«Vi spiego perché Bitcoin ha bisogno delle startup. Per crescere l’Italia deve coltivare la sua community»

«Penso che la stampa mainstream si concentri troppo sul prezzo di Bitcoin e che non capisca in realtà il fenomeno. Tutto resta molto emotivo». Andi Pitt, esperta di criptovalute e co-founder di Ego Death Capital, fondo VC verticale sulle startup in ambito Bitcoin, ci ha raccontato come si muove un investitore in una nicchia di mercato ancora poco esplorata in Italia, ma che sempre più persone stanno seguendo con interesse. In questa nuova puntata del lunedì dedicata ai temi economici e all’ecosistema dei Venture Capital abbiamo dialogato con chi pensa che quanto creato anni fa da Satoshi Nakamoto possa risolvere più di un problema. Specie nei Paesi in via di sviluppo.

Perché investire in startup di Bitcoin?

Mentre scriviamo il valore di Bitcoin è oltre i 100mila dollari, cifra che fino a qualche anno fa rientrava secondo molti nella fantaeconomia. Questo non significa che non ci siano ancora molte realtà e istituzioni – come la BCE – che reputino ancora l’asset digitale come una truffa speculativa. D’altra parte sempre più aziende e fondi di investimento – BlackRock in testa – hanno deciso di investire in Bitcoin, rendendolo più attrattivo agli occhi dei risparmiatori. Ma a che punto della sua vita è Bitcoin?

«Credo che sia come un startup in fase early – ci ha spiegato Andi Pitt, che nelle scorse settimane è stata ospite in Italia della terza edizione del Tuscany Lightning Summit 2025, appuntamento che ha riunito gli addetti ai lavori a Viareggio. A organizzarlo sono stati Fulgor Ventures e proprio Ego Death Capital. «Penso che Bitcoin abbia superato il limite in termini di accettazione come investimento, mentre in termini di utilizzo effettivo le cose che sono ancora in divenire: l’idea del Bitcoin come moneta peer to peer non c’è ancora. Tutti lo comprano perché sale il valore. Ma è una moneta peer to peer, se si legge il white paper».

L’attenzione mediatica attorno a Bitcoin ha spesso caricato la criptovaluta di grosse aspettative, ma secondo Andi Pitt siamo ancora in una fase embrionale. «Penso che il percorso di crescita sia molto lungo». Nel corso della sua carriera l’investitrice ha lavorato in una delle istituzioni della finanza tradizionale, Goldman Sachs. Ancora si ricorda il primo impatto con Bitcoin. «Nel 2017 ero seduta al trading floor di Goldman Sachs e in quel periodo c’era stata una grande corsa al rialzo dei prezzi. Credo che Bitcoin fosse arrivato a 17mila dollari. Mi ci sono tuffata però soltanto qualche anno dopo nel 2021».

Non solo riserva di valore

Ma come funziona il suo mestiere di investitrice in ambito Bitcoin? Anzitutto bisogna capire perché questo asset ha bisogno delle startup. «Per avere davvero successo a lungo termine, il Bitcoin debba essere qualcosa di più di una semplice riserva di valore che viene sostanzialmente custodita. Se il Bitcoin finisce per diventare un altro asset finanziario che posso usare solo se qualcuno lo custodisce e lo trasferisce per me, allora lo scopo del Bitcoin viene vanificato».

Al momento il fondo Ego Death Capital ha nove startup in portfolio da tutto il mondo. «Investiamo in società a livello globale, sia negli Stati Uniti che in Europa e nei mercati emergenti. Qualsiasi società che costruisca o utilizzi una tecnologia per il Bitcoin o che utilizzi il Bitcoin in qualche modo. In genere operiamo nelle fasi di seed o pre-serie A». Ma come avviene l’investimento?

«Investiamo in fiat perché fondamentalmente, nella fase in cui investiamo, ciò che finanziamo sono i costi dell’azienda. E i costi dell’azienda sono quasi sempre in valuta fiat. Quindi si tratta per lo più di stipendi. Questo è il motivo. Ci sono anche ragioni normative, ma in ogni caso ha senso investire in fiat». Ragionare poi dei problemi che secondo i sostenitori di Bitcoin potrebbero essere risolti grazie a questo asset impone di guardare a situazioni anzitutto di altri Paesi.

Che problemi risolve Bitcoin?

«Ovviamente in Europa e negli Stati Uniti le persone investono in questo settore per ottenere benefici finanziari. La crisi bancaria ci ha ricordato che l’attuale sistema non funziona. È ancora molto fragile. I mercati emergenti lo adotteranno prima: in Africa ad esempio, dove non ci sono buoni circuiti finanziari, la conversione da un Paese all’altro può essere estremamente lenta e difficile. Anche in Brasile stiamo assistendo a un’adozione piuttosto significativa, credo anche a causa della recente iperinflazione».

Sempre Andi Pitt ha calato la riflessione dal punto di vista dei risparmiatori in Paesi non certo ricchi. «Che si tratti del Libano o dei Paesi dell’Africa occidentale, i risparmi dei cittadini si svalutano in un giorno perché ad esempio la Francia ha cambiato il valore del franco dell’Africa occidentale, il che è terribile per una persona che ha lavorato così duramente: all’improvviso i suoi risparmi valgono la metà di quanto valevano il giorno prima. È incredibile che un governo possa fare una cosa del genere».

Dopo il suo recente viaggio in Italia ha avuto modo di conoscere l’ecosistema di sviluppatori, esperti e giornalisti che ruotano attorno a Bitcoin. «È davvero incredibile – ci ha raccontato -. Penso che sia una delle community più forti al mondo. Penso a cosa sta succedendo a Torino, dove l’università ha una particolare attenzione su questo fronte. Sembra davvero che in quell’università ci sia un’attenzione particolare all’innovazione, alla tecnologia e all’imprenditorialità nell’ambito del bitcoin».