatore. «Tutti i rappresentanti delle Regioni si sono trovati a riconoscere all’unanimità che il Decreto Sicurezza mette in difficoltà il settore della canapa, che in Italia conta 3.000 aziende con 30.000 addetti, 500 milioni di fatturato e il 90% di export – affermava Caner –. Chiediamo perciò ufficialmente una revisione dell’articolo 18 del DL, che vieta la coltivazione della canapa anche a bassissimo contenuto di Thc. Questo a tutela delle nostre aziende, certificate e destinatarie negli anni di finanziamenti regionali, statali ed europei. Perché, lo ricordo, la filiera della canapa è sostenuta da una Legge veneta che ne tutela la produzione attraverso specifici progetti, bandi, contributi. E infine è bene dire che il DL non vieta l’importazione del prodotto, consentita dalla norma europea, ma solo la coltivazione nazionale».

Al di là degli appelli, in parlamento la Lega ha votato insieme alla maggioranza a favore del decreto sicurezza, permettendone così l’approvazione.



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