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– Startup a impatto sociale, la vocazione dell’Europa


“L’impatto sociale potrebbe essere la vocazione, la caratteristica del sistema delle startup europee…” con queste parole Paolo Landoni ha concluso il 4 giugno al Luiss Milano Hub, il “Business Meet Social Innovation”, l’incontro annuale della community nonprofiti Social Innovation Teams (SIT).

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Professor Landoni, soddisfatto?
“Certamente sì. Abbiamo fatto un altro passo sulla lunga e difficile strada per far capire, in Italia e in Europa, che le startup a impatto sociale non sono una eccezione per anime belle, ma una concreta modalità di stare sul mercato, rispondendo meglio ai bisogni sociali e ambientali rispetto al tradizionale modello di impresa.”

Programma impegnativo. Lei è ordinario al Politecnico di Torino di imprenditorialità e innovazione e fondatore di Social Innovation Monitor (SIM) e di Social Innovation Teams (SIT). Voi in che modo fate la vostra parte?
Social Innovation Monitor (SIM) è un team di ricerca internazionale che, oltre a fare ricerche su questi temi, cerca di trasferire le conoscenze e i modelli che sviluppiamo alla società e ai policy maker. Tra le altre cose, pubblichiamo report sulle startup a impatto, sugli incubatori e gli acceleratori e stiamo anche lanciando un report su Startup Studio e Venture Studio.”

Mentre Social Innovation Teams?
Social Innovation Teams (SIT) è una community non profit che prende queste conoscenze e le trasferisce a singoli progetti imprenditoriali e innovativi a impatto. Attiviamo rapporti bidirezionali tra startup e mentor, esperti, persone senior che decidono di dedicare il loro tempo ad aiutare questi progetti di imprenditorialità sociale, innovativa, sostenibile. In questo senso siamo un po’ come un incubatore/acceleratore, ma solo per startup e iniziative imprenditoriali a impatto.”

Qual è la caratteristica distintiva del vostro approccio?
“Stiamo costruendo una community, quindi non soltanto un percorso che dura 3 o 6 mesi. Le startup e i progetti imprenditoriali che accompagniamo e che sopravvivono – perché ovviamente c’è anche qualche progetto che non decolla – rimangono poi in community e danno una mano anche alle altre startup, agli altri progetti imprenditoriali che invece iniziano il loro percorso. Inoltre, indipendentemente dalla fase di sviluppo dei progetti, mettiamo sempre a disposizione una serie di servizi ad hoc dal supporto alla comunicazione, alla valutazione di impatto, alla presentazione a investitori, supplier di fiducia e partner. Ad esempio, l’evento del 4 giugno è stato per molte startup in community un’importante opportunità di visibilità e networking.”

Insomma praticate quella che alla Fondazione Pensiero Solido chiamiamo “Economia Circolare delle Competenze”.
“Si. E c’è una doppia circolarità. La prima tra i mentor che coinvolgiamo nella community per aiutare imprenditori e imprenditrici ad avviare la loro attività. La seconda riguarda il sostegno che le iniziative imprenditoriali più rodate mettono a disposizione delle nuove startup.”

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Fin qui tutto bene. Social Innovation Teams è attiva dal 2021. Il bilancio- è non mi riferisco a quello economico – è positivo?
“Sono e siamo molto contenti del percorso che abbiamo fatto. Abbiamo contribuito a creare consapevolezza intorno a questo tipo di realtà, abbiamo avuto dei casi di successo e il nostro modello sta funzionando, tuttavia…”

Tuttavia?
“Potremmo fare molto di più se ci fossero più persone di esperienza interessate a fare i mentor per aiutare le startup e le imprese grandi (corporate) volessero contribuire alla crescita di questa community come giveback ma anche per intercettare progetti e idee di valore in anteprima. Così potremmo crescere in termini di massa critica, cioè di numero di startup supportate. In questo momento non facciamo marketing proprio perché se aumentasse troppo il numero di richieste da parte delle startup non riusciremmo a gestirlo, perché ognuna di loro richiede attenzione e risorse.”

E quindi, come cercate di sciogliere il nodo?
“Stiamo lavorando da un lato sulla scalabilità dei nostri processi e la riduzione dei costi, dall’altro sull’offerta di alcuni servizi per cui chiediamo un contributo economico, come la valutazione di impatto. Dopo questa fase vogliamo affrontare il team fundraising e ricerca di donatori, anche pubblici, cioè soggetti interessati a sostenere il nostro impegno sociale e ambientale oltre il 5×1000.”

Avete comunque già provato a coinvolgere aziende grandi?
“Con Social Innovation Monitor abbiamo lanciato – e sta funzionando bene – un club tra imprese medio-grandi che vogliono fare innovazione sociale e sostenibile, in particolare legata a temi di HR e welfare aziendale, e che vogliono imparare da altre imprese e collaborare con università e esperti su questi temi. Le coinvolgiamo per attivare tra di loro uno scambio di conoscenze, di progetti, di contatti e, ovviamente, per far conoscere loro startup innovative e PMI innovative che possono aiutare a introdurre innovazioni ad esempio in termini di welfare, sostenibilità ambientale, riduzione dei rifiuti o del consumo di acqua.”

In buona sostanza voi create “ponti” tra realtà diverse. Una sorta di contaminazione reciproca…
“Esatto! Ecco di nuovo la circolarità tra tutti questi soggetti diversi tra loro ma che possono rendere complementari i loro punti di forza: una startup ovviamente è più innovativa, più dinamica, mentre una azienda strutturata ha più risorse e può avere più impatto sia interno sia esterno. Vogliamo aprire relazioni per attivare progetti rilevanti comuni in ambito sostenibilità e impatto sociale.”

Quanto è importante il networking per il vostro lavoro?
“Credo che appuntamenti come Business Meet Social Innovation e appuntamenti come quelli che organizzi tu con la Fondazione Pensiero Solido siano importanti per lanciare collaborazioni uno a uno. Quello che si può e si deve continuare a fare è intercettare nuove realtà con cui lanciare queste relazioni. Nel fare rete si iniziano a connettere due nodi e poi man mano altri nodi sono si connettono insieme si riesce ad avere maggiore impatto e sinergia.”

In conclusione… 
“L’Europa ha tutto per diventare leader nell’imprenditorialità a impatto positivo, eppure, nelle 21 pagine della strategia per le startup, parole come sostenibilità, impatto sociale, etica, rigenerazione non compaiono nemmeno. Prevedono 27 azioni con l’ambizione di diventare il posto migliore al mondo per lanciare e far crescere grandi aziende…”

Ma..
“…ma quali grandi aziende vogliamo? Unicorni estrattivi e deresponsabilizzati, o imprese etiche, rigenerative, attente all’ambiente e alla società?”

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