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così l’energia soffoca le PMI


In Italia i piccoli imprenditori pagano fino al 30% in più dei colleghi Ue. Un sistema iniquo, opaco e fossilizzato alimenta squilibri strutturali. E i rincari del 2025 peggiorano tutto.

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Un déjà-vu amaro: i prezzi tornano a correre

Dopo un biennio di relativa calma, le imprese italiane tornano a tremare davanti alla bolletta. Secondo i dati contenuti nell’Osservatorio Energia 2025 curato dalla CNA e pubblicato a giugno, nei primi sei mesi dell’anno il Prezzo Unico Nazionale (PUN) – cioè il riferimento all’ingrosso dell’energia elettrica – è risalito a quota 118,3 euro per MWh. Un balzo del 24,6% rispetto allo stesso periodo del 2024, e un +9% rispetto alla media annua precedente. Numeri che rompono una tregua apparente e aprono scenari preoccupanti.

La causa? Un intreccio di crisi geopolitiche che si riflettono direttamente sul mercato. L’escalation tra Israele e Iran ha già impattato sul prezzo del petrolio, mentre il conflitto in Ucraina non accenna a placarsi. E, come sempre, le conseguenze si scaricano sulle imprese più fragili.

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Una penalizzazione storica: l’Italia fuori mercato

Il rincaro non è un’eccezione momentanea. È la spia di una malattia cronica. Dal 2019 a oggi l’Italia è il paese con il prezzo medio dell’energia più elevato tra i big europei. Secondo l’analisi CNA, il nostro PUN all’ingrosso ha superato del 28,3% quello francese, del 30,9% quello tedesco e addirittura del 53,6% quello spagnolo. Il motivo? Una struttura del mercato ancora fortemente esposta al costo delle fonti fossili, una lentezza disarmante nel potenziamento delle rinnovabili e una bolletta imbottita di voci parafiscali.



L’eccezione virtuosa: il caso Spagna


Un esempio in controtendenza arriva proprio dalla Spagna. Grazie a una politica aggressiva sul fronte delle rinnovabili – spinta dagli investimenti pubblici post-pandemia e da una governance del sistema più flessibile – Madrid ha tagliato del 15% le bollette di famiglie e imprese tra fine 2024 e inizio 2025 (El País). Un modello che dimostra come l’energia, se governata, possa diventare un fattore competitivo. Al contrario di quanto accade in Italia.

Il paradosso delle piccole imprese

Il dato più inquietante, però, riguarda la distribuzione interna del peso della bolletta. Le PMI italiane – che costituiscono oltre il 90% del tessuto produttivo nazionale – sono le più penalizzate in assoluto. Una microimpresa con consumi sotto i 20 MWh ha pagato nel 2024 ben 435 euro per MWh: quasi 100 euro in più rispetto alle imprese europee analoghe e quasi il triplo rispetto alle grandi energivore italiane.

Il confronto è impietoso: le grandi imprese industriali, con consumi tra 70.000 e 150.000 MWh, hanno speso solo 155 euro per MWh. Una forbice che diventa insostenibile, soprattutto se si considera che le PMI non hanno accesso alle stesse condizioni contrattuali né agli stessi benefici regolamentari.

Una bolletta sbilanciata

Alla radice del problema c’è la composizione della bolletta. Per un’impresa piccola, la componente “energia” incide per meno del 60% del totale. Il resto è fatto di costi di rete, tasse, accise, oneri generali di sistema. Per le grandi imprese, invece, l’energia pesa per oltre il 77%. Un’asimmetria che non trova giustificazione economica e che, di fatto, introduce un’iniquità sistemica: chi consuma di più, paga meno in proporzione.

Oneri generali, una zavorra senza equità

Secondo l’ARERA, nel 2023 il sistema degli oneri generali di sistema ha generato 8,2 miliardi di euro. Di questi, circa 6 miliardi sono stati versati dalle PMI, che però coprono solo una piccola quota dei consumi nazionali (ARERA, Rapporto annuale 2023). Una stortura evidente. E non finisce qui.

Le imprese energivore beneficiano anche degli sconti del decreto 21 dicembre 2017 e del meccanismo dell’energy release, che permette di acquistare energia verde dal GSE a prezzo amministrato. Il costo di questi incentivi? 1,15 miliardi, in gran parte pagati sempre dalle PMI (Ministero dell’Ambiente, aprile 2025).

CNA: “Così non è sostenibile”

“La struttura attuale della bolletta è un meccanismo di redistribuzione alla rovescia”, denuncia CNA. “Le piccole imprese finanziano il sistema senza poter accedere ai vantaggi che finanziano”. Secondo la Confederazione, occorre un intervento urgente su due fronti: spostare gli oneri sulla fiscalità generale, come chiesto anche da ARERA e più volte promesso dai governi; e allargare la definizione di impresa energivora, includendo anche chi – pur con consumi contenuti – subisce un forte impatto della spesa energetica sul bilancio aziendale.

Una proposta che permetterebbe a molte imprese del Made in Italy manifatturiero, energivore di fatto ma escluse dagli sconti, di competere ad armi pari sui mercati.



Interventi-tampone e riforme mancate


Nel triennio 2022-2024 i governi sono intervenuti più volte con sospensioni parziali e selettive degli oneri, come previsto dal “DL bollette” del 2023. Ma si è trattato sempre di misure temporanee, inefficaci nel lungo periodo. “La politica energetica – si legge nell’Osservatorio – ha avuto il respiro corto dell’emergenza. Serve invece una visione strutturale, capace di riformare davvero il mercato”.

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Prezzi sempre legati al gas

Il problema è anche il modo in cui si forma il prezzo sul mercato. Nonostante il peso crescente delle rinnovabili, la regola resta quella del prezzo marginale: la fonte più costosa – quasi sempre il gas – determina il prezzo di tutta l’energia. È come se, al supermercato, tutta la frutta venisse venduta al prezzo delle ciliegie. Un sistema insensato, che disincentiva la transizione e premia i combustibili fossili.

La lezione del passato (dimenticata troppo in fretta)

La crisi del 2022 avrebbe dovuto cambiare tutto. E per un po’ lo ha fatto: nel pieno dell’emergenza, l’Italia ha diversificato le fonti, accelerato le rinnovabili, parzialmente sganciato la bolletta dalla Russia. Ma ora tutto sembra tornato come prima. I prezzi sono più alti di prima della crisi (il PUN pre-Covid era intorno ai 62 euro per MWh) e il sistema resta fragile, esposto a ogni shock esterno.

Una riforma per salvare le PMI

L’energia, in Italia, è diventata un freno allo sviluppo. Le PMI – motore del Paese – sono costrette a competere in condizioni proibitive, pagando bollette da record in un mercato distorto. Servono scelte coraggiose: una riforma della bolletta, il superamento del prezzo marginale, una revisione degli incentivi, un nuovo patto fiscale che non penalizzi chi consuma meno ma produce valore. Altrimenti il rischio è quello di un declino silenzioso, fatto di chiusure, delocalizzazioni e perdita di competitività. Una bolletta così, più che un costo, è una condanna.



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