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La Banca Mondiale torna a finanziare l’energia nucleare, cancellato il divieto


Dietrofront della Banca Mondiale sul nucleare. L’agenzia delle Nazioni unite, principale organizzazione internazionale dedicata allo sviluppo dei Paesi più poveri, ha comunicato che tornerà a sostenere economicamente progetti per la produzione di elettricità dall’energia atomica, dopo 12 anni di stop a questo tipo di finanziamenti.

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Il divieto deciso dalla stessa organizzazione è stato revocato su sollecitazione degli Stati Uniti, maggiore azionista della Banca Mondiale e per questo principale decisore, per investire su centrali nucleari “sicure, sostenibili e supervisionate” nei Paesi in via di sviluppo, sulla scorta degli obiettivi di decarbonizzazione fissati dalle Cop sul clima.

La svolta della Banca Mondiale

L’ultimo progetto di sviluppo dell’energia nucleare finanziato dalla Banca Mondiale risale al 1959 in Italia, ma il veto ufficiale fu imposto nel 2013 su spinta di diversi di diversi finanziatori, come la Germania, ritenendo troppo alto il rischio di incidenti in centrali atomiche costruite in Paesi con scarsa competenza in materia.

Il netto cambio di rotta, definito “pragmatico” e “flessibile” dal presidente dell’organizzazione, Ajay Banga, arriva per contrastare la crisi climatica proprio in quelle nazioni prive di un’alternativa ai combustibili fossili, necessaria per ridurre le emissioni.

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Più di 20 Paesi hanno dichiarato il proprio impegno nella Cop 28 di Dubai a triplicare l’energia prodotta dagli impianti nucleari entro il 2030, per puntare agli obiettivi fissati a contrasto dell’emergenza climatica, rispondendo al tempo stesso al crescente fabbisogno di energia.

Nella nota con cui ha illustrato la  nuova strategia sull’energia concordata dal consiglio di amministrazione, Banga ha spiegato che entro il 2035 la domanda di elettricità nei Paesi in via di sviluppo crescerà più del doppio, richiedendo investimenti annuali per oltre 280 miliardi di dollari in produzione, reti e stoccaggio.

Gli interessi degli Usa

La virata verso il nucleare della Banca Mondiale è stata possibile anche grazie al favore con cui il nuovo governo tedesco a trazione Cdu guarda ai reattori di nuova generazione più piccoli che, come spiega il New York Times, “promettono un’implementazione più rapida, ma che devono ancora essere dimostrati”.

Ma il principale sostenitore di questa svolta sono gli Usa, che con il segretario al Tesoro Scott Bessent aveva chiesto la rimozione del messa al bando del nucleare per rivoluzionare “l’approvvigionamento energetico per molti mercati emergenti”.

Il quotidiano statunitense sottolinea come, piuttosto che l’esigenza di trovare soluzioni alla crisi climatica, il vero interesse dell’amministrazione Trump sia di tenere testa alle industrie nucleari russa e cinese, cercando di allargare il parco di reattori americani.

L’ennesimo stop ai negoziati sul nucleare con l’Iran, con il successivo attacco di Israele, mostrano però le problematiche nella gestione dell’arricchimento dell’uranio, che oltre al pericolo di incidenti potrebbe portare i Paesi allo sviluppo di ordigni atomici.

Ajay Banga ha assicurato che la Banca Mondiale collaborerà a stretto contatto con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica per rafforzare la propria capacità di consulenza sulle misure di salvaguardia, sicurezza e protezione in materia di non proliferazione nucleare e sui quadri normativi.

Secondo l’Energy for Growth Hub e Third Way, oltre ai 28 Paesi che già utilizzano l’energia nucleare commerciale, altri 10 sono pronti a partire e altri 10 potrebbero esserlo entro il 2030.

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