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Il degrado totale dei potenti sta strangolando la democrazia Usa


Un duello greve e volgare, quello tra il presidente e il patron della Tesla, che mette a nudo la fragilità e gli aspetti più malsani della democrazia e del capitalismo Usa. Al di là del bullismo, quel che è certo è che entrambi dispongono di grandi poteri. Che intendono usare al di fuori di qualsivoglia regola

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Nel commentare questa baruffa social tra Donald Trump e Elon Musk, non si può non partire da una banale premessa: che anche questo scambio surreale segnala, e simboleggia, lo sconcertante degrado del discorso pubblico. L’attore politico e quello imprenditoriale più potenti del mondo s’insultano e provocano come due bulli adolescenti e senza freni.

L’escalation di volgarità e avvertimenti cattura ovviamente l’attenzione di tutti noi, voyeur di social networks che amplificano ed esasperano scontri piccoli e grandi di questo tipo. Ma che ne ostentano anche la barbarie: il loro sublimare un’inciviltà di cui Musk e Trump sono al tempo stesso prodotti e agenti, effetti e cause. Attori che oggi – visto il loro ruolo, la loro influenza e la potenza delle loro tribune – diffondono una pedagogia altamente tossica in un corpo, quello delle nostre democrazie, di suo già debole e malato.

Fatta questa premessa, che cosa possiamo trarre da questa vicenda poco edificante? Che cosa ci dice della politica degli Stati Uniti e, appunto, dello stato di salute non eccelso della loro democrazia? In grande sintesi, tre considerazioni tra loro strettamente intrecciate possono essere offerte.

La prima è che laddove la disputa e il bullismo non dovessero essere risolti o almeno sedati, essi diventeranno una sorta di laboratorio per testare chi, tra potere politico e istituzionale da un lato ed economico e tecnologico dall’altro, ha oggi leve e strumenti più forti.

Grandi poteri

Sono poteri assai ampi, quelli di cui dispongono Trump e Musk. E che entrambi minacciano di utilizzare, dispiegando quella intimidazione che per il presidente è ormai strumento privilegiato e finanche prassi di governo. Trump prospetta tagli alle tante commesse e sussidi federali di cui molte imprese di Musk beneficiano; alle quali si potrebbero aggiungere le agevolazioni che diversi governi statali, si pensi solo al caso del Texas, stanno offrendo a Musk per attirare i suoi investimenti e le sue attività.

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In parallelo, alcuni trumpiani da sempre ostili a Musk, a partire da Steve Bannon, invocano azioni radicali, come l’apertura d’indagini sul processo che ha portato Musk a trasferirsi negli Usa e a diventarne cittadino, o ordini esecutivi per espellerlo dal paese, applicando al miliardario sudafricano quei metodi già brutalmente testati contro studenti e immigrati.

Dal canto suo, Musk prospetta veri e propri ricatti possibili grazie al ruolo centrale che svolge in fondamentali attività pubbliche, sicurezza e difesa su tutti, grazie al suo sistema satellitare Starlink. E annuncia la sua intenzione d’interrompere il flusso ingente di finanziamenti alle campagne elettorali repubblicane o addirittura di creare un suo movimento politico.

Assenza di regole

E questo ci porta alla seconda considerazione. Lo scontro Musk-Trump mette sotto i riflettori alcuni degli elementi più insani e problematici della democrazia così come del capitalismo degli Stati Uniti. Da un lato c’è l’assenza di controlli e regole sui finanziamenti privati alla politica e il potere che ciò conferisce a chi li elargisce. Con le centinaia di milioni di dollari spesi in varie competizioni elettorali, inclusa una recente addirittura a sostegno di un candidato a giudice della Corte Suprema del Wisconsin, Musk ha di fatto comprato nell’ultimo anno un’influenza politica rilevante. Messa al servizio delle sue ambizioni e del suo patente narcisismo; ma anche funzionale a maturare crediti con un Pubblico che ne sussidia i progetti, compra i prodotti e agevola le attività.

Un rapporto incestuoso, questo, dove i conflitti d’interesse diventano la norma in un capitalismo malato, clientelare e incapace, anche, di fissare regole con cui impedire a singoli attori di sfruttare privilegi monopolistici o di maturare ricchezze inimmaginabili attraverso il controllo e lo sfruttamento di pezzi di sfera pubblica.

La terza e ultima considerazione riguarda infine la dimensione più propriamente politica e ideologica dello scontro. Consumatosi su una questione specifica: la legge di bilancio, non ancora approvata dal Congresso, che secondo tutte le stime aumenterebbe in modo significativo il deficit del paese, tagliando al contempo alcuni servizi essenziali, in particolare nella sanità. Musk, che la spesa federale avrebbe dovuto drasticamente ridimensionare, l’ha criticata con durezza e quella è stata l’origine dell’escalation. A monte vi sono però cortocircuiti e contraddizioni che prima o poi sarebbero comunque deflagrati, a prescindere da un comune denominatore – l’autoritarismo – che pare essere il vero trait d’union tra i due.

Globalismo tecnocratico

Vi è infatti uno iato profondo tra il populismo nazionalista e per molti aspetti anacronistico di Trump e il globalismo tecnocratico di Musk; tra la forte ostilità alla Cina del primo e i mille legami con Pechino di un imprenditore che in Cina produce molto, e dove ha ottenuto linee di credito agevolato; tra le visioni (e talvolta i deliri) futuristici di Musk e le nostalgie (e i contro-deliri) molto passatisti di Trump.

I  due hanno consumato pochi mesi fa un matrimonio d’interesse, come spesso accade in politica. Che non fosse destinato a durare era abbastanza scontato. Lo era meno, che ciò avvenisse in tempi molto rapidi e con modalità tanto grevi e violente.

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